È stato un anno intenso per Davide Caucci, ideatore del festival Roma Brucia e tra i fondatori di Bomba Dischi. Volendo sintetizzare il tutto in una parola sola, basterebbe citare Mainstream, secondo album di Calcutta prodotto proprio da Bomba, il cui successo è arrivato a quote nemmeno immaginabili un anno fa. In soli dodici mesi sembra che nella Roma musicale qualcosa si stia muovendo (non si bene ancora fino a che punto e in che direzione, ma la percezione è chiara). Abbiamo quindi nuovamente intervistato Davide, sia per scoprire ulteriori dettagli sull’imminente quinta edizione di Roma Brucia (8 e 9 luglio), sia per ascoltare l’opinione di uno dei creatori di questa fantomatica/famigerata scena romana.
ZERO: Quinta edizione di Roma Brucia: il marchio di fabbrica del festival è riconoscibile, ma quali pensi che siano le novità rispetto al passato?
DAVIDE CAUCCI: Roma Brucia è un festival che ha provato a rappresentare la città. O meglio, a un certo punto hanno detto in tanti che stava rappresentando la città, anche se non era mia intenzione. Per questo “la novità”, o la direzione artistica, è sempre dettata dalla produzione musicale della città stessa, non da me. Per Roma questo è l’anno della riscoperta del pop: il trio Fabi, Silvestri, Gazzè ha portato a termine un’operazione discografica/tour molto forte sia a livello artistico che a livello comunicativo, a seguire i Thegiornalisti hanno avuto un successo nazionale di tutto rispetto, poi è uscito Calcutta, poi sono tornati I Cani. C’è Coez che, a mio avviso, è uno dei più grandi autori italiani. Ma anche se penso al rap, uno come Gemitaiz ha tirato fuori una roba con un’attenzione maggiore alla scrittura e alla melodia. Poi è uscito Motta, con il disco prodotto da Riccardo Sinigallia che suona molto più pop rispetto alle produzioni precedenti di Francesco con i Criminal Jokers. In generale ho visto molti più ragazzi nelle varie serate open mic della capitale portare proposte vicine a questi tipi di cantautorato. Magari gli stessi che qualche anno fa avrebbero portato una proposta indie/elettro/rock di stampo UK, adesso sono diventati cantautori, poppettari o aspiranti tali. Questo per dirti che Roma Brucia 2016 è quindi un festival pop senza volerlo, me ne sono accorto ora, il 50% degli artisti possono essere così considerati (più o meno): oltre a Motta e Calcutta ci sono CRLN, Ainè, Mai Stato Altrove, Carlo Martinelli, Giancane, Lucio Leoni, Galoni e i Folcast.
Per il terzo anno di fila la location è quella di Villa Ada. Pensi che possa essere la casa definitiva di Roma Brucia o hai provato anche a pensare ad altro, sia per quest’edizione che per le prossime?
Sono molto legato a Villa Ada, è casa mia e dei miei amici da sempre, per me è uno dei posti più belli dove passare una serata estiva a Roma. Inoltre sono molto legato a Viteculture che è la società con la quale produco a tutti gli effetti il Festival, sono persone che reputo amici e grandi professionisti dai quali ho imparato molto – soprattutto in questo anno di lavoro insieme. Villa Ada è una famiglia e una squadra di lavoratori eccezionale, veramente. In particolare mi sono trovato sempre molto bene con Mamo Giovenco, direttore artistico di Villa Ada e Quirinetta, mi è sempre sembrato di parlare la stessa lingua con lui e anche per questo sono andato avanti su Villa Ada in questi anni. Magari un giorno ci sposteremo, chissà, ma al momento penso che Roma Brucia/Villa Ada sia una coppia vincente.
Un anno fa ti intervistavamo prima del festival e citavi Calcutta come nome su cui puntare per il futuro. Un anno dopo non solo è uno dei due headliner, ma il suo successo ha raggiunto un livello clamoroso. Come hai vissuto quest’anno, dall’uscita di Mainstream fino a questi giorni?

Sinceramente, ti aspettavi di fare un botto così grande grazie a Calcutta?
