C’era una volta il ristorante e pizzeria Officina 12, e c’è ancora. Solo al suo interno ora c’è anche Gino, cocktail bar che punta tutto sul gin («Se non amate il gin faremo di tutto per convincervi» c’è scritto sul menu). Se siete interessati a sapere di più sulla nascita del locale vi rimandiamo all’intervista che abbiamo fatto coi proprietari, qui ci limitiamo a raccontarvi la nostra serata. Entriamo decisi e come sempre ci sediamo al bancone. Subito il barman ci porge la drink list, mostrandosi disponibile eventualmente a consigliarci. La spulciamo ben bene e ci piace: si comincia con la definizione del gin, la sua storia e produzione, le tipologie e il significato di botanical; nozioni sempre utili e non così scontate come si potrebbe pensare. C’è una lista di cocktail (indovinate a base di cosa), anche se a farla da padrone sono i gin tonic, componibili a piacere a seconda del gusto e del portafoglio. Si parte dalla scelta di una delle cinque toniche (da 1 a 3 € il costo), poi il pezzo forte: un elenco di oltre 40 etichette fisse e alcune in rotazione (da 6 a 8 €). Il meglio al mondo secondo Gino (“qui siamo tutti Gino” ci dice il barman quando gli chiediamo chi sia questo Gino”), e come dargli torto (a entrambe le cose, si intende). I consigli del barman si rivelano azzeccati, e così è facile perdersi in discorsi sul gin estratto a freddo e la tonica prodotta con chinino peruviano raccolto a 1724 metri d’altezza; chiacchiere che annoiano subito le nostre amiche, che ritroviamo nel bel cortile di Gino (a differenza della maggior parte dei locali sui Navigli, qui “il fuori” è interno) a commentare gli abbinamenti tra gin e cucina.
Simone Muzza