Diciamo che è naturale che i vetusti millennials profani del genere, a sentir dire black metal, si arrocchino nella cattiva abitudine di pensar diavoli e squartamenti. Complici le legnose voci gutturali e i ferali ruggiti che annegano l’animo sotto al peso greve del growl, per non parlare degli strilli suini – tra cui spicca l’inimitabile abilità di Will Ramos dei Lorna Shore, tanto che c’è un video in cui gli mettono un sondino in gola per capire com’è che riesce –, dei più tradizionali ringhi che accapponano la pelle o degli screamers che, si capirà, gridano forte. Sappiamo per esperienza che i profani si trastullano in difesa su stupida domanda: perché, per dio, gridare? Al ché noi, gentili perché poco proni a un simile dialogo, evitiamo di rispondere.
Non staremo qui a far una rassegna della storia del metal negli ultimi vent’anni per far capire le ibridazioni sonore che hanno scosso le distorsioni, i riff, le ritmiche e i gusti d’ascolto. Ci basta citare i precursori Sunn O))) e il loro contemplativo drone metal – portale ampiamente adoperato dagli amanti dell’ambient per avvicinarsi al genere e viceversa –, i leggendari Deafheaven, black metal band tacciata inizialmente dai tradizionalisti come emo – ‘tacci vostri – e diventati imprescindibili innovatori (e qui occorre citare pure i Full of Hell, usciti per altro l’anno scorso con un album in combo con i Deafheaven, When No Birds Sangs, che è una hit), e infine i Liturgy, nata come one-girl-band con l’intento di creare un nuovo genere, accecante-quasi-mistico, dal nome catartico di Trascendental Black Metal.
Abbiamo detto tutto, molto brevemente, e ora passiamo al sodo: gli Agriculture. Dopo un tour negli Stati Uniti assieme alle Ragana (duo femminile black metal antifa: va da sé che abbiamo una stima assoluta) a cui avremmo volentieri presenziato non fosse per l’Oceano Atlantico, la band blackgaze (per intenderci una mescola di black metal, shoegaze, con quale puntarella di ambient e folk) arriva al Bellezza per la sua prima data italiana in assoluto, nel programma di un altro primo assoluto tour europeo.
Gli Agriculture, per provare a dirveli in breve, fanno luce. Si sono di base accollati il duro compito di portare un sentimento d’elevazione spirituale nel black metal. Altrimenti, ma sempre in breve, i ragazzi di Los Angeles raccolgono da un lato le urgenze espressive dei Deafheaven e dei Liturgy, riprendendo alcune loro sonorità ma portandole su ambientazioni che, perdonate la parola, a primo acchito hanno il sapore del pastorale o dell’onirico. Spieghiamoci: brani costruiti con riff martellanti e rapidi in tonalità luminosissime, con bending d’ascesa celeste, cosicché si ha l’impressione di sentirsi immediatamente catapultati in una pianura folta e granosa irrorata da una luce abbacinante, che pesa su tutto e che tutto dora. Trattasi di estasi – al terzo brano in cuffia avrete tendenzialmente l’espressione della santa Teresa del Bernini. C’è insomma quel senso d’aprico, verrebbe da dire ottimista – ma è in pratica una parola che soffre di censura dello spirito nelle ultime decadi – che hanno gli spazi aperti e bruciati dal sole ma che agli occhi son dolci, dove ci si immaginerebbe raccogliersi gli spiriti dei santi e dei martiri, proprio come ci si immagina Valinor – a buon intenditor poche parole.
Dopo il successo dell’album The Circle Chant (2022) e Agriculture (2023), l’ultimo EP Living is Easy – capite? –, a sua volta anticipato da un singolo omonimo dell’anno scorso, è un concept album messianico di quattro tracce che ruota attorno a una delle vite passate ricordate dal Buddha, e che attraverso giri pungenti d’una cacofonia euforica evoca una luminosità graffiante, santissima. Tant’è che al Bellezza, questo mercoledì, ci auguriamo e immaginiamo il pogo come momento ascensionale dello spirito.
Written by Giacomo Prudenzio