Una sorgente infinita di suono e materia. Nel lavoro di ricerca e di produzione di NEUNAU la montagna è una fucina, letteralmente e metaforicamente. Un luogo reale e ideale dove i mestieri e le pratiche industriali, con i loro relativi saperi, acquisiscono la forma di esperienze sensoriali inedite, diventanto altro – un disco, un documentario, ad esempio. A trasformare la materia in arte e l’arte in viaggio „di ritorno“ nei luoghi incontaminati d’origine sono l’intuizione, il lavoro di archeologia sonora e ricerca, il profondo legame col territorio e la sua relativa consapevolezza delle tradizioni ma anche la conoscenza del suono elettronico ed elettroacustico nei suoi aspetti più tecnici di Sergio Maggioni, aka NEUNAU, da quasi cinque anni originale perlustratore dei legami tra uomo, tecnologia e natura. Il risultato è un discorso continuo, dove anche diversi progetti finiscono col legarsi l’uno con l’altro, in cui le materie prime, le azioni e i rumori delle fucine della Valcamonica – dove è nato – delle centrali termoelettriche o delle cave di calcestruzzo si trasformano in strumenti capaci tanto di rievocare la memoria di luoghi d’artigianato quanto le stratificazioni sonore di un rave.
Dopo aver pubblicato l’ultimo album/capitolo di una ricerca sonora tutt’altro che „nostalgica“ a maggio su Boring Machines, „Il ciclo del vuoto“, tra un progetto e l’altro Sergio Maggioni è tra gli organizzatori e i protagonisti di RUMUR vol. 1, due giorni tra le pareti della strabiliante ex Centrale Idroelettrica di Cedegolo, nell’ambito di un programma che mette in relazione il passato, il presente e il futuro dell’elettronica con esibizioni live, installazioni e incontri. Se ogni sua performance, proprio come l’atto stesso di ricerca e produzione, è strettamente connessa con il contesto in cui avviene e le variabili dei fattori esterni che interagiscono tra di loro, RUMUR è l’espressione all’ennesima potenza delle sorprendenti e inedite soluzioni „artistiche“ che possono nascere da una consapevole interazione con lo spazio e con la memoria. Ci siamo fatti raccontare questa storia infinita dal ma(e)stro NEUNAU.
Da che tipo di intuizione nasce NEUNAU? Sia dal punto di vista teorico, sia se ci sono stati eventi o esperienze che hanno ravvivato in te l'interesse nell'intraprendere questo progetto, che per quanto fortemente concreto e pratico, sembra necessitare anche di una certa preparazione teorica sul suono per essere attuato in maniera efficace.
L’intuizione del progetto è nata nel momento in cui ho realizzato di avere la necessità di costruirmi un luogo di ricerca aperto e senza troppi vincoli. In questi cinque anni di attività ho avuto modo di esplorare tanti luoghi diversi, con differenti peculiarità sonore, architettoniche e lavorative. Ciò che unisce tutti questi temi è la necessità di trasferire le mie sensazioni percettive, acustiche e visive all’ascoltatore, accompagnandolo in quei luoghi attraverso il suono.
Quali sono state le fasi/produzioni del progetto NEUNAU con i relativi concept e le connessioni tra di loro?
Tutto ha avuto inizio nel marzo 2015, con le sessioni di registrazioni effettuate all’interno della Fucina Museo nel borgo medievale di Bienno – primo e principale nucleo del Museo Etnografico del Ferro, delle Arti e Tradizioni Popolari, sempre in Val Camonica – in compagnia dei fabbri che lavorano il ferro con un maglio dell’Anno Mille. Grazie a quell’esperienza ho maturato il mio approccio lavorativo, dove anche il documentare il processo di indagine è parte integrante della ricerca. Il documentario Sounds from the forge è stato realizzato per raccontare ciò che sta dietro al primo disco “Neunau” restando, nello stesso momento, un contenuto autonomo. In seguito, nel 2016, in occasione dell’istallazione Passi di Alfredo Pirri, sono rimasto parecchi giorni all’interno dell’ex Centrale di via Daste e Spalenga di Bergamo per realizzare una performance specifica che è disponibile, in digitale, sul mio bandcamp. Poi nel 2017 Comme des Garçons mi ha commissionato un progetto artistico avente come tema il cemento. Questo lavoro, durato tre mesi, mi ha permesso di visitare luoghi molto suggestivi, inaccessibili, registrando tantissime ore di materiale audio dal quale è uscita una traccia dal nome “Concrete”, un disco di field recording dal titolo “Nel cemento” e il vinile “Il Ciclo del vuoto”, uscito per Boring Machines a maggio di quest’anno. Nel 2018 nell’ambito della rassegna Soundscape ho realizzato una performance specifica, in quadrifonia, all’interno della chiesa sconsacrata di San Vittore e 40 Martiri, a Milano, il cui filo conduttore è stato il canto dei monaci Cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle. Proprio lo scorso settembre è uscito il live integrale, su cassetta, per Until Riot. Nel 2019 Biesse Group, leader mondiale del settore di costruzione di macchine tecnologicamente avanzate per la lavorazione del legno, mi ha commissionato, tramite l’associazione culturale Umanesimo Artificiale, un progetto di ricerca finalizzato a celebrare l’interazione tra arte, scienza e tecnologia. Per registrare ogni macchinario, generatore di suoni molto suggestivi, sono stati utilizzati una trentina di microfoni. Grazie a questi suoni sono state strutturate tre performance per la fiera “LIGNA” di Hannover. Questo progetto è ancora in evoluzione e, prossimamente, ci saranno novità.
