L’anno scorso i 25 anni per la la cassetta Daje Pure Te a firma One Love, quest’anno i 25 anni della Villa Ada Posse. Sempre al Forte Prenestino, visto il legame tra il Csoa di Via Federico Delpino e la Posse e anche il contributo enorme che il Forte ha dato a tutta la scena reggae – c’è da chiedersi veramente che cosa non abbia fatto per Roma il Forte e cosa Roma sarebbe stata senza. Dunque, 25 anni di una delle formazioni più longeve in città, che il 7 luglio saranno celebrati con un live che vedrà sul palco tutti i suoi membri – fondatori e non – assieme a tantissimi ospiti, live e in dj set. Abbiamo voluto rendere il nostro omaggio con questa intervista, ripercorrendo la storia della Posse e del reggae capitolino dai 90 in poi. Bless!
ZERO: Allora, facciamo un bel salto indietro nel tempo e torniamo ai primi incontri a Villa Ada. Chi c’era e cosa facevate?
Raina: La Villa era un luogo buono per incontrarsi con gli amici di scuola e, diciamo, dove avevamo la nostra comitiva.
Ginko: Trascorrevamo in maniera spensierata il nostro tempo tra una briscola, una partita di pallone e una strimpellata. C’era chi portava la chitarra, chi i bonghi e si suonavano cover e brani improvvisati.
Venivate tutti da quartieri vicino Villa Ada?
R: Più o meno sì… Molti di noi andavano alla stessa scuola, il Giulio Cesare.
Gli incontri a Villa Ada a un certo punto sono diventati appuntamenti fissi o qualcosa di simile?
R: Be‘, diciamo che eravamo lì tutti i giorni… Pure quelli piovosi!
G: Ogni volta che andavi beccavi sempre qualcuno. Durante i weekend trovavi tutti. Eravamo un gruppo numeroso e solo alcuni di noi suonavano. Durante quegli anni abbiamo visto passare tanti di quei personaggi sul “pratone” che ci sarebbe da scrivere un libro. È stato un periodo molto divertente.
Al reggae come ci siete arrivati? Chi sono i primi artisti che avete ascoltato
R: Oltre a Bob Marley, Yellowman. Ci siamo avvicinati al reggae grazie a un nostro amico tornato dalla Jamaica che ci portò un cassetta pieni di ritmi freschi dell epoca: duck, punnany etc.
G: Anche Peter Tosh, Black Uhuru, Steel Pulse, Macka B, Mad Professor, la dub-poetry (tipo Linton Kwesi Johnson) e tantissimi altri.
Ci sono state delle crew a Roma che per voi sono state importanti in questo primo periodo?
R: Sì, ci siamo avvicinati molto a questa musica grazie a One Love Hi Powa, che faceva la famosa Tortuga al Forte un giovedì sì e uno no.
G: Anche prima della Tortuga e di One Love ascoltavamo e andavamo a vedere i live di artisti reggae, come Mutabaruka, Linton Kwesi Johnson, Ijahman Levy, c’era una crew di organizzatori che si muoveva già dai primi anni 80 ed erano un po‘ di Roma e un po‘ di Fiumicino.
A chi, invece, si deve in generale la diffusione del reggae a Roma? Diciamo i padri fondatori.
G: Già dagli anni 80 la Fiumicino Posse e Good Staff di Roma organizzavano i live al Tenda Strisce. Il primo programma radiofonico fu su Radio Onda Rossa, mentre il primo dj a selezionare i dischi, da quello che ricordo, fu Lampa Dread. Non c’erano ancora cantanti reggae italiani, se non pochissimi. Dal 1990, con il movimento studentesco della Pantera, iniziano le prime rime italiane su ritmi giamaicani, oltre che hip hop, naturalmente, e iniziano a nascere crew in tutta Italia. Sempre nei 90 nascono i primi artisti reggae con produzioni proprie, come la famosa cassetta Daje Pure Te di One Love. L’unico negozio che vendeva anche dischi reggae era il mitico Disfunzioni Musicali, dove acquistavamo lp e 12”.
Arriviamo alla fondazione della Posse: in che anno è avvenuta e chi erano i membri?
R: Siamo nati nel 1992, per gioco, a settembre: a casa di Aldan abbiamo registrato quattro canzoni su un quattro tracce. I membri fondatori sono Pekoz, Raina, Ginko, Lady Flavia, Sister Fefe, Looza, Daddy T, Drama, Marzia, Aldan, Ricky al sax e anche Brusco, che dopo la Vatican Posse si è unito a noi.
G: Già dal 1992 suonavamo nella sala prove del Branca, fondamentalmente cover, e poi i primi brani nostri registrati a casa di Aldan a settembre di quell’anno. Ufficialmente, però, l’anno di fondazione è il 1993, con il primo live a febbraio al Brancaleone e con la prima produzione: la cassetta uscita a ottobre 1993.
