É curioso vedere come nel giro di pochi anni sia cambiata la narrazione sulla realtà aumentata. Un occhio poco attento potrebbe limitarsi a osservare che sia calata un po’ l’attenzione, che non sia magari un argomento “sexy” del digitale e abbia ceduto il passo a molti discorsi – spesso impropri – su reti neurali, machine learning e intelligenza artificiale. Gli esperti del settore invece vi diranno che il passaggio da “buzzword” citata a sproposito a “keyword” inserita in contesti funzionali e con cognizione di causa, significa il più delle volte che uno standard tecnologico è stato assimilato virtuosamente dall’industria. Che comincia ad avere una reale utilità socio-economica insomma.

Milano Digital Week 2020 è un po’ il manifesto di un nuovo modo concreto, comprensibile e inclusivo di parlare della tecnologia in un contesto societario evoluto, dove il “digital divide” da colmare è quello cognitivo. Una “città aumentata” quella di Milano in tutti i sensi, dalle tecnologie AR (alle Fonderie in Isola) al foodtech (in Cascina Cuccagna), fino al lavoro aumentato che spesso vuol dire anche lavoro diminuito (al BASE, cuore pulsante di MDW). Non mancheranno keynotes su edutech, entertainment, augmented health e persino morte digitale, ma in mezzo a tutti questi inglesismi non ci si dimenticherà mai che la vera “intelligenza aumentata” della metropoli è quella dei suoi cittadini, dei suoi utenti potenziati.