Quando lo scorso marzo è uscito “Dove gli occhi non arrivano” di Rkomi, è stato un momento al tempo stesso destabilizzante e significativo per un certo tipo di musica italiana. Per una serie di meriti che vanno dal flow, alla scrittura, fino alla capacità interpretativa, Mirko Martorana è stato fin dall’inizio considerato fra le promesse (se non le realtà) della trap cantautoriale dello Stivale. Il “problema” nasce con l’uscita di quel secondo album, un lavoro che di trap ha veramente poco: bellissimo e deludente al tempo stesso, paraculo e coraggioso, che a quasi un anno dalla sua uscita ammetto di non avere ancora del tutto metabolizzato.
Paraculo nel suo layer più superficiale e di immediata lettura: i featuring. Impossibile non pensare a qualche articolatissima macchinazione dei “poteri forti” Universal nell’infilare in un solo disco praticamente tutto il roster italiano (h)it pop: da Jovanotti a Elisa, da Sfera Ebbasta a Carl Brave passando per Ghali, per riposizionare brutalmente in senso “nazionalpopolare” una giovane promessa/icona della trap cantautoriale.
Il problema è che Rkomi di “nazionalpopolare” ha veramente poco e, paradossalmente, suona molto più coraggiosa la sua virata pop che ha scontentato molti, lasciandogli però via libera alla sperimentazione – alcuni arrangiamenti del disco non sono esattamente di facile assimilazione, si sente la zampata di Charlie Charles e dei viaggi a Johannesburg – e all’opportunità di ingraziarsi un pubblico più “laterale”. Un passo in direzione se non opposta, quantomeno inaspettata rispetto all’ennesimo disco del trapper giovane, fresco e promettente intasato coi featuring dei “soliti illustri”, lì a fare territorial pissing su una scena che ormai gli appartiene fino ad un certo punto.
Written by Andrea Pagano