Avete iniziato solo con i live o anche mettendo i dischi in qualche serata?
G: Abbiamo iniziato suonando in sala prove, poi cantando brani nostri in iniziative legate al movimento studentesco, poi mettendo dischi e organizzando serate al Brancaleone fino a registrare i brani della cassetta. Tuttora suoniamo sia in dancehall/dj set, sia con la band.
Dove registravate i brani?
R: Il primo demotape lo abbiamo registrato allo Zenigata Studio al Nuovo Salario, da un amico di Paolo, un nostro compagno di scuola, ora conosciuto come Chef Ragoo. Musically in uno studio a Tor Bella Monaca, poi ci sono stati alcuni dischi autoprodotti, mentre gli ultimi li abbiamo fatti con Bizzarri Records di Modena.
Per voi è stato fondamentale un supporto che oggi, purtroppo, continua a esistere solo in piccoli circuiti di appassionati: la cassetta. Quanto è stata importante per voi, sia per conoscere nuova musica che per farvi conoscere?
R: Ogni tempo ha il supporto, ne abbiamo visti passare e sparire diversi. Certo, un oggetto fisico come un cd o un vinile ti ritorna nelle mani, un file digitale non ha anima, poi magari viene formattato in un hard disk e muore là…
Ci potete raccontare la storia del vostro primo demotape?
R: Dopo aver scritto una decina di canzoni originali sentivamo il bisogno di registrarle, ci siamo chiusi in sala prove al Branca per preparare gli arrangiamenti e poi in studio abbiamo inciso tutto su Fostex a bobina otto tracce. Certo, dati i mezzi la qualità era scarsissima, ma la vibe è stata clamorosa.
G: È stato molto divertente curare tutti gli aspetti della produzione della cassetta. Una volta che avevamo il master in mano siamo andati a stampare le copie in una cartoleria dietro il Forte Prenestino, dove il titolare aveva allestito nel magazzino 50 registratori che in contemporanea registravano le copie su delle cassette vergini colorate. È capitato che alcune copie siano venute con un solo lato registrato perché il tizio si era dimenticato di girarle…
Quanti dischi avete registrato in totale?
R: Quattro album tutti insieme, poi altri come progetti solisti, più vari singoli.
Oltre alla Villa Ada Posse, chi erano le altre crew attive nel mondo reggae a Roma nei primi anni 90?
R: Sull’onda delle occupazioni, i sound e le crew erano il megafono del movimento. Ricordo – e dimentico sicuramente qualcuno – Sattamasaga, One Love, THC, Radici nel Cemento, Ghetto Youth di Spinaceto.
L’ascoltavate Daje Pure Te su Radio Onda Rossa?
R: Certo! Già da quando era su 93.3 in FM. Sul nostro intro di Musically c’è anche un pezzo di trasmissione dove si sente la voce di Lampa Dread.
Voi avete mai fatto radio?
R: Abbiamo partecipato a varie trasmissioni, ma mai una tutta nostra. In un periodo Pekoz e Brusco hanno avuto una loro programma insieme a Paola – Aka Geena – di One Love.
Il circuito fondamentale per la diffusione del reggae e il sostegno delle posse è stato quello dei centri sociali. Quali sono stati i più importanti per voi?
G: In quegli anni c’erano parecchi centri sociali a Roma. I più importanti per noi sono stati
il Brancaleone, che era praticamente del quartiere, e il Forte Prenestino. Successivamente anche La Torre, Intifada e il Villaggio Globale, dove per anni abbiamo organizzato serate.
Ci sono stati concerti e feste, parliamo sempre di anni 90, fondamentali per il movimento reggae a Roma? Quelli da „Io c’ero…“, per intenderci.
R: Be‘, personalmente non potrò mai dimenticare il RAS, Reali Autentici Sound, un ritrovo di tutti i sound system che si è tenuto a Roma per vari anni…
G: Fondamentale anche un concertone a cui partecipammo, non ricordo se nel 1993 o nel 1994, insieme a tantissimi altri gruppi, riuniti al Villaggio Globale per appoggiare la candidatura a sindaco di Rutelli contro Fini, quando la sinistra era tutta unita. Era la prima volta che suonavamo di fronte a migliaia di persone.
Nel 97 esce Musically, il vostro primo album. Che brani conteneva e con che etichetta uscì?
R: Musically fu un cd autoprodotto, presentato al Forte Prenestino e distribuito da Helter Skelter (ora Goodfellas) e conteneva 11 brani.
Che esperienza fu, sia come registrazione che come tour di presentazione?
