Difficile immaginare Nick Cave senza i sodali Bad Seeds, soprattutto dal vivo. Da decenni lo spalleggiano spesso e volentieri in studio e durante gli incendiari concerti nei quali il grande performer australiano ancora oggi si trasforma in una sorta di predicatore in trance agonistica, entrando fisicamente in contatto con i suoi adoranti adepti, peccatori in attesa di essere purificati dal sacro fuoco del rock.
Ma questa volta cosa succederà? Un esempio recente per capire cosa aspettarsi può essere il docu-concerto “This Much I Know to Be True” (2022) firmato Andrew Dominik, nel quale Cave è in compagnia del solo Warren Ellis, il “boss” dei Bad Seeds da diversi anni ormai, di un quartetto d’archi e di qualche featuring vocale, in primis quello magnetico e commovente della compianta Marianne Faithfull. Il risultato: stessa intensità anche se con un’impostazione formale agli antipodi. In sintesi, tornando a noi, le premesse non sembrano affatto male.
Molto probabilmente questa volta il contatto tra artista e pubblico sarà principalmente emotivo, con Cave seduto in gran parte al pianoforte e lo scudiero Colin Greenwood – sì, il bassista dei Radiohead e fratello sfigato, almeno sul lato estetico, di Jonny – a fargli compagnia sul palco. Una versione ancora più intima, essenziale dove a spiccare saranno la voce, le parole e le poche note necessarie per rendere le sue canzoni un microcosmo ideale nel quale essere inglobati. Per quanto riguarda la scaletta – momento spoiler alert – state tranquilli: ci sarà tutto quello che ci deve essere e forse anche di più. Cave in Cavea, un gioco di parole al limite dei celebri tormentoni scioglilingua che abbiamo imparato da piccoli. E poi la domanda delle domande da fargli se ce ne dovesse essere la possibilità: chissà se a sua volta viene scambiato per Nicolas Cage?
Written by Matteo Quinzi