Allun, OvO,?Alos. Menù sadovegani, azdore hardcore. Sperimentazione, pagan doom, avant metal. Festival teatrali, storici club hardcore. Stefania Pedretti è una mutante, una delle sperimentatrici più prolifiche e geniali dell’underground. Corpo come un tempio da esplorare, modificare, spingere. Piegare alla voce, ai rumori, alle frequenze esterne. Impossibile semplificare: dentro o fuori, la terra trema e trama. Un romanticismo tribale, salmastro e ribelle. In occasione della sesta edizione del Degender Fest, di cui è ideatrice e organizzatrice con Simona e Francesca, la prima nella sua storia, che si terrà a Bologna l’undici novembre, freaks&ladies a voi Stefania ?Alos Pederetti.
Nico diceva della sua vita da nomade: “Ho l’abitudine di andarmene da un posto al momento sbagliato, proprio quando potrebbe succedere qualcosa di importante per me”. Ho sempre trovato romantica questa forma ritrosa di sottrarsi alla propria buona stella. Destino infame o fottuto tempismo? Viaggiando anche tu tantissimo come vivi il tempo? Quello che lasci, quello che trovi, quello che perdi. Esiste un equilibrio?
Mi rendo conto che suddivido il tempo in base a dove vivo. Il mio periodo berlinese, quello in Liguria, a Milano ecc… Per moltissimi anni ho cambiato città ogni due anni, ho vissuto con questo feeling, necessità o istinto di dover cambiare. Cominciavo a guardare le città in cui suonavo nei vari tour come possibili posti dove andare a vivere. Nel periodo berlinese in particolare mi sembrava di vivere sempre con una valigia in mano. Non ho mai riflettuto troppo su cosa lasciassi o sul perché lo stessi lasciando. Vivo la vita come un viaggio e sulla propria strada incontri persone o cose che ti accompagnano, a volte per sempre, spesso per un breve tratto e poi le due strade che si erano incrociate si riseparano.
Tu non vivi qui, hai scelto Ravenna. Com’è la tua vita in Romagna?
Sì, da Berlino ho scelto di trasferirmi a Ravenna e in Romagna. Per ora mi piace molto e sono già 5 anni che ci vivo (quindi sono riuscita a rompere momentaneamente la fuga biennale!). Ravenna e tutta l’area mi hanno accolta molto bene e mi stanno dando tantissimo sia umanamente che professionalmente. Riesco ad andare in tour e d’estate riesco a godermi il mare e la riviera. Poi ho conosciuto Simona e insieme a Francesca 6 anni fa è nato il Degender Fest. Con il mio progetto ?Alos ho, invece, lavorato per 2 anni con il regista teatrale Markus Ohrn ospite di Santarcangelo Festival, del quale al momento curo la programmazione musicale insieme a Francesca. Tanti bei regali.
Cosa non sopporti di Bologna e cosa ami?
Amo il suo essere un grande paesone, ma non mi piace anche per questo motivo. Amo il fatto che sia super alternative, aperta e molto queer, ma è la città dove stanno continuamente chiudendo spazi autogestiti e reprimendo le persone. La trovo super contraddittoria. Mi piace andarci soprattutto per vedere cari amici e andare al Freakout, locale unico ed incredibile. Un ibrido che solo a Bologna poteva prendere vita.
È stato per te un anno pazzo, intenso e ricco di esperienze, dall’uscita di Creatura degli OvO, al Festival Di Santarcangelo, di cui parlavi prima. Tanti tour, performance fino alla recente partecipazione a Krakatoa. Come fai ad autorigenerarti?
Grande autogestione e sapersi ascoltare. Prendo sempre qualche giorno di pausa tra un tour e l’altro e cerco di non accavallare impegni. Studio bene il calendario, diciamo così. È stato e continua ad essere un anno pazzesco, un’esplosione di energie e possibilità. Questo mi ricarica sempre, fare esperienze nuove e belle rigenera, sono humus per la mente e l’anima.
Parliamo del Degender arrivato alla sua sesta edizione, quando è nato e come lo descriveresti?
