Le costruzioni architettoniche suggeriscono alla mente di chi le osserva un’idea di immutabilità e staticità. Sono pensate come materiali indissolubilmente legati fra loro a formare le più svariate geometrie solide che, perdendosi a vista d’occhio, determinano lo skyline urbano. Ma è possibile che queste diano luogo a qualcosa di vivo? Le Corbusier definisce l’architettura come un sapiente e magnifico gioco di volumi sotto la luce. L’architettura diventa quindi generatrice di spazio, che è sottoposto a un continuo mutare e divenire a seconda dei riflessi che lo rendono noto. Robert Henke materializza questo concetto nell’installazione “Linee e Punti No. 1”, dove fasci di luce accarezzano le pareti di una stanza altrimenti immersa nella totale oscurità: punti e griglie danzano sul pavimento sulle note ancestrali di organi ecclesiastici, cercando di comprendere, in una danza ritmica senza fine, i meccanismi che rendono vivo lo spazio.
Written by Giulia Berardi