Nonostante ormai siano richiestissimi sulle web radio di mezzo mondo e la loro attività discografica e live cominci a espandersi un po’ più in là del circuito underground, i ragazzi di ArteTetra restano i pazzi, visionari, scoppiati di sempre. Non un passo indietro rispetto al linguaggio e all’estetica super weird fondanti – spesso sopra le righe, eppure molto più aderenti alla fluidità del presente di quanto non siano altri discorsi “artistici” più tradizionali. Il “future pidgin”, la provincia, le cassette e l’HD, la musica del Quinto Mondo, l’appropriazione culturale immaginaria, ma anche dischi complessi e rivelatori come l’ultimo dei Senyawa o le incredibili compilation “Exotic Ésotérique”: più che un’etichetta, una dimensione a parte o un assaggio di quello che potrebbe riservarci (nella migliore delle ipotesi) il phuturo delle musica del globo terracqueo.
Artetetra sono Luigi Monteanni e Matteo Pennesi: entrambi marchigiani, oggi con “residenza fiscale” a Milano e oltre trenta release pazze perlopiù su cassetta, dal 2015 rivisitano le coordinate spazio-temporali della “musica dal mondo”, partendo da una certa passione per esotismi e tropicalismi, incrociandola con un presente iper-connesso, un’attitudine al diggin compulsivo e dosi massicce di auto ironia. Dopo l’uscita dell’ultimo album “Stock Fantasy Zone”, pubblicato in collaborazione con VOLUME, tornano live a Milano – ovviamente dagli amici di Standards – con il loro progetto Babau, tra fantasticherie da fauna virtuale e urbana. In apertura, ZAERT, neonato progetto di computer generated dancehall, che digerisce l’ispirazione caraibica in un approccio elettronico e sintetico, privo di sudore e di ogni possibilità di ballo. Back to the phuture.
Written by Chiara Colli