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Delphi

Avreste mai pensato che la sigla di Dribbling, Tony Santagata e Little Tony potessero essere abbracciati dalla Red Bull Music Academy? C'è riuscito Delphi (Tiger & Woods), attraverso una serie di podcast riuniti nel progetto Trequartista. Ne abbiamo parlato direttamente con lui in questa intervista, in vista dell'inizio della Serie A 2016/2017.

Geschrieben von Nicola Gerundino il 19 Juli 2016
Aggiornato il 23 Januar 2017

Si dice che per un periodo abbastanza lungo la Serie A sia stata Il campionato più bello del Mondo. Effettivamente, tra gli anni 80 e i 90, chiunque volesse contare qualcosa nel calcio veniva a giocare l’Italia e le squadre italiane si spartivano trofei internazionali, alle volte arrivando addirittura a sfidarsi in finale. Quell’epoca è stata d’oro non solo per tecniche e tattiche espresse in campo, ma anche per la qualità di tutti i professionisti che ruotavano attorno al mondo del calcio, specialmente nella comunicazione giornalistica, con mamma Rai in prima fila. All’interno di questo „sottoinsieme“ comunicativo, aveva un ruolo importantissimo anche la musica, con sigle e inni che riecheggiano tutt’ora. Per passione, un pizzico di nostalgia e per la voglia dir rimarcare la qualità artistica di alto livello che ha saputo legarsi al calcio in Italia, Delphi (aka Valerio del Prete, aka metà del progetto Tiger & Woods) ha da poco lanciato una serie di podcast dedicati alla musica che ha accompagnato il calcio dello Stivale nella sua epoca d’oro. Fin’ora ne ha stati realizzati quattro, rispettivamente dedicati alle sigle dei programmi sportivi, alle canzoni e agli inni delle singole squadre, agli inni delle competizioni internazionali, alle colonne dei film a tema calcistico – altra particolarità tutta italiana che ha trovato il suo massimo splendore sempre nell’epoca del campionato più bello del mondo. Ne è uscito fuori un progetto talmente valido musicalmente che la Red Bull Music Academy lo ha voluto ospitare sulla sua Radio e si appresta a diventare un blog: trequartista-music.tumblr.com. Abbiamo deciso di parlarne in questa intervista direttamente con il suo autore in vista dell’inizio del Campionato 2016/2017 che, anche se non sarà più al suo apice, è pronto di nuovo a infuocare e dividere di nuovo gli italiani. Qui studio, a voi stadio.

 

ZERO: Iniziamo questa intervista andando indietro nel tempo, all’origine del binomio calcio-musica: diventi prima di tifoso o appassionato di note e scale?
Delphi: Direi decisamente prima tifoso di calcio. Vengo da una famiglia più appassionata di calcio che di musica. La musica è la mia scelta consapevole maturata nel tempo, il calcio e la mia squadra, invece, non li ho nemmeno scelti: è una passione ereditata direttamente da mio zio e mio nonno, le persone più importanti per la mia “formazione” da tifoso.

C’è stata una concorrenza tra le due “carriere” o diventare un calciatore non è mai stata un’opzione concreta?
Ho giocato a calcio come tutti, non ero neanche malissimo, ma non c’è mai stato nemmeno un secondo in cui ho pensato che potessi farlo seriamente.

Che trasmissioni calcistiche seguivi in età più giovane? Io mi limitavo principalmente a 90º minuto e alle radiocronache di Tutto il calcio minuto per minuto. Poi il sabato Dribbling, subito dopo il pranzo, ma era già un appuntamento saltuario.
Più o meno lo stesse. Era tutto un po‘ meno maniacale, almeno per me. Volevo solo vedere i gol e 90° era il primo a trasmetterli dopo le radiocronache. Stessa storia quando ho iniziato ad andare allo stadio: tornavamo di corsa in motorino con mio zio per vedere i gol della Roma perché dalla curva si vedeva poco. Poi, quando sono iniziati i posticipi serali, vedevo il Pressing di turno. Ma, ti ripeto, volevo solo vedere i gol e i servizi, a tutto il resto ero poco interessato. Nel 2001 (l’anno dell’ultimo scudetto della Roma, ndr) ho capito che il vento stava cambiando proprio perchè dovevo correre un po‘ meno col motorino: quello della Roma era sempre l’ultimo servizio di 90º minuto, una cosa mai vista prima, almeno per me.

