Quanto si può essere laterali, quanto si può essere centrali. La parabola di Terre Thaemlitz – peraltro lungi dall’esaurirsi – è di quelle che hanno segnato, e segnano, indelebilmente il panorama elettronico. Per lo spettro affrontato, ma anche per come quello spettro viene declinato. Al punto che rinchiudere la sua figura in un recinto – quello della musica – appare quasi riduttivo. Dalla fotografia al graphic design, passando per illustrazioni, progetti di video art, Thamelitz è uno e trino, a tenerci stretti. Non esiste suo progetto che sia esente da un afflato politico, legato a un’impronta critica su temi come quello dell’identità di genere o delle divisioni di classe. E l’aspetto musicale non si muove su orizzonti differenti, essendo nient’altro che una modalità per scavare in profondità.
Tutto è funzionale all’abbracciare un concept, poco importa che di mezzo ci sia una morbida cassa o field recording a inerpicarsi su strutture ambientali. La carriera di Thaemlitz è incentrata sul non avere un centro nevralgico. Si passa da capolavori assoluti improntati all’ambient, al glitch e a tutto quel filone che ha reso i Novanta indimenticabili – dischi come “Soil”, “Tranquillizer” o “Couture Cosmetique” sono materia viva da far ascoltare alle elementari – fino ad arrivare a morbidezze deep house, come la pietra miliare “Midtown 120 Blues” a nome Dj Sprinkles, o la scarica da mani in direzione cielo di “Routes Not Roots”, col moniker K-She.
In mezzo: sound collage, anfratti elettroacustici e seimila collaborazioni, di quelle che contano: da Mark Fell a Simon Fisher Tuner, da Celer a Scanner (e la ristampa del suo “Web”, assieme a Bill Laswell, in uscita a breve). I suoi live sono rarissimi, e l’occasione è la nuova stagione di Ascolti e il lancio di Villa Lontana Records. Roba da lacrimarci su al solo pensiero.
Written by Kyösti Vainio