Avete presente quelle frasi del tipo “Se mai sbarcassero gli alieni…” come metafora del fatto di spiegare da zero qualcosa a qualcuno? Ecco, se davvero mi trovassi a conversare con degli extraterrestri e, sbrigati i convenevoli esistenziali, mi chiedessero dell’house, io gli farei ascoltare i Detroit Swindle.
Blasfemia penserà qualcuno: in fondo il duo olandese calca seriamente la scena da non molto, e cosa vuoi che siano pochi anni in confronto ai pionieri del genere? Vero, ma solo in parte perché sin da quando, in tempi non sospetti, il mio socio me li mise in cuffia, ho afferrato da subito la capacità dei due di sintetizzare e far propri decenni di incastri perfetti di ritmica e giri di piano.
Per farla breve, suonano come un classico ma riescono al tempo stesso ad essere contemporanei, con produzioni e set freschi, carichi ma solari – basta co’ ste cose tutte cupe – che smuovono anche i pezzi di marmo. Questo sono i Detroit Swindle, e sì, ET sono sicuro apprezzerebbe.
Written by Andrea Lalli