Dopolavoro

Calici, tazze e tumbler

Di giorno salotti, di notte rifugi: i banconi del quartiere dove la bevuta è d'ordinanza

quartiere MACRO

Written by Nicola Gerundino il 31 May 2022 Aggiornato il 17 June 2022

Le ore piccole qui sono quelle della primissima mattina, ad animare i banconi ci sono le signore in assetto da spesa con le gomme del carrello roventi o i possessori di cartellino in rush da consegna. Sminate le scrivanie e schivati i proiettili-mail dell’ultimo minuto, la questione del bere ritorna preponderante e sono le enoteche stavolta a rispondere alle esigenze etiliche più incipienti. Ci si allunga anche nella notte più scura? Alle volte, in pochi posti e selezionatissimi, dove ci vuole il fegato: in tutti i sensi.

Ci sono bar dove i motori girano sempre al massimo e sono fonti inesauribili di storie e chiacchierate, da quando aprono a quando chiudono

Lungo, corto, macchiato, tazza piccola, tazza grande, vetro. Vapori che sbuffano, piatti e tazze che volano e fanno più cagnara di una formazione impro-noise. La colonna sonora della mattina è questa: ci sono bar dove i motori girano sempre al massimo e sono fonti inesauribili di storie e chiacchierate, da quando aprono a quando chiudono, come i due salotti centenari di via Po, Natalizi e Marziali; altri dove la filosofia è più slow, artigiana e rurale, come da Faro, riferimento assoluto di tutta la città per gli speciality, quelli che quando li assaggi capisci che fino a quel momento la mattina hai bevuto un’altra cosa, magari anche buona, ma non il caffè. Le enoteche sono l’altra metà del cuore beverino del Quartiere MACRO, quella con il grado alcolico un po’ più alto, che mette sale alla circolazione sanguigna. Da dove partire? Anche in questo caso dalla storia di una zona antica, che per una parte si trova dentro le Mura Aureliane. Parliamo di Trimani, che ha da poco spento le duecento candeline: una età abbacinante, così come il suo catalogo di bottiglie in vendita; un nome antico che scalda il cuore, come il suo bancone in legno e marmo.

Il passaggio di testimone generazionale spetta invece a realtà che puntano molto sul biologico e il naturale, come Va Sano, l’enoteca francese di David Bilski che anche sul cibo dice la sua, l’interessante bistrot Spaccio Grosso in via Ancona e infine Il Franco, situato in una particolarissima viuzza pedonale ricavata all’interno di un ex stabilimento industriale della Peroni, dove bere all’aperto è davvero piacevole – per un’alternativa epaticamente sostenibile affidatevi a tè, tisane e succhi del dirimpettaio vegan bistrot Col Cavolo. Assolutamente non da trascurare è Sciccherie, gastronomia ed enoteca che ha ereditato il lunghissimo tavolo interno de La Petrilleria.

Rimangono da esplorare le opzioni per gli assetati di cocktail e birra. Ai primi, il cammino da mostrare è quello che porta da Lime e nel nuovo e ineccepibile Hoxton, ai secondi le spine artigianali di Kombeer, le 33 de Er Box e le pinte notturne e annebbiate del The Cathedral. La carrellata può chiudersi con due istituzioni della vecchia guardia, di quelle che si vorrebbero sempiterne e preservate dai turbamenti del mondo: l’enoteca di Emidio Molinari, con le sue birrette a basso costo e il vino da asporto in formato bitter, e il chiosco di piazza Buenos Aires, perché l’estate ogni anno comunque arriva e il lemoncocco deve starci, senza se e senza ma.

Keep updated!
#havingfunisright

By submitting this form, you agree to accept our Privacy Policy.