La prima volta che mi imbattei in lei fu in un caldo pomeriggio di primavera del 2005, a Barcellona. La sala dell’Auditorium del Forum era strapiena, ma non si poteva sentire neanche un respiro. Julia Kent, già nota come membro dei Rasputina, era lì con il suo violoncello al fianco di Anohni in quella che era la prima formazione di Antony and the Johnsons. E fu amore a prima vista. Da quel giorno ho avuto modo di vederla moltissime volte, anche perché il rapporto di Julia Kent con l’Italia è molto stretto.
A piedi scalzi, con il suo violoncello saldamente stretto fra le gambe, Julia Kent riesce a immergere lo spettatore in una dimensione onirica pregna di melodia e romanticismo, dove il suono delle corde riecheggia morbido in un loop senza tempo. L’artista canadese approda tra gli spazi suggestivi della Tipoteca, polo museale italiano sull’arte della stampa e della tipografia, per presentare “Temporal”, terza uscita sull’inglese Leaf Label, disco uscito un anno fa che raccoglie composizioni pensate per il teatro e la danza.
Written by Carlo Cimmino