Prima di parlare del ritorno dei Galliano, è necessario fare un passo indietro e tornare a quasi trent’anni fa, quando Gilles Peterson, dopo aver abbandonato la Acid Jazz Records, di cui era stato fondatore, decise di mettere su la Talkin Loud, insieme a Norman Jay. Da qui ha inzio uno spaccato di storia imprescindibile per il movimento brit-funk inglese, di cui i Galliano sono stati padri fondatori insieme agli Incognito.

Rap cockney sfacciato, groove funk dannatamente rétro uniti a un’estetica distintamente britannica hanno fatto sì che la band guidata da Rob Gallagher diventasse il centro nevralgico di un movimento in cui il jazz andava oltre i propri confini, generando una vera e propria connessione tra club e cultura jazz. Funk, dub, disco, reggae e poesia beat londinese fluiscono di comune accordo sulle rime di Rob Gallagher su cui recita i propri pensieri legati alla sottocultura e alla spiritualità della vita cittadina.

A distanza di trent’anni i Galliano sono tornati con un nuovo album, “Halfway Somewhere”, questa volta su Brownswood Recordings, ma sempre sotto l’attenta supervisione dell’amico fidato Gilles Peterson, che ne ha prodotto il disco, delineando un affascinante aggiornamento del modello Galliano: un’eccellente evoluzione del loro sound, reso esaltante e contemporaneo allo stesso tempo, attraverso un collage lungimirante di poesia, jazz astrale e soul consapevole, ma capace ancora di rompere gli schemi. Nel 1991 i Galliano cantavano “Welcome to the story”, e stasera al Monk queste parole risuonano più attuali che mai.