Il giorno sul calendario è segnato in rosso e il lunedì di ferie per un saggio detox di 24 ore preso d’ordinanza. Ormai arrivato alla nona edizione, per il Roma Whisky Festival c’è una ritualità – quantomeno sul pre e sul post, perché sul “durante” ho perso qualsiasi speranza di anticipare come andrà a finire – che è ben definita: roba che manco le nonne quando devono preparare i pranzi natalizi pianificano con tanta premura.
D’altra parte, al Salone delle Fontane anche la formula del festival è ormai consolidata e non potrebbe essere altrimenti: con un settore mixology sempre più in ascesa, masterclass che vi portano dalle Ebridi al Giappone e gli immancabili stand dove far piovere i gettoni come nelle cabine della Sip, le attrattive per gli appassionati di single malt – e blended, settore in crescita dopo anni in cui la cosa migliore era la pubblicità con Gino Paoli – sono di ogni tipo, anche quelle che diventano irrinunciabili dopo una certa ora.
E siccome le ritualità sono il tema centrale, non poteva mancare anche per il 2020 l’imbottigliamento speciale targato Roma Whisky Festival: quest’anno si va nelle Highlands, con un “missile” ad alta gradazione firmato Ardmore che promette di mettere d’accordo anche il perenne conflitto tra torbati e non, per chi ancora si illudesse che è possibile scegliere senza fare torti.
Written by Roberto Contini