Camminare in un bosco di notte, illuminati dalla luce della luna. É così che ci si sente ascoltando i Merope: duo belga-lituano che, con un nome preso dalla mitologia dell’antica Grecia, riscopre le tradizionali canzoni folk lituane e le usa come base, sottofondo e punto di partenza per nuove sperimentazioni. Il centro sono i kankles – tradizionali strumenti a corda dei Paesi baltici – attorno ai quali viene costruito un ornamento di chitarre e suoni elettronici. La sensazione è quella di sentirsi in una delicata fiaba elettronica, dove non ci sono cattivi ma solo la voce fatata e duttile di Indrė Jurgelevičiūtė.

Costruendo eleganti paesaggi sonori che uniscono jazz, ambient, musica tradizionale e minimalismo, i Merope ci accompagnano in tutto quello che la notte può significare: paura, sogno, intimità, libertà, suoni animali e presenze che di giorno non si riescono a cogliere. La loro musica non è solo una fiaba ma anche un contatto con essenze opposte: la terra e l’aria, il suolo e l’indefinito. Tutto è evidenziato da suoni spesso aperti ma delicati, antichi ma elettronici, sempre armonici ma anche autentici.

Se nei quattro album precedenti l’ispirazione tradizionale era più evidente, quello che i Merope fanno con il quinto – al centro della serata di Roma –  è unire tradizione e strumenti moderni, gioco e sperimentazione. “Vejula”, è infatti una sintesi degli ultimi due dischi – “Naktes”, omaggio all’ancestrale, e “Salos”, registrato con il coro da camera di Vilnius – ma anche un disco sperimentale, un incontro tra filosofie antiche e percezioni contemporanee, tessute insieme come un’opera d’arte composta di pezzi diversi. Si tratta, tra l’altro, del primo album in cui prevale il materiale inedito.

Un mosaico rappresentato anche nella copertina, o un intreccio di fili, che scorre limpido quasi come una ninna nanna antichissima.L’appuntamento è al Mattatoio: da questi Merope colti ma spontanei possiamo aspettarci un rito più che uno spettacolo. Siateci.