Il festival ha preso vita 6 anni fa da una riflessione fra me e Simona. Io mi ero appena trasferita da Berlino, quindi carica di energie e lei era super vogliosa di portare momenti di riflessione e confronto nella sua città, Rimini. È un festival che partendo dal concetto di queer fa una riflessione sul genere e lo fa incrociare con altre „filosofie“ che criticano la società attuale, come l’anarchismo, l’antispecismo, il vegan e molto altro. Livello politico e livello culturale si intersecano: mostre, dibattiti, workshop, dj set, concerti, video.
Degender proprio perché riflettiamo sull’andare oltre il concetto di generi in tutti i suoi aspetti. Quindi anche i generi musicali non sono stereotipati e si mischiano all’interno della serata. Si parte con il workshop e si conclude con il party ma i dj set iniziano presto, creando da subito un ambiente amichevole e divertente, sottolineando che divertirsi non avviene solo a notte tarda con la cassa dritta, ma già nel pomeriggio, incontrando persone, ascoltando musica mentre si aspetta un dibattito.
Per la prima volta nella sua storia il Degender si terrà a Bologna a XM24. Come mai dopo tanti anni a Rimini avete deciso di spostarvi?
La scelta è nata da una serie di circostanze e riflessioni. Volevamo cambiare luogo e Simona ha lanciato la proposta di farlo a XM24, un’ottima scelta che unisce il nostro desiderio di sostenere e supportare uno degli ultimi spazi autogestiti a Bologna e il desiderio di cambiare città. Sarà un esperimento e un po‘ un salto nel buio, speriamo che sia un ottimo modo per rigenerarsi, stringere maggiormente il legame con le varie realtà queer di Bologna e portare un po‘ di Degender in questa città già bella queer.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa edizione?
Come le precedenti partiremo da un workshop pratico passando ad una presentazione di un’ autrice di fumetti edita dalla casa editrice queer Renbooks, tutto già in contemporanea con dj set e una mostra fotografica. Si passerà poi a 3 concerti molto differenti fra loro e con artist* sia italian* che stranier*, poi dj set e performance. Insomma aspettatevi tanto divertimento, trasformismo e glitter nero.
E intanto che ci sono colgo l’occasione per incitare tutt* al dress code a tema fumetto super eroi, manga. Sbizzarritevi pure!
Parliamo del tuo progetto solista,?Alos. Hai da poco suonato a Krakatoa, quali riti e boschi stai attraversando con questa ricerca?
Ora sono uscita dai boschi e sto scendendo verso Sud alla ricerca dei deserti, degli spazi brulli e delle nostre origini romane, greche, egiziane, babilonesi e ancora più antiche e calde.
Al Krakatoa ho presentato un nuovo live, ho esordito la settimana prima a Bruxelles, un momento rituale collettivo e sonoro che partendo da me vorrebbe inglobare e scuotere le persone che mi circondano. Risvegliando il chaos primordiale che è dentro ogni uno di noi.
Eri una delle poche donne ad esibirti, rispetto a un cartellone a maggioranza maschile. È un caso? C’è poca ricerca? O è solo matematica?
Trovo sempre difficilissimo rispondere a queste domande e non è ancora chiaro neanche a me il perché. Penso che il Krakatoa, rispetto agli altri festival, avesse una media molto elevata di figure femminili. Forse poche il sabato, ma la domenica fra Melt Banana, Agatha, Horror Vacui, Gufo Nero, almeno qualcuna c’era. Sempre pochissime rispetto alla presenza maschile, ma credo che sia perché in Italia continuano ad essere poche le ragazze che suonano soprattutto nel circuito rock ed heavy.
Questa estate il New York Times ha pubblicato un dossier sul sessismo e rock alternativo, intervistando tante nuove formazioni punk/rock. Tu hai girato il mondo con la tua musica, che opinione hai in merito?
Il rock non capisco perché, rimane ancora un ambiente prettamente maschile, come già dicevo sono poche le ragazze che suonano, come sono poche quelle che vanno ai concerti. Rimango spessissimo l’unica ragazza presente su un palco di un’intera serata o festival. L’unica poi che non abbia un ruolo marginale in un gruppo ma che è uguale all’altra persona che suona con lei. Con Ovo ho la grossa fortuna di non sentire mai sessismo, omofobia intorno a noi e so che chi ci guarda non vede il gruppo con una cantante, ma ascolta il gruppo a prescindere dal genere.