Si, sapevo che la roba di Edoardo sarebbe piaciuta parecchio, come dissi qui su Zero lo scorso anno mentre passavo la mia estate a bruciare i provini chitarra e voce di Mainstream. Chiunque li ascoltasse li cantava dopo il primo ascolto e mi chiedeva di rimettere il brano. Ovviamente nessuno poteva immaginare un botto del genere, che ancora non riusciamo a quantificare, ancora non riesco a capire i confini del suo successo. Venerdì 8 ci sarà il suo concerto a Roma Brucia e siamo già incredibilmente a 3200 prevendite: andiamo verso il soldout e un risultato storico per la storia ventennale della manifestazione stessa.
La maglia ufficiale del festival quest’anno recita l’hashtag „#scenaromana“. Lo chiedo a te che sei uno degli „artefici“ di questo nuovo percorso capitolino di cui, nell’ordine, i Cani, Thegiornalisti e Calcutta sono i protagonisti più famosi: pensi davvero che esista questa scena? Se sì, quanto è importante la musica e quanto piuttosto – come in tutte le scene – l’impatto estetico? Soprattutto, oltre a Roma Brucia: dove trovarla ’sta scena?

È nata prima „la scena“ o Roma Brucia?
Direi insieme dai, si sono mosse insieme le cose.
Dici che con la massiccia presenza di artisti romani quest’anno il MiAmi Festival abbia voluto tributare la nuova aria in città? In altri termini, la scena romana logora chi non ce l’ha? Al MiAmi Roma s’è davvero presa Milano?
Sì, da Roma sono uscite fuori le cose più forti quest’anno. Il MiAmi Festival aveva il dovere di rappresentare questa cosa. Quando ho visto la line-up ho pensato che quest’anno forse non c’era più bisogno di organizzare il Brucia. Se Roma Brucia serve a spigne la roba romana e questa sta già a Milano non serve più, siamo arrivati regà.
Rispetto agli anni scorsi c’è sempre un’importante componente rap nel festival – stavolta forse meno marcata. L’idea di unire pubblici e generi diversi sotto l’egida della romanità è stata sicuramente interessante, ma pensi che si sia raggiunta una vera commistione o tutto sommato sono mondi che si rispettano guardandosi però senza troppo amore?
Questa in realtà è una cosa che ho sempre provato a fare ma non me ne ritengo molto soddisfatto, forse solo Rancore nel 2014 fece veramente tutti contenti.
L’altro headliner è Motta, il cui evidentissimo accento toscano tradisce origini extraraccordo. Roma Brucia include quindi anche i progetti di chi nella città non è nato ma che nella Capitale ha trovato una nuova casa, un produttore come Riccardo Sinigallia e una base per lanciare la propria proposta. Secondo te Roma oggi come oggi è la città giusta da scegliere per un artista che ci si trasferisce da fuori?
Motta è un amico come sai, è una persona a cui voglio bene. Non vedevo l’ora di trovare una scusa per metterlo nel Brucia. Ad ogni modo vive qui da diversi anni, ormai è pignetaro, questo disco – La fine dei vent’anni – ha Roma dentro, è prodotto da Riccardo che è stato il papà della scuola romana, con lui ci sono tutti musicisti romani, insomma, il Motta, ci sta tutto dai. Su Roma sì, secondo me è una bella città per scrivere, produrre, ispirarsi. È la città più bella del mondo ma allo stesso tempo ha mille bug del cazzo che possono deprimerti. Hai modo di vedere tante cose qui, di confrontarti molto, ma anche di trovare momenti per te. Insomma si sta molto bene ma anche molto male al tempo stesso. Forse è la condizione migliore per la creatività.
Momento Romafaschifo: negli ultimi due anni tanti spazi musicali (e non) della città sono stati chiusi/hanno chiuso o comunque hanno avuto vita difficile. Tu come la vedi?
Ti premetto che cerco di vedere con distacco il fatto che le persone colpite da questa cosa siano tutte o quasi miei amici o persone che stimo lavorativamente. A me sembra che il Palacavicchi sia sempre pieno di gente che va a ballare la salsa. A me pare che a Libetta o a Via Monte Testaccio la gente ci va sempre e sarà pure felice di farlo, credo. Felice di spendere 50 euro in una sera per ballare house e provare a scopare. Bisogna rispettare il fatto che la maggior parte della cittadinanza si diverte di più a ballare la salsa, ad andare al bingo, ad andare al cinema o al ristorante o in un pub che andare al DalVerme, all’Init o anche al Circolo, paradossalmente. Onestamente trovo molto autoreferenziale per la scena stessa pensare che questi siano posti sacri, luoghi di cultura, da tutelare assolutamente. Sono bei posti dove passare una serata, gestiti da brave persone oneste che si sbattono, ma si può vivere senza e continuare a crescere come individui e quindi come comunità.