Ci sono stati dei momenti, delle svolte, dei meccanismi, degli imprevisti, qualcosa a livello pratico ma magari con un risvolto concettuale che ti hanno particolarmente stupito in questi anni mentre lavoravi e facevi ricerca per i vari progetti?
Potrei dire che il processo di ricerca e di studio è autogenerativo: è ciò che registro che determina nel caso della produzione musicale il “genere” e il risultato finale. Un’occasione particolare, per esempio, è legata al viaggio effettuato all’interno di una galleria di trasporto della marna – che è una roccia sedimentaria. Io e Piero Villa siamo stati accompagnati all’interno di questo tunnel dall’ingegnere che lo monitora. Al di fuori di questa cavità non si sentiva nessun rumore ma, più ci addentravamo nella cavità, più il rumore aumentava. Il terreno fangoso rendeva tutto estremamente alieno. Un enorme macchinario, posizionato sul fondo generava – e genera, ventiquattro ore su ventiquattro, una nota distorta a frequenze molto basse. Mentre ci stavamo avvicinando al cuore del macchinario, abbiamo assistito a uno stop esclusivo che l’ingegnere ha definito “il ciclo del vuoto”. L’unica cosa che continuava a funzionare era il nastro trasportatore. Questa cosa mi ha colpito molto, ed è stata di ispirazione per l’album: cosa succede quando la produzione industriale si ferma?
Neunau è un progetto per molti aspetti inscindibile dalla Val Camonica, dal contesto in cui è stato concepito e in cui è cresciuto. In che maniera credi che i fattori esterni, l'interazione con un contesto - che in questo caso è naturale e poi in seconda battuta artigianale/industriale, ma potrebbe essere anche un contesto urbano, o esotico - abbiano il potere di trasformare, di deviare, di arricchire, di ispirare e potenziare la ricerca e la produzione artistica?
Sicuramente l’ambiente nel quale viviamo influisce molto, nel mio caso il fatto di esplorare ciò che mi circonda è un modo per compensare la staticità della vita da studio, cosa che il produrre musica comporta. Vivere in un contesto come quello di una valle alpina è molto stimolante in quanto i fenomeni naturali sono particolarmente visibili, la Val Camonica è un luogo molto antropizzato e industrializzato ma questo non significa che sia compromessa un’esplorazione più avventurosa e “incontaminata”. NEUNAU però non è inscindibile dal questa Valle, viste le collaborazioni attive fuori dall’area camuna.
La tua è una forma di "archeologia del suono" con una connessione profonda col passato, a partire dall'interesse per l'arte rupestre che in Val Camonica ha avuto una culla importante e da cui ti sei ispirato per il nome del progetto. Nel tuo lavoro quanto sono importanti un certo tipo di simbologia e il bilanciamento di pratica e teoria?
Al di là dell’attività come NEUNAU, mi interessa approfondire tematiche del passato per rapportarle e confrontarle col presente. Se consideriamo come tutta l’arte del Novecento sia stata ispirata dalla scoperta dell’arte preistorica e rupestre, possiamo capire quanto l’approfondimento del passato sia importante per far evolvere il presente.
Parliamo di RUMUR: come nasce l'idea di questa due giorni, chi la organizza, come avete immaginato il progetto - che è estremamente sfaccettato e non si limita solo alle performance musicali?
