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Come sarà un collettivo?

Eventi e luoghi che faranno le città: il futuro, capitolo 1

Written by La redazione il 5 May 2020
Aggiornato il 11 May 2020

Quante volte siamo partiti DA ZERO?
Quante volte eravamo lì, abbiamo visto cambiare tutto ma ce ne siamo resi conto solo dopo, come se fosse successo per magia? Qual è il segreto?

Zero riparte dalla città, in un viaggio avanti e indietro sulla linea del tempo. Dagli ultimi 30 anni del passato, da cui sembriamo lontanissimi e da cui prendere il meglio. Dal presente in cui è impossibile andare avanti, è impossibile tornare indietro, in cui siamo immobili e soffriamo. Dal futuro che pretende immaginazione.

Forse, prima ancora di immaginarsi come sarà un collettivo, bisognerebbe dire che dal collettivo bisognerà ripartire per necessità di cose. Perché una lezione che abbiamo capito in questi due mesi di lockdown è che la prospettiva di una vita solitaria – rinchiusi tra le mura di casa e con un’interfaccia digitale a fare da finestra sul resto della socialità – non è desiderabile né desiderata da nessuno, con buona pace della retorica del disagio e della sociopatia che tanto aveva preso piede.

Perