Tappa di avvicinamento alla stagione ibizenca più grandiosa di sempre per Tale of Us. A Milano si fanno i preparativi in compagnia di uno di quei nomi che garantiscono i sold out a ogni latitudine, il buon Mladen (chiamalo così se vuoi attirare la sua attenzione) Solomun.
Conte e Milleri, che ormai si presuppone conoscano spanna a spanna il tendone di Social Music City (che quest’anno è più grande che mai), sono ormai abituati alla legge dei grandi numeri associata ad Afterlife. Etichetta rapida e frizzante sulle uscite, promozione costante, big room, nomi in cima ai cartelloni di miriadi di festival, roster di artisti in continua evoluzione, mano tesa alla stampa di settore.
Quando tutto gira bene, si spinge sull’acceleratore: che sia house o techno, con quella vena essenziale, malinconica e cinematica, oppure il beat deep viscerale che gioca con le basse frequenze, e il dancefloor è sempre lì in adorazione.
La formula funziona sempre, e ovunque, che tu stia con la sabbia bianca di Tulum sotto i piedi, in un capannone alla periferia di Mannheim, tra le due torri di Plaça d’Espanya o in uno scalo ferroviario in disuso nel centro di Milano.
Freschi di entusiastiche review da parte di chi era presente al loro interminabile set (10 ore filate) per il ventesimo compleanno del Fabric a fine marzo, i due soci giostrano uno stock monumentale di nuova musica e vorranno valutare la reazione in pista prima delle maratone estive all’Hi. Non ci resta che tastare con mano l’effetto che fa, sempre che non ti dispiaccia fare da cavia.
Written by Raffaele Paria