C’è una rassegna in città che da dieci anni ci sta facendo conoscere la direzione che ha preso la musica jazz contemporanea. Si chiama Jazz Evidence e non si svolge in un teatro dalle comode poltrone rosse o in un confortevole jazz club, ma fra le mura del Monk, un locale che abitualmente ospita concerti ben diversi. Tutto ha avuto inizio con i concerti dei gruppi di Roberto Gatto, Kamasi Washington, Rosario Giuliani e Bill Saxton, per poi proseguire con Tony Allen, Sun Ra Arkestra, Makaya Mc Craven, fino a Nubya Garcia, Shabaka Hutchings e tantissimi altri. Del resto, cosa potremmo aspettarci di diverso da un posto che ha preso il nome da Thelonious Monk e che sorge sulle ceneri dello storico La Palma?
Oggi è la volta di Mark Guiliana. Acclamato batterista e compositore, nominato al Grammy per il miglior album strumentale del 2024 per “Mark”, suo ultimo disco, Guiliana è anche metà di Mehliana, il duo che lo vede insieme a Brad Mehldau, nonché collaboratore di innumerevoli musicisti, fra i quali ricordiamo Avishai Cohen, Dave Douglas e Donny McCaslin. Il suo stile e la curiosità che lo contraddistingue lo hanno sempre fatto passare con la massima semplicità dal jazz acustico alla musica elettronica fino al rock. È così che lo abbiamo visto suonare con St. Vincent, Matt Cameron (attualmente nei Pearl Jam e già nei Soundgarden), e in “Blackstar” di David Bowie.
“Mark”, uscito a metà dello scorso anno, è una sfida, un’esplorazione di nuovi territori, un viaggio in totale solitudine nel quale Giuliana si affida solo a sé stesso, fra batteria, percussioni, pianoforte, sintetizzatori e parola parlata. Ed è così che potremo vederlo in “Mark Guiliana plays Mark”, un tour in solo al di fuori di ogni schema.
Written by Carlo Cimmino