Sono invitato da un noto marchio di automobili, tra l’altro inglesi, le mie preferite, il che mi rende ancor di più di buon umore. Non sono certo le occasioni migliori per provare un ristorante, eppure siamo curiosi di provare il nuovo locale di Filippo La Mantia, cuoco molto televisivo e dunque celebrato, palermitano, un passato da reporter, un arresto ingiusto, due anni in prigione e una storia per la quale si sono stati già versati fiumi di inchiostro. E poi il menu della serata è curato come quello di ogni giorno, alcuni piatti sono persino gli stessi: per cui, perché no?
Siamo in quello che fino a qualche tempo fa era il ristorante di Dolce & Gabbana. Per fortuna è stato un po’ ripulito, l’oro è quasi scomparso anche se lo stile è quello ricorrente: design etno minimal.
Abbiamo una grande tavola in fondo: la sala è bella e la tavola ovale un po’ d’altri tempi. Soprattutto ci piace il Moscow Mule che viene servito con grande generosità come aperitivo. Certo non è come quello del KD, eppure non possiamo lamentarci. Nel frattempo do un’occhiata ai prezzi del menu: gli antipasti costano 18 €, i primi 22, i secondi 28/30, le frittate 15.
Ci servono una caponata di melanzane: la specialità dello chef. Mi ricordano la nonna. Adoravo la sua caponata: grazie a lei, che abitava a fianco dello stadio di Como, sono diventato tifoso degli azzurri e per un certo periodo anche un ultrà appassionato di sassaiole contro atalantini e veronesi. Ora che la mia squadra è precipitata in Lega Pro, posso disinteressarmi al calcio e dedicarmi alla mia più grande passione: corteggiare il mio amoreamaro, una ragazza che viene proprio da Verona.
Secondo lei la caponata è troppo dolce e non ho motivo di dubitare di qualunque cosa che dica. La pasta invece è ottima anche se devo dire che, al di là della presentazione, mi ricorda un piatto da osteria. Eppure si chiama sedanino con il pesto di lime, zenzero, pomodorino e il ragù è di pesce spatola. Forse il segreto di La Mantia è proprio questo: cucinare piatti genuini come quelli che preparava per i suoi compagni di cella all’Ucciardone.
Nonostante la moquette, il locale è troppo rumoroso: è uno dei miei punti fermi, amo la musica e dunque anche il silenzio. Forse c’è troppo vetro: va bene la cucina a vista, ma troppa trasparenza a volte fa venire mal di testa.
Alla mia destra c’è Pino, artista, esteta, creativo. In realtà non ho mai capito che mestiere faccia, però mi colpisce con una frase lapidaria: “l’ha ripulito dagli orrori di D&G”. Ovviamente è una battuta. Ridiamo. Al centro della nostra tavola ci sono delle ceramiche anche carine, ci piacciono pure le statuine di porcellana. Il mio amoreamaro va in bagno e torna con una recensione della recessione: difficile da trovare, tutto di specchi, dorato, la porta è molto pesante.
Pino apprezza molto la sala fumatori: è al piano terra, ancora decorata un po’ come in precedenza. Ci sono tante fotografie della Sicilia, soprattutto le Eolie. Ho nostalgia del mio agosto a Ginostra.
Lo chef viene a salutarci. Ha un tatuaggio sul braccio destro. Vorrei scoprirgli la manica. Sembra una Trinacria. Chissà. Ci facciamo due risate. È davvero simpatico. Ho voglia di tornarci un’altra sera, per provare alcune specialità che mi racconta. Qui c’è molto più di una storia personale.
L’incontro casuale tra gli stellati a un evento qualche giorno dopo la recensione: Filippo La Mantia e il redattore dell’articolo Corrado Beldì
Prosegue la degustazione di vini, molto ben legate ai sapori. Per dolce ci servono una spuma soffice caramellata con amarene e gelato vaniglia. Per me, che non amo il dolce, è una vera leccornia: mi piace molto il misto di consistenze. La Mantia la decora con un pugno di pillole di meringa. Esiste qualcosa di più dolce?
Mi faccio due passi, il locale è ben frequentato. Ottimi i bambù dipinti di nero alle pareti. Alcune foto di attori evidenziano una certa passione per il cinema. La serata è senza dubbio ben riuscita: il mio amoreamaro è resistito a due ore in mia compagnia.
Non posso valutare il rapporto qualità/prezzo perché il conto è stato pagato dal nostro ospite. Gli inglesi sono sempre i miei preferiti…