Avevi una sigla preferita? Penso che se facessimo un sondaggio vincerebbe a mani basse Stadium di Oscar Prudente, anche se solo i cultori sanno che si chiama cosi.
Stadium è il calcio italiano messo in musica. È stata la sigla più longeva di una trasmissione sportiva – e non solo. Accomuna molte generazioni, me compreso. Non è un adattamento, ma un pezzo fatto appositamente per il programma, il che lo rende ancora più speciale e identificabile. Per la cronaca, non dice nemmeno „goleador“, ma un mix di parole a caso «Che potessero suonare tipo cori da stadio», a detta di Prudente stesso.

Ascoltando il primo dei tuoi podcast, quello dedicato alle sigle dei programmi sportivi per l’appunto, mi sono domandato perché tante trasmissioni abbiano scelto sigle “dance”. Sicuramente da una parte si seguivano i gusti musicali del periodo, ma mi sono chiesto – e lo chiedo anche a te – se ci fosse una sovrapposizione tra i due immaginari – quello musicale-notturno e quello sportivo – che rendeva possibili sigle del genere.
La maggior parte di quelle sigle erano già esistenti. Ad esempio The Fly di Maynard Ferguson è il b side del tema di Rocky e Oui, bon d’accord degli Albatros è il b-side del singolo stop Stop Stop Violence. Personalmente credo sia in parte una scelta legata alla cultura e al gusto del nostro Paese, che da sempre ha una matrice disco molto forte. Per quello che riguarda puramente le trasmissioni sportive, credo che ci sia un legame fra la dinamicità delle immagini di sport e la musica dance, nel senso più ampio del termine, dal funk all’italo.

Hai notato qualche altro elemento musicale comune tra le varie sigle che hai scelto? Ti faccio la stessa domanda anche per gli altri tre podcast.
Il podcast sulle sigle è composto per la maggior parte da pezzi strumentali, solo sul finire degli anni 80 sono arrivati i pezzi cantati. In quello dedicato ai club c’è un filo conduttore molto più goliardico e leggero, che ricorre più o meno sempre. C’è anche un altro tratto ricorrente: quello di usare ritmi per noi esotici, come samba o tango, dettati dalla voglia di celebrare le stelle straniere delle squadre, spesso sudamericane. I brani nel podcast sui Mondiali/Europei sono molto più celebrativi, come è giusto che sia, essendo molti di questi gli inni ufficiali dei tornei, spesso commissionati a grandi firme. Per le colonne sonore il discorso è diverso, perché sono legate molto nello specifico ai film e ai compositori, quindi è difficile trovare un filo conduttore. Tra l’altro vorrei denunciare una pecca imperdonabile nel panorama discografico mondiale: la colonna sonora de L’allenatore nel pallone non esiste!

All’epoca, un Little Tony che incideva Roma Brasileira sembrava una cosa naturale, oggi non credo che molti musicisti si impegnerebbero in una lavoro del genere. Detto in altre parole, se qualcuno decidesse di fare un podcast simile al tuo, ma con materiale attuale, non avrebbe proprio molto su cui lavorare…
Il fatto che la mia collezione sul calcio si fermi al 1990 non è un caso. Ci sono ancora artisti che lo fanno, ma lo spirito è completamente diverso. E credo che questo sia legato molto anche alla fruibilità della musica e ai suoi formati. Se un Little Tony all’epoca ha deciso di produrre Roma Brasileira, o Tony Santagata Bari Bari, è perché poteva contare su un bacino di utenza diverso e su un media fisico come un 7″. Oggi in quanti comprerebbero un singolo sulla Roma o sulla Bari? Spesso erano brani celebrativi – la maggior parte dei dischi sulla Roma, per esempio, si concentra fra l’82 e l’83, l’anno del secondo scudetto – e l’unico mezzo era il vinile, quindi un oggetto, qualcosa da conservare nel tempo, appunto, per celebrare quel momento.