RUMUR nasce dall’idea del nucleo creativo Idee di VOLUMI, costituito da Monica Colella, Piero Villa e me in collaborazione con musil – museo dell’industria e del lavoro. Volume 1 prende ispirazione dagli ambienti dell’ex Centrale Idroelettrica di Cedegolo, che vedranno gli artisti in spazi sonori inaspettati grazie anche all’ausilio di impianti storici di diffusione sonora di proprietà dell’ente museale. Nella sezione performance interverranno Von Tesla, Matteo Scaioli, DMNTPS, Laura Agnusdei, Marta De Pascalis, dTHEd, LOREM, NEUNAU, WK569. Nella sezione installazioni saranno presenti OTOLAB con “Pelton” – in esclusiva per RUMUR; Alessio Degani con „Elettromagnetica”, indagine sui suoni inudibili che circondano il nostro quotidiano; e poi Carlo Giordani con i field recording di ”Dighe”, Lorenzo Apolli con il documentario “L’oro Bianco e altri racconti”, NEUNAU con ”Idroelettrica”, episodio di ricerca sonora sull’energia idroelettrica e Achille Molinè con “Un’altra fase”. Nella sezione laboratorio, verrà inaugurato il Laboratorio Marino Zuccheri, allestito con gli storici materiali audio del musil (oscillatori, oscilloscopi, generatori di frequenze, filtri, camera riverbero, eco a nastro, mixer, altoparlanti, microfoni, registratori a nastro, ecc.). Nella sezione presentazioni ci sarà un approfondimento sulle origini della musica elettronica e sulla figura di Marino Zuccheri – figura chiave del mitico Studio di Fonologia RAI di Milano – intitolato “Alle origini della musica elettronica in Italia”, dove interverranno Massimo Priori, Maddalena Novati, Laura Pronestì, Marina Vaccarini, Luigi Radassao, Daniela Vismara e Gianni Belletti. Chiuderà RUMUR Volume 1 “Omaggio a Marino Zuccheri” di WK569.
Ci parli della location?
In Val Camonica, oltre alle incisioni rupestri, esistono molti luoghi che stimolano la creatività. La storia del lavoro dei nostri avi non può che innescare spunti di ricerca antropologica. La Centrale ne è un esempio. È rimasta in funzione dal 1910 al 1962, quando per motivi tecnici è uscita di produzione, e dal 2000 è di proprietà del Comune di Cedegolo e la gestione museale è curata da Musil. Sul nostro territorio ci sono molti luoghi che si presterebbero a essere rigenerati, è da parecchio infatti che pensiamo di fare qualcosa in questo senso. Questa è l’occasione per portare energia creativa in un luogo simbolo della Val Camonica, che per decenni ha dato occupazione a molte famiglie – mio nonno in questo luogo ha prestato servizio per trent’anni – e ha creato energia idroelettrica per il fabbisogno delle valli e delle città.
Rumur sviluppa tutto un discorso sull'elettronica delle origini anche in omaggio a Marino Zuccheri, figura fondamentale dello Studio di fonologia della RAI a cui molti musicisti sperimentali e di elettronica – consapevolmente o non – devono qualcosa. C'è un fil rouge che lega tutto il programma?
Marino Zuccheri, pioniere della ricerca sonora, che ho conosciuto grazie a Piero Villa, è stato il Maestro di suono presso lo Studio di Fonologia dagli anni 50 fino al 1983. Oggi, tutto ciò che facciamo, lo dobbiamo anche alle sue intuizioni e ai suoi azzardi: credo sia importante che la mia generazione, e le nuove, conoscano e si relazionino con questi linguaggi, e relativi strumenti, non con una visione nostalgica ma come possibilità di confronto per capire se ciò che si utilizza oggi sia realmente una novità.
Dacci qualche anticipazione sulle performance di Rumur: qualcosa di davvero particolare, o che magari sarà a sorpresa anche per voi, insomma i tips dell'insider.
Tutto sarà una sorpresa, anche per noi. Come ho accennato le performance avranno una relazione con gli spazi del museo, quindi l’unicità è dettata dal contesto e dalla strumentazione audio. Le performance audiovisive di Lorem, Neunau e dTHEd saranno in una sala che è caratterizzata da due grossi elementi architettonici, gli artisti suoneranno all’interno di queste strutture. Il progetto Harmograph di Matteo Scaioli e Laura Agnusdei suoneranno sotto un traliccio, DMNTPS farà un live dove interagirà con gli strumenti storici del laboratorio, Von Tesla e Marta De Pascalis suoneranno nel sotterraneo, spazio che era una cisterna di contenimento dell’acqua della centrale.