Cosa si può dire di Erykah Badu che non sia già stato detto? Probabilmente nulla. Ne è consapevole la stessa Badu, ormai assunta al ruolo di auntie del sistema musicale americano. Potrebbe finire la sua vita senza incidere un solo pezzo o fare un solo concerto (magari solo vendendo incenso dal profumo che cambia le vite degli uomini) e rimarrebbe comunque incastonata nella storia musicale, una gemma irripetibile e luminosissima.
Ha rivoluzionato l’R&B e il nu-soul come il compianto amico D’Angelo, con un impatto se possibile ancor più devastante. Una donna nera americana che si è presa la scena in modo impenitente, mettendosi al centro come e quando voleva: a volte più defilata, a volte sotto i riflettori. Una voce, la sua, di quelle che entrano sotto la pelle e corrono per tutto il corpo facendolo rabbrividire, stampando un sorriso scemo in faccia e avvolgendoci in un’aria di sensualità che non ci fa vedere a un palmo di distanza; tutto con le lacrime sempre pronte a sgorgare per affondi emotivi improvvisi. Una voce unica sul serio, tutta spostata sulle medio alte: plastica, pronta a piegarsi in tutte le direzioni, accartocciarsi su se stessa evocando uno spettro emotivo così ampio che forse dovremmo inventare nuove emozioni per descrivere le sue evoluzioni vocali – e di solito accade il contrario!.
Nonostante tutto questo, Erykah Badu ogni tanto ci benedice ancora con qualche apparizione dal vivo. Quale occasione migliore del compleanno di uno dei suoi album più iconici? Venticinque anni, un quarto di secolo, per quel “Mama’s Gun” che ha scritto una pagina indelebile della musica contemporanea. All’epoca celebrato in modo più tiepido del folgorante e programmatico debutto, “Baduizm”, oggi possiamo dire che forse tra i due la spunta il secondo. Anche solo perché contiene quelli che sono forse i pezzi migliori del suo intero repertorio: “Didn’t Cha Know” e quel capolavoro senza tempo che è “Green Eyes”.
È inutile nascondere che ogni suo concerto sia un po’ una roulette russa. A volte ne esci con le stelle agli occhi, ogni tanto con qualche dubbio di troppo. Insomma, concerti umorali come la sua voce. Ma qui a Roma la “Queen of Neo Soul” “Fat Belly Bella,” “Badoula Oblongata” “Sara Bellum” (giusto per citare qualcuno dei suoi soprannomi) manca addirittura dal 2008. Un’occasione decisamente troppo ghiotta per non andare a rendere omaggio a una delle artiste più influenti degli ultimi tre decenni. E quindi, roulette russa o meno, nessuna paura: impugniamo la “Mama’s Gun” e premiamo felicemente il grilletto.
Written by Giulio Pecci