R: Fu la nostra prima registrazione digitale. Usammo 2 ADAT, addirittura 16 Tracce. Mixato su banco analogico e ancora adesso suona bene. Il cd si è diffuso subito grazie ai masterizzatori e ci ha portato a suonare in giro per tutta Italia.
Dieci anni dopo – e quindi dieci anni fa – è uscito invece il vostro ultimo album ufficiale. Che cosa è cambiato per voi tra il 1997 e il 2007 e tra il 2007 e oggi?
R: Sono passate generazioni e quindi è cambiato molto. Il reggae dal 2002 al 2009 ha avuto una grossa crescita e come ogni cosa che sale poi scende. Adesso purtroppo i giovani seguono altre mode musicali e forse i nostri valori, quelli che evidenziamo nelle nostre canzoni, non sono più in sintonia coi i giovanissimi.
Che ne pensate dell’attuale scena reggae a Roma? Tante crew storiche sono ancora attive e se ne sono aggiunte molte altre.
R: Sì, tante sono attive e molte si sono aggiunte, ma quello che manca è il pubblico di una volta.
G: Tante crew si sono aggiunte anche grazie alla tecnologia che ha permesso a molti di scaricare la musica e selezionarla attraverso i software di mixaggio. Una volta dovevi per forza comprare i dischi. Per questo motivo troviamo ancora oggi molti più dj che cantanti o musicisti. Ultimamente c’è stata una crescita artistica notevole, come testimonia ad esempio il successo di un evento come il Romamuffin, che è arrivato alla sua decima edizione: un live suonato da una band che ospita tutti i cantanti romani, ognuno dei quali arrangia sui ritmi suonati tre o quattro brani. Attualmente la scena è molto ricca di giovani cantanti ma, nonostante le qualità, fanno fatica a raggiungere un vasto pubblico proprio perché il reggae sta vivendo una fase calante rispetto a qualche anno fa.
Roma è ancora il punto di riferimento in Italia per il reggae o ci sono altre città dove la scena è cresciuta di più?
R: Più che nelle grandi città, in questi ultimi anni i migliori risultati il reggae li fa nella provincia…
Arriviamo ai festeggiamenti per i 25 annin che si terranno al Forte Prenestino? Che rapporto avete avuto e avete tutt’ora con il Forte?
R: Come dicevo prima, il Forte, oltre ad essere un centro sociale che rispettiamo tantissimo per la coerenza e le gestione, è stato sempre un posto dove abbiamo condiviso momenti importanti, tipo la presentazione del disco, i RAS, la presentazione del nostro sound autocostruito.
Cosa succederà in questa serata?
R: Sarà un evento molto vario a livello musicale. Prima novità, salirà sul palco la band originale con cui abbiamo registrato la cassetta e Musically. Poi ci sarà la Madhouse – la nostra attuale backing band – con cui ci alterneremo sul palco con vari ospiti: Danno del Colle, Lion D, Baracca, Sealow, Rasta Lady, Rasta Ciccio. Nei cambi palco e prima e dopo i live avremo in dj set Pekoz, il nostro dj, One Love Hi Powa, Toretta Stile, Welcome 2 the Jungle, Mr Later. Si comincia alle 19:00 con aperitivo e chi vuole è invitato a cena con noi, con un ottimo menù della cucina del Forte.
Dopo questa festa celebrativa cosa accadrà? Che strada percorrerete?
R: Intanto abbiamo una estate carica di date, anche all’estero. Poi il progetto rimarrà sempre vivo aspettando di festeggiare i 30!
Chiudiamo con qualche domanda dalla risposta veloce. Artista reggae preferito in assoluto?
R: Dennis Brown/Bob Marley.
G: Peter Tosh.
Brano reggae preferito in assoluto?
R: Ogni momento della vita ha il suo brano preferito.
G: Impossibile dirlo.
Un brano che non deve mai mancare in una dancehall?
R: Il ricordo dei vecchi artisti: Dennis, Gregory, Bob Marley, Peter Tosh.
G: Hills and Valleys di Buju Banton.
Cinque cose che bisogna sapere della Jamaica per chi non c’è mai stato?
R: 1) Sono poveri ma felici, 2) la musica è ovunque, 3) l’erba, al contrario dell’Italia, è
legale, 4) tutti provano a venderti qualcosa o “beggarti” qualche cent, 5) stando là a volte pensi: ma perché in Europa siamo sempre di corsa?
Un artista che prima o poi vorreste far suonare a Roma?
R: Ne sono passati tantissimi. Quelli che vorrei davvero ormai non possono più.
Su un pull up è meglio la sirena o la fiamme di una bomboletta?
R: Se si è all’aperto anche la bomboletta! Comunque non è il mezzo ad essere importante, ma il fomento della gente, che spero sia sempre vivo per questa musica.