Fondazione Trussardi compie un nuovo atto di “sacrilegio” in uno dei siti milanesi che, pian piano, sta diventando palcoscenico di opere d’arte site specific in città: City Life. Il sacrilegio è ironico, poiché invitare un artista anticonformista puro e reale lottatore della scena underground londinese degli anni 80 e 90 a Milano rappresenta più un coraggioso atto di forza. Sacrilege è un’opera già stata testata in diverse parti del mondo, da Glasgow, dove l’installazione ha visto la luce per la prima volta al Festival di Arti Visive nel 2012, e poi Madrid, Parigi, Sydney e Hong Kong. Questo enorme gonfiabile, portato a Milano da Massimiliano Gioni per miart, riporta inevitabilmente la mente all’ingenuità raffinata dei gesti dei gonfiabili di Mazzucchelli e all’aggressività pop di quelli montati nei luna park per i ragazzini.
Jeremy Deller può essere considerato un artista della super squadra dei Young British artists dalla sua vincita del Turner Prize nel 2004, che non solo lo ha consacrato “artista” di nome, secondo i suoi genitori, ma che lo ha inserito in quel podio del sistema dell’arte di cui non ha mai fatto integralmente parte, proprio per l’attitudine politica e un po’ schiva tipica del suo approccio lavorativo e dei suoi messaggi.
L’opera che vedremo a Milano è la ricostruzione a scala 1:1 del sito archeologico di Stonehenge, dichiarato patrimonio dell’UNESCO nel 1996 e uno dei vanti dell’identità culturale britannica. Quella stessa identità che Deller ha scandagliato sotto diversi aspetti fin dall’inizio della sua carriera a metà anni 80, mediando tra diverse culture underground che ha minuziosamente studiato e riportato in una delle sue opere più note e laboriose: The History of the World. Un grande diagramma – esposto nel 2004 presso la Tate a Londra in occasione della mostra personale per il Turner Prize – in cui l’artista mette in relazione culture, simboli, atteggiamenti sociali e politici, ripercussioni umane, attitudini, luoghi, droghe… partendo dallo studio dell’Acid house londinese. Un pretesto, fortemente simbolico nell’era Thatcher, dove musica e cultura rappresentavano ancora un universo un po’ border line, ma di salvezza e sperimentazione dall’alienazione provocata dal rigore delle regole quotidiane di quella società. Tematiche come “media, lavoro, working class, il nord e il sud, la malinconia, l’ecstasy, i rave….” rappresentavano dei nuclei che hanno portato a influenze stilistiche e culturali di rilievo. Jeremy Deller tratta di questo attraverso approcci spesso corali, in cui collaborazioni con altri e ricerche possono sollevare quella denuncia al potere a all’ego delle azioni politiche umane. Cosa che accade in un lavoro precedente, Battle of Orgreave (2001) in cui l’artista britannico ricrea – attraverso diversi media dal video, alla fotografia, all’esposizione di veri e proprio feticci utilizzati come documentazione, disegni, scritte e fotografie – uno scontro violento avvenuto nel 1984 tra poliziotti e minatori nello Yorkshire del sud, che ha portato a uno sciopero dei lavoratori lungo un anno. Un sopruso del potere, che Deller ritratta attraverso quell’“estetica relazionale” descritta da Nicolas Bourriaud, come avviene nella maggior parte delle sue azioni. A Milano non ci sarà una battaglia, ma un’adesione divertente su un campo più ludico che, una volta calpestato e vissuto, si spera faccia anche riflettere sulla ri-appropriazione di un luogo da parte dell’uomo.
Written by Rossella Farinotti