La temuta rossa. Non l’armata che forse faceva meno parlare di sé, ma la guida che nel 1898 venne ideata da due fratelli che lavoravano i pneumatici in Francia. Dire Michelin rende tutto più chiaro: salta alla mente il giocondo omino (da qualche tempo più magro, a differenza nostra), le cartine stradali, gli ispettori in incognito e le stelle, ma quelle arrivano dopo. Diffusa gratuitamente tra i primi e pochi automobilisti d’Oltralpe, la Michelin nasce come guida per rendere gli spostamenti di quest’ultimi più confortevoli e sicuri. Niente serate di gala, nessuno sponsor. Stazioni di benzina, di posta, gommisti, fino all’inserimento dei ristoranti. E da guida dei camionisti diventa con gli anni la guida gourmet per eccellenza. Vademecum inappellabile per molti, annuale bagarre priva di fondamento per altri, la Michelin giunge fino ai nostri giorni trascinando dietro se un firmamento di stelle, indirizzi e recensioni che come a Troia accendono discordie più del famoso pomo. “Alla più bella” venne chiesto a Paride. “Al più gourmet” e giù di sgomitate, singolar tenzoni, freddure mediatiche e pianti in mondo visione (vedi alla voce Davide Scabin 2016). Non tutti, sia chiaro. C’è ancora chi fa il suo lavoro in maniera umile, a testa bassa, e soprattutto dietro i fornelli (Contraste con Matias Perdomo). Noi le altre stelle della rossa le avevamo già recensite in tempi non sospetti: D’O’ con Davide Oldani, Il Luogo di Aimo e Nadia con Negrini e Pisani, Il Liberty con Andrea Provenzano, Mudec con Enrico Bartolini, Vun con Andrea Aprea, Ristorante Berton col ristorante omonimo, Tokuyoshi idem, Iyo con Michele Biassoni, Roberto Conti del Trussardi, Innocenti Evasioni con Eros Picco e Tommaso Arrigoni, Pietro Leemann con il Joia, Antonio Guida con Seta. Ma se le stelle stanno in cielo la Michelin dove si colloca e a chi si rivolge? Ma soprattutto, la gente – quella a cui parlava in maniera pragmatica nei primi anni – dove va a mangiare? E qui entriamo in gioco noi, un po’ goliardici e sicuramente senza prenderci sul serio, che alla guida dei gommisti rispondiamo con la guida dei cittadini. Qui le nostre stelle per tornare a mangiare con i piedi per terra, per non spendere 180 euro, per non far finta di sapere come roteare il bicchiere e per prendersi la libertà di mangiare con i gomiti sul tavolo. Una selezione di posti che non vive solo di interviste e shoot fotografici, qui le divise non sono intonse e gli sponsor non così evidenti. Ci immaginiamo in giro per Milano con la nostra Seicento ed ecco dove fermarci per mangiare come omino Michelin comanda.