E così anche Linecheck ha superato i dieci anni di vita, una cifra intorno a cui girano diversi festival milanesi di ultima generazione, quelli nati nel decennio dannato degli anni ’10, quando la città si leccava ancora le ferite del tracollo dell’ondata creativa che l’aveva interessata tra i ’90 e i primi anni del nuovo millennio. Poi c’è chi si è rimboccato le maniche ed è ripartito, cambiando strade.
Linecheck esiste da dieci anni eppure forse lo si è sempre dato un po’ per scontato, per via di quella sua natura ibrida, un po’ convegno, un po’ vetrina e un po’ sì, anche festival. Non è mai stato facile incastrarsi in Linecheck, e probabilmente è questo che ne ha plasmato l’identità: un’identità transitoria, in costante aggiustamento, come è naturale che sia già dal suo nome. Si provano i canali: qualcuno va, qualcuno gracchia, qualcuno proprio no, c’è il cavo rotto. Un costante tentativo che guida la ricerca in direzioni sempre più ampie, e l’edizione 2025 sta qui a dimostrare quanto si sia ampliato lo spettro di Linecheck nel corso di un decennio.
Il cuore di quest’edizione è infatti la collisione, l’incontro di traiettorie diverse tra arti, visioni ed esperienze. Nel programma della settimana quindi convivono, ad esempio, i synth cosmici di Kaitlyn Aurelia Smith, il post punk radicale del duo Bono/Burattini con il lo-fi pop delle Feste Antonacci; i bassi dritti in pancia di Sega Bodega o Joy Orbison con le sperimentazioni al violoncello di Lucy Railton e la straordinaria riscrittura sacrilega con cui Niño de Elche sta facendo esplodere di nuove vite il flamenco. A rendere ancora più forte queste collisioni c’è la collaborazione con il contemporaneo festival performativo Farout, il cui programma si riempie di musica grazie alle presenze di OvO, Laura Agnusdei e Katatonic Silentio.
Uno, due, tre, prova.
Written by Filippo Cauz