Per questo mi ha dato molto fastidio vedere etichettare questo come un periodo buio per la città, solo perché sono stati chiusi dei posti che se vai a vedere non rappresentano più del 3% del mercato del “tempo libero” cittadino. Forse ho una visione troppo individualista della cosa, ma quando qualcosa non funziona, quando la gente non va a determinate serate, o determinati locali/manifestazioni fanno fatica a stare aperti o hanno problemi pubblici/istituzionali, preferisco pensare che siamo in un mercato libero e se non ce la stanno facendo a sopravvivere è semplicemente perché la loro proposta non incontra una domanda abbastanza larga. Mi è più utile pensare questo anche quando un mio artista non funziona: piuttosto che sedermi in un angolo a prendermela con la gente che non capisce o con le istituzioni che mi ostacolano, mi sovrattassano o non mi sostengono, penso che non funziona perché sta facendo qualcosa che la gente non ha voglia di ascoltare, qualcosa di relativamente necessario. Inoltre è evidente che la città sta tirando fuori un sacco di eccellenze a livello nazionale sia nella musica sia nel cinema: ti arrivo a dire che forse abbiamo bisogno di queste difficoltà e di questi paradossi per rimanere attenti, creativi, combattivi e motivati. Almeno per me è così.
Da chi hai aspettative più alte nella line-up di quest’edizione?
Le vere chicche sono Surgical Beat Bros e OU.
Roma Brace è rimasto un esperimento estemporaneo? Niente più braciolate insieme?
Eh non sono riuscito ad acchittarla, sono stato troppo fuori Roma.
Anche stavolta la comunicazione fa la sua parte – e non solo perché c’hai la laurea: mi racconti come avete pensato e sviluppato con Valerio Bulla l’idea del sito, che riprende graficamente la chat di Facebook Messenger?
Volevo esagerare il concetto di promozione su Facebook: Facebook al quadrato. Abbiamo fatto una riflessione sulla diffusione dei FB Messenger tra i nostri amici, è veramente l’interfaccia più diffusa che esista al momento e abbiamo scelto di declinare tutto in quel verso per assecondare la “popolarità” che avrebbe avuto la programmazione stessa. Volevo rappresentare qualcosa che fosse popolare e volgare senza alcuna pretesa di arte e cultura, capace di far sorridere e destare attenzione.
Sempre più spesso gli artisti utilizzano Facebook in modo più personale, talvolta ironico, anche per raccontare la propria vita di tutti i giorni e per strappare un like in più. In tal senso, penso anche allo stesso Calcutta e alla gara di meme sulla sua bacheca, ma non solo. Quanto serve e quanto incide questo aspetto?
Secondo me un artista deve essere bravo a comunicarsi in maniera sempre spontanea e personale, ma cercando di mantenere sempre un po’ di magia e fascino. Facebook è come l’amore: è importante che ci sia comunque una certa distanza tra la fan base e l’artista, chi sa gestire bene questa distanza vince.
Chi fa il Facebook migliore in circolazione?
Tommaso Paradiso MVP della lega. Ma volo anche con il facebookisis di Pop X.
Bomba Dischi: dopo il successo di Calcutta cosa dobbiamo aspettarci dall’etichetta?
Innanzitutto stanno tornando i Boxerin Club e i Bamboo con le cose nuove. Poi stiamo lavorando all’uscita di un disco di POP X che conterrà degli inediti più qualche bombetta del passato.
L’anno scorso citavi Coez, Giuda e Thegiornalisti come potenziali headliner di questa edizione: alla fine non c’è nessuno dei tre nella line-up. Vuoi giocarti una nuova previsione questa volta oppure facciamo gli scaramantici?
Guarda meglio che me sto zitto altrimenti ritoppo male… A Roma esce sempre tanta roba, basta aspettare, poi la line up si farà da sola.
Da devoto tottiano, come ti appresti a vivere l’ultimo anno calcistico del Capitano?
Francesco Totti è stato ed è la cosa più bella della mia vita Livio, come vuoi che la viva ‘sta cosa?