Bicchierino è una delle new entries di quest’anno. In poche parole ve lo descriveremmo così: austero, caldo da chiacchiera. Poi diremmo che ci sono ottimi vini e ottimi piatti, come potete vedere dal pesce splendente in foto qui sotto. Poi che c’è bella gente, di quella che puntualmente si conosce. Che è grande quel tanto che basta, più di altri e non quanto altri, e che il locale è spoglio quanto basta, tanto che ci viene quasi il sospetto che qualcuno abbia studiato l’architettura amando oltre dismisura la giustezza di quel burbero calvinista, puritano e asettico di Adolf Loos, cresciuto a pane e segatura, e noto al mondo come pioniere dell’architettura moderna e acerrimo nemico dell’ornamento. Loos avrebbe amato Bicchierino, con le sue lunghe tavolate di legno e piccoli tavoli di legno, legno e ancora legno e alluminio e pareti bianche luci calde, nonché piastrelle bianche e lucide che ai discendenti della provincia potrebbero ricordare l’ambiente del macellaio, il signor Ticcoli, offrendo così quell’ottimo calore umano della familiarità che rende irresistibile questo o quel luogo.
Bicchierino è quel che si dice quando si vuol bere giusto una cosa, ma quel cicinin diventa puntualmente una damigiana in un lasso di tempo spaventosamente breve (come diceva il nonno, soltanto gli alcolizzati bevono i bicchierini). Ci conosciamo, cari amici, ed è inutile negare i nostri splendidi vizi e l’esuberante formazione che ne deriva.
Evviva Bicchierino dunque, ultima espressione di quel genere di locali che siamo certi conquisteranno Milano nel giro di pochi anni, perché è dai bar che si vede muoversi la città: locali aperti da teste pensanti a cui occorre (a) uno spazio pensoso, (b) uno spazio d’incontro, (c) quel piacere familiare da tavolata e vino. Insomma, qui passa l’editoria dei branded e dei longformer, editor di qui e di là, redazioni, moda, artiste e artisti, curatori, producer, tutti ma proprio tutti a prendere un bicchierino da Bicchierino.