Ormai lo sappiamo: i Deaheaven fanno il cazzo che vogliono. Dalle ceneri dei Rise of Caligula e dall’acclamato “Roads To Judah” del 2010, i cinque di San Francisco hanno giocato in una terra di mezzo tra black metal, post-rock, shoegaze ed emocore. Da un lato alimentando un culto trasversale, dall’altro non avendo paura di farsi dei nemici.
Sulla scia di altri “liberi pensatori” in ambito metal, come i più crepuscolari Alcest e i maestri Ulver, i Deafheaven hanno contribuito a sparigliare le carte di un codice etico ed estetico. Con l’ultimo “Ordinary Corrupt Human Love”, la band non solo continua a mescere con disinvoltura e sfrontatezza urla dall’oltretomba e nenie agrodolci, ma raggiunge picchi di magniloquenza prog-pop e affronta tematiche legate a una ritrovata pace interiore – invece dei più prevedibili rigurgiti nichilisti.
Hanno raggiunto un nirvana personale, pisciato fuori dal vaso o magari fatto entrambe le cose? Il dubbio forse vi resterà fino all’ultimo, durante la performance d’apertura degli americani Inter Arma, all’insegna di uno sludge pachidermico.
Written by Lorenzo Giannetti