Progetto a cura di The Classroom, il nuovo centro culturale fondato da Paola Nicolin con Giulia Mainetti e Giovanna Silva: in mostra le opere di Adelita Husni-Bey, in attesa dell’inizio del seminario che si terrà alla Bocconi dall’11 al 18 aprile.
Il tema esplorato dall’artista nelle due mostre e nel corso vero e proprio è l’intersezionalismo, teoria che incrocia criticamente le questioni del genere, della classe e della razza, e la sua diffusione in Italia.
Abbiamo rivolto qualche breve domanda a Paola Nicolin sulla nascita del progetto:
Zero:Quando è nata The Classroom e come hai scelto di coinvolgere Giovanna e Giulia?
Paola Nicolin: The classroom è un’idea che avevo in testa da tempo e come idea è davvero nata parlando con mio figlio che mi chiedeva di poter vedere il posto dove lavoro e io gli rispondevo che non potevo portarlo in classe. Una sera mi fece trovare sulla scrivania un disegno: era la sua classe, una aula che non esisteva e che era un collage fatto di figurine panini, stelle filanti, ritagli di giornali e piccole faccine che aveva disegnato qua e là e una signora con il grembiule nero che stava in piedi. “la tua classe mamma è fatta così?”. Cercavo di mettere a fuoco la struttura di un progetto che portasse l’artista al centro del discorso sulla storia dell’arte e potesse essere un momento di riflessione sulla relazione tra storia e progetto, tra lezione e produzione: questa immagine di un collage di riferimenti mi ha aiutato a riprendere le esperienze di arte e educazione bellissime e formidabili che la storia ci ha proposto e provare a declinarne una versione focalizzata sulla idea di una classe che viene disegnata dai suoi studenti e di un artista che fa da lente di ingrandimento delle tante storie che ci formano.
Giovanna e Giulia sono due professioniste e due amiche con le quali ho avuto più volte avuto il piacere di collaborare. Quando ho parlato a loro del progetto la loro reazione è stata un si, forte e deciso, e una grande forza e generosità nel regalare idee, contatti, critiche.
si sa che di buone idee si può morire, e The classroom non esisterebbe senza di loro.
L’associazione è stata pensata specificamente per la sede ex Montessori acquisita da Corrado Beldì o era un progetto precedente?
Era un progetto precedente. Corrado un anno fa mi ha chiamato e mi ha detto «tu che fai figli e insegni, non hai voglia di curare un progetto d’arte in questo spazio? tengo moltissimo che questa casa mantenga una identità legata alla sua storia». Capisco che possa sembrare assurdo, ma non gli avevo mai parlato di The classroom e così gli ho detto guarda, io ho in testa questo progetto, se vuoi lo facciamo qui da te una o più volte all’anno. La sede quando l’ho vista pareva fatta apposta, e così ci siamo messi a lavorare. Conosco Corrado da molto tempo ed è una delle prime persone che mi ha insegnato a cercare gli artisti al telefono, senza mediazioni.
Forse anche per questo ci siamo ritrovati a condividere un progetto così legato all’idea di un ingaggio diretto con gli artisti.
Quanti corsi farete ? ogni quanto? chi sono i prossimi artisti in programma?
Per ora siamo totalmente focalizzati su Adelita Husni Bey e sull’articolazione del suo corso: mostra personale, seminario, talk pubblica.
pensiamo a tre corsi all’anno come obiettivo a breve-medio termine, ogni 4 mesi. Un seminario sempre a Milano – casa madre del progetto – e gli altri due in città diverse con diverse istituzioni coinvolte. In questo senso, stiamo lavorando con il Museo di Villa Croce di Genova.
Perché avete scelto Adelita? Ed è stata lei a proporre l’intersezionalismo?
Adelita è un’artista da sempre interessata ai temi e alle metodologie della pedagogia radicale e alla relazione tra testo e gesto, tra esercizio performativo e produzione di conoscenza. L’invito a realizzare il primo seminario nasce dalla consapevolezza del suo interesse nel lavorare con le comunità, con i gruppi, in rapporto con una comunità che lei si sceglie e si va a cercare. Il suo lavoro è cresciuto in questi ultimi anni di scala e di complessità e ha trovato sempre delle forme di rappresentazione coerenti e solide. Il suo modo di lavorare ci è sembrato perfetto e stimolante proprio in relazione alla possibilità di fare di un seminario un momento di analisi di fonti, storie, opere e letture di altri autori che l’artista possa raccogliere entro un unico e personalissimo punto di vista.
Si, il tema è una scelta dell’artista: e questa libertà è anche una regola di the classroom che invita appunto l’artista a svolgere liberamente un corso di storia delle arti.
Written by Lucia Tozzi