C’è da dire anche che c’è stata un escalation verso il basso, qualitativamente parlando, della musica legata al calcio: basta fare un giro su YouTube per trovare video sul calcio accompagnati da brani quanto meno discutibili. E se per un Roma Brasileira stiamo parlando sostanzialmente di musica popolare, artisti come Bruno Martino – che ha musicato il documentario di Sandro Ciotti Il profeta del gol dedicato a Cruijff – hanno di fatto creato brani per accompagnare immagini calcistiche con una valenza artistica molto alta. Non vedo perché oggi non debba essere più così. Questo per dirti che il connubio musica/calcio è passato decisamente in secondo piano, anzi, c’è stato un momento in cui se eri musicista non potevi essere anche appassionato di calcio, perché si trattava di due piani “culturali” diversi, se non opposti.

Quando hai deciso di fare il primo podcast e perché?
Tutto nasce per gioco. Colleziono dischi da sempre, girando per mercatini e fiere ho iniziato ad imbattermi in dischi calcistici e ho iniziato a metterli insieme. Dopo qualche anno mi sono accorto che c’era abbastanza materiale per mettere su una serie di podcast che avessero anche un valore dal punto di vista musicale. Riallacciandomi alla domanda di prima, il tutto è stato anche mosso dalla voglia di far sentire che un connubio fra musica e calcio è possibile senza necessariamente scadere in qualità.

Quando hai deciso di proporre i podcast alla Red Bull Music Academy e come hanno reagito all’idea?
Faccio parte della famiglia RBMA ormai da qualche anno e ho sempre voluto proporre qualche show per RBMA Radio, volevo solo aspettare quello giusto. Questo progetto mi sembrava abbastanza unico nel suo genere. Hanno accettato subito anche perché in molti del team sono appassionati di calcio e, in generale, sono sempre alla ricerca di idee originali, che rappresentino sfaccettature meno comuni della musica.

Qual è stato il riscontro del pubblico che li ha ascoltati?
È stato sorprendentemente positivo. Molto più di quello che mi aspettassi. Chiaramente quello sulle squadre italiane è meno „digeribile“ per uno straniero, ma ho ricevuto tanti messaggi di italiani entusiasti. Se per un italiano è quasi scontato – o almeno assodato – che una sigla di un programma sportivo possa essere Underwater di Harry Thrumann, per uno straniero è pura fantascienza. Per me è stato importante poter dare uno spaccato di una delle cose più popolari che abbiamo nel nostro Paese. E nonostante fosse così popolare, la musica che ha accompagnato il calcio è sempre stata di livello alto e decisamente avanti rispetto a tanti altri paesi. E questa cosa era caduta un po‘ nel dimenticatoio.

I primi quattro podcast sono confluiti in un blog, trequartista-music.tumblr.com, di cosa si tratta?
Il blog sta per partire e nasce perché non c’è nessuna bibliografia di una grossa parte dei dischi che ho trovato. Sarà principalmente musicale, forse aggiungerò una sezione sui libri calcistici, altra grande passione. Di base, tratterò i pezzi singolarmente dando spazio anche alle copertine.Nel frattempo, oltretutto, la collezione è cresciuta, andando ben oltre i brani contenuti nei quattro podcast.

Se potessi scrivere la sigla di un programma come suonerebbe e che programma ti piacerebbe musicare?
Probabilmente sarebbe una cosa in linea con le vecchie sigle, quindi più disco/funk e senza dubbio sarebbe per La Domenica Sportiva perché è il programma con più tradizione, nonostante non sia un grande appassionato del programma in sé.

Nella tua ricerca sei rimasto solo in Italia o ti sei affacciato anche in campionati esteri?
Ogni volta che viaggio cerco dischi sul calcio. Qualche giorno fa a Berlino ho letteralmente smontato una vetrina intera di un negozio di dischi allestita per gli Europei con 7” sul tema. Anche in Brasile ho trovato qualcosa, ma se dovessi allargare la collezione in maniera più seria inizierei da quelli francesi, che sono molto vicini a quelli nostrani musicalmente parlando.