Ultimamente la scena rap/hip hop rappresenta dal punto di vista politico e musicale la realtà più interessante da seguire, una vera e propria new wave LGBTQI, un’ondata queertransfemminista, con artisti di livello incredibile, come Mykki Blanco, Cakes Da Killa, Princess Nokia, Quay Dash, Lizzo, Dai Burger e tante altre. Parliamo di una scena che storicamente ha sempre avuto, almeno per quanto riguarda la parte mainstream, una connotazione machista, omofoba e transofoba. Cosa sta succedendo nella scena hardcore in questo momento? Secondo te potremo mai assistere ad una rivoluzione simile?
Anche io mi sto avvicinando tanto a questa scena musicale perché è la più innovativa e fotografa perfettamente la nostra realtà. Una scena che va pienamente supportata. Sinceramente anche se lo amerei tantissimo la vedo dura che possa succedere qualcosa del genere nel rock; io nel mio piccolo con i miei progetti musicali e con il Degender sto cercando di portare questi ragionamenti nel mondo rock, ma rimane un ambiente etero e fatto soprattutto di poche giovani e sempre meno ribelli o con desideri di rivendicare dei cambiamenti sociali solo estetici.
Recentemente proprio Princess Nokia durante un suo concerto ha preso a pugni un tizio del pubblico che continuava a molestarla. Mi fa riflettere su quanto sia importante lo spazio, la concezione di safe dei club in cui ci si esibisce. Quanto per te è determinante la dimensione live non solo dal punto di vista della performance ed esecuzione ma proprio per l’aspetto emotivo/umano. Ti sei mai sentita non al sicuro?
Per me la dimensione live è TUTTO. Sono nata come performer/musicista e rimango fedelmente un’amante dei concerti. Adoro lo scambio di energie che si crea fra me e Bruno ed il pubblico. Ho letto di quello che è successo a Princesses Nokia. Condivido completamente la tua riflessione ed è un dibattito che in questo momento sento ancora più vicino visto che siamo in prossimità del Degender Fest e vorremmo creare un ambiente più confortevole e safe possibile. Personalmente è raro che mi senta a disagio o poco sicura in un locale e spesso anche in strada, forse perché, fortunatamente, non ho mai dovuto affrontare situazioni veramente spiacevoli, tranne rapportarsi con persone troppo ubriache che diventavano aggressive all’interno di un luogo o durante un brutto episodio sessista ad un concerto delle Allun, il mio vecchio gruppo femminile.
La tua è una delle voci più violente, tirate e caustiche che si possano ascoltare. Quando si parla di sperimentazione vocale, la stampa e critica, che non nascondono le proprie radici maschiliste, affrontano la questione sempre con un po’ di superficiale pigrizia testosteronica. È più facile paragonare a Diamanda Galas, a Yoko Ono, a Meredith Monk, che indagare la personalità dell’artista. Che visione hai del modo in cui viene recepito il tuo lavoro?
Sfondi una porta aperta con questa constatazione. La mia visione è poco positiva; ci sono giornalisti e testate illuminate, ma negli anni ne ho lette tante e per l’ultimo album ho avuto anche qualche conversazione „calda“ con alcuni giornalisti che invece di recensire il disco, „analizzavano“ il perché di alcuni termini forti che sono nella mia presentazione/bio, tipo queer vegan anarchica, contro ogni genere. Chiedendosi se questa mia posizione molto out fosse una presa in giro. Molto spesso il mio modo di cantare viene classificato e semplificato con semplici urla, e non si utilizzano mai quei termini tecnici metal che valgono invece per un cantante maschile. Strega, witch, questo è un altro punto classico che viene sfoggiato nelle recensioni, ma, ancora di più , quando ci si riferisce ai miei live e in generale ai live di donne con una forte presenza sul palco e con una voce particolare. Spesso è in positivo, ma non vedo mai utilizzato questo termine per un uomo, esistono anche gli stregoni! Altre volte i più superficiali scrivono che sono matta o che dovrei andare da uno psicologo. E con questo, penso ti sia chiaro come siamo ridotti male.
Bologna per te in tre luoghi
Freakout. XM24 (e quando c’era, Atlantide). La libreria Modo.