Cartelloni pubblicitari coperti da un velo bianco a sorvegliare strade e piazze deserte nella Milano del primo lockdown: la serie “The missing piece” di Giovanni Hänninen è fotografia d’architettura e reportage socio–urbanistico, in una perfetta identificazione del momento.
Quasi un anno dopo, Milano è meno silenziosa ma comunque ferita, sottodimensionata e svuotata, di persone, di cose. Ancora una volta ce ne accorgiamo dai cartelloni pubblicitari. Molti sono ancora muti, specie lungo le giunture periferiche, i palazzi del calcio, dei concerti, sul dorso dei grandi edifici in ristrutturazione. Fortuna (per i concessionari e le agenzie media) che, tra regione e comune, si sono imbastite in fretta e furia campagne sociali, con una pletora di manifesti che sono andati a coprire gli spazi vuoti.
La piattaforma ospita una serie di contributi commissionati, a cura di 2050+ e Slam Jam, di urbanisti, architetti, designer, futurologi che con la loro pratica hanno lavorato a modi sperimentali per interagire con il tessuto cittadino
Così dopo la messaggistica sul distanziamento sociale, quella sul protocollo da uso dei monopattini e altre ovvietà, ecco spuntare un diluvio di cartelloni corredati di un enigmatico “Milano Mix – La Transizione ambientale”. Si potrebbe relegare il fenomeno al capitolo “Come non fare comunicazione”, se solo non fossimo geneticamente curiosi di saperne di più. Andiamo quindi sul sito del comune e scopriamo che Milano, approvando un “Piano Aria Clima” si è prefissata di raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea sulla neutralità carbonica. Il “Mix” che Milano mette in campo “punta sullo sviluppo tecnologico e digitale, energia, food policy, politiche sociali e rigenerazione urbana”, eccetera eccetera. I dubbi rimangono, la confusione è tanta: come si interagisce, di cosa stiamo parlando, ma soprattutto a chi?
Fortuna che, rinunciando all’autoreferenzialità a senso unico, qualcosa si muove a livello privato. Come la nuova piattaforma Circle, un laboratorio di idee (io sono affezionato alla parola “pensatoio”, non so voi) che vuole provocare un dibattito intorno a quattro elementi fondanti, e in transizione, dello sviluppo metropolitano: persone, salute, verde e rifiuti, in una discussione basata sul multiculturalismo e l’inclusività che risponda alla domanda: “Com’è fatto un futuro migliore?”
La piattaforma ospita una serie di contributi commissionati (ma anche spontanei, dove tutti possono partecipare), a cura di 2050+ e Slam Jam, di urbanisti, architetti, designer, futurologi che con la loro pratica hanno lavorato a modi sperimentali per interagire con il tessuto cittadino, con la sua comunità, il terreno, il lavoro, il tempo libero. Il sito è il punto di partenza dell’intero progetto. É anche un’esperienza democratica e formativa: cliccando sul titolo delle varie sessioni si apre un flusso di link a riviste specifiche, contributi artistici, animazioni digitali e curiosità varie: da starci qualche ora, e se hai voglia puoi dire la tua.