Non è cosa da tutti i giorni trovare un bel mix di talento, visione e ironia in unico artista. Lo scozzese Liam Shortall con il progetto corto.alto – non serve spiegare l’idea del moniker, vero? – è riuscito in soli due dischi e una manciata di singoli a gestire e rendere in musica le suddette qualità.
Il trombone è il suo strumento elettivo, ma ben presto ha allargato i propri confini diventando polistrumentista, compositore, produttore e chi più ne ha più ne metta. Il punto di partenza del suo viaggo musicale è senza dubbio il jazz ma sovente contaminato con tante altre sonorità: hip-hop, broken beat, electronica, dub e oltre. Con l’esordio “Bad With Names” (2023) si è fatto conoscere nella florida ed eccitante scena new jazz britannica, ma è con il successivo “30/108” (2024) che ha piazzato la zampata vincente.
Più che un disco un manifesto programmatico delle sue possibilità di musicista e arrangiatore, un portale interdimensionale tra buona parte delle versioni immaginabili del suono jazz. Un album caotico e lucidissimo che starebbe alla grande nel catalogo della Brainfeeder o della Ninja Tune, e infatti i suoi ultimi singoli, “Don’t Listen” e “Vandal” sono usciti proprio per l’etichetta londinese. Con corto.alto il già ottimo ed eterogeneo scacchiere musicale scozzese aggiunge un altro elemento di assoluto valore e dalle potenzialità ancora tutte da esplorare. Quest’autunno, per motivi calcistici e musicali, l’asse Roma-Glasgow non poteva essere più caldo e pronto a regalarci profonde emozioni.
Written by Matteo Quinzi