Shkrepëtima è la terza tappa di un percorso performativo, espositivo e documentativo iniziato da Petrit Halilaj (Skenderaj-Kosovo 1986) nel luglio 2018 con una performance presso la Casa della Cultura di Runik (Kosovo) e proseguita con un secondo passaggio all’interno del Zentrum Paul Klee di Berna il mese successivo.
In questo ultimo, terzo momento di un progetto determinato e complesso, l’artista, con la cura di Leonardo Bigazzi – che da anni segue la ricerca artistica e umana di Petrit – ri-assembla momenti e frammenti di questi ultimi mesi di esperienze tra Kosovo, Svizzera e Italia, che di fatto rimane la seconda casa di Halilaj. Shkrepëtima rappresenta una sosta, un momento di riflessione per rimettere insieme la parti “disseminate” precedentemente.
Il luogo di debutto di questa ripresa esperienziale è Fondazione Merz, che ha dedicato il secondo Premio Mario Merz all’artista di origine kosovara, probabilmente vista anche l’attività performativa legata alla nascita dell’installazione monumentale site specific pensata per Torino. Quella in mostra è infatti l’opera pubblica più imponente mai realizzata da Halilaj. Le grandi dimensioni sono da sempre un timbro dell’artista, basti pensare alle location che lo hanno ospitato come il KW di Berlino e il Pirelli HangarBicocca. Luoghi che hanno attivato sfide che l’artista ha vinto con seria ironia, sia per narrare vicende personali – da qui la ricostruzione del cortile esterno della sua casa di infanzia, galline comprese che abbiamo visto nel 2010 alla biennale di Berlino e poi, realizzata in dimensioni gigantesche, d’impatto, presso l’Hangar con la curatela di Roberta Tenconi, che ha affiancato l’artista per la sua prima curatela nel luogo milanese -, sia per raccontare storie collettive. Le galline le abbiamo viste in entrambi i luoghi, tanto da un elemento riconoscibile dell’artista, quasi un’ossessione (guardate il suo instagram!), oltre che un chiaro riferimento di casa e delle sue radici.
È questa la chiave racchiusa in Shkrepëtima, dove Halilaj, attraverso il potenziale dell’arte e della memoria, mette in discussione la storia del suo paese, confrontandola costantemente con le radici personali, le riflessioni, gli studi e le esperienze in luoghi diversi. Un lampo – il titolo in albanese ha proprio questo significato – immediato e dimenticabile, che l’artista sottolinea per farlo sedimentare nelle nostre coscienze storiche e sociali, per tramandarlo di racconto in racconto, di cultura in cultura. Perché ogni storia è soggettiva, ma può essere assorbita e reinterpretata in maniera collettiva per non perpetuare gli errori commessi. Il recupero della propria identità attraverso il salvataggio di un luogo – in questo caso un contesto tangibilmente fruibile come quello della Casa della Cultura, centro di riferimento nell’ex Jugoslavia tra gli anni ’70 e ’80, che era stato abbandonato e ora ripreso dai Beni Culturali grazie all’intervento di ri-attivazione dell’artista. Così, a Torino, Halilaj mette a confronto ambienti diversi, tracciandoli di storie provenienti da vari ambiti, alcuni antichissimi, e altri molto contemporanei.
Inaugurazione: lunedì 29 ottobre ore 19.00. Orari: martedì – domenica, ore 11.00 – 19.00.
Written by Rossella Farinotti