Veniamo al tifo. So che sei “discretamente” legato alla Roma: preferisci guardare le partite a casa o allo stadio?
Non c’è paragone per me fra stadio e casa. Allo stadio vivi la partita in maniera completamente diversa, sia da un punto di vista dell’atmosfera, sia puramente calcistico. Allo stadio vedi è senti cose che dalla tv non si percepiscono. Sono stato abbonato in Curva Sud dal 1997 al 2011, compresi due anni in cui vivevo a Londra e tornavo per la partita. Prima invece andavo saltuariamente (Prima partita in assoluto Roma-Torino del ’91, era il premio di un torneo ai tempi dei pulcini, vinto con la mia squadra di allora: indimenticabile). Ora il mio lavoro mi porta sempre fuori per il weekend ed è diventato difficile, ma vado ogni volta che posso anche se ce la stanno mettendo veramente tutta per rendere l’esperienza dello stadio sempre meno piacevole, tra barriere assurde, tornelli, multe e controlli infiniti e invasivi.

La partita più bella che ricordi? Da tifoso, non da esteta del calcio.
Tolgo dalla lista la partita col Parma dello scudetto perché quello è proprio uno dei momenti più alti della mia vita in generale, va oltre il calcio. Di quell’anno ti direi più Roma-Milan 1-1 con gol di Montella. Perdevamo 1-0 e la curva ha cantato „Dammi 3 punti“ per una cosa come 25 minuti di fila senza mai smettere e sempre più forte fino al gol. Sono sicuro che chi c’era se la ricorda esattamente come te l’ho descritta. È stato pazzesco. Anche il derby del ’99 finito 4-1 è stata una partita memorabile. Parlando di derby, forse quello che mi ha emozionato di più in assoluto è stato quello dell’anno prima finito 3-3.

Quella peggiore?
Ci metto la mia prima vera delusione, quella per cui ho proprio sofferto consapevolmente: Roma-Slavia Praga del ’96, 3-1 con gol di Vavra nei supplementari. Avevo appena compiuto 13 anni, è stata una delusione cocente, Cervone che guarda il pallone entrare è un’immagine impossibile da cancellare. Vavra credo non abbia fatto niente per il mondo del calcio, ma per i romanisti è diventato un nome tristemente famoso. Credo sia una delusione che accomuna parecchi tifosi.

I tuoi 5 giocatori preferiti di sempre della Roma?
Totti, Völler, Samuel, De Rossi e Aldair. Sono quelli che mi sono vissuto di più. Ti metto anche uno a rappresentanza di tutti quei giocatori per cui avevo una passione senza un vero motivo: Rogerio Vágner.

Come segui le partite quando sei in giro a suonare?
Nei modi più disparati. Delle volte, se le coincidenze astrali sono favorevoli, succedono cose incredibili: come quella volta che all’aeroporto di Dallas ho trovato un pub hawaiano che faceva vedere Roma Atalanta – finita 1-1, mai troppe gioie tutte insieme…

L’altro 50% del progetto Tiger&Woods, Marco Passarani, tiene per una delle rivali storiche della Roma: come avete deciso di affrontare questo “dramma” sportivo?
Visto che è della Juve, negli ultimi anni il dramma è tutto mio… E mi sa che nemmeno finisce qui…

Tra i tanti artisti che hai conosciuto tra club e festival, te ne ricordi qualcuno particolarmente tifoso? In genere di che nazionalità sono i musicisti che seguono di piu il calcio?
Kenny Grieve dei Dixon Avenue Basement Jams è un grande amico e un tifoso malato dei Glasgow Rangers. In generale ho molti amici a Glasgow e il calcio lì è parecchio sentito. Anche Benji B è tifosissimo dell‘ Arsenal. Quindi ti direi Uk, ma ormai il calcio è diventato un affare mondiale, anche in America adesso spesso trovo tifosi.

Che ne pensi dell’abitudine, che sta prendendo piede in diversi stadi, di far partire una canzone quando la squadra segna? Io la detesto, mi immedesimo in un tifoso che magari sta perdendo e quando passa dal 3-0 al 3-1 sente partire un trionfalistico Ligabue, come succede a San Siro con l’Inter. Preferirei soffrire in silenzio, ecco….
È una cosa che personalmente non mi piace. Allo stadio si dovrebbero sentire solo i tifosi e i loro cori. In generale non sono un fan della spettacolarizzazione del calcio, ma i tempi cambiano e c’è poco da fare.

Come lo vedi il campionato quest’anno? Se lo giocano sempre Juve, Napoli e Roma?
La Juve mi sembra decisamente la più attrezzata e con ampio margine, ma io non faccio testo, per me è sempre l’anno buono e la prossima è sempre la partita della svolta… Quindi se me lo chiedi, vince la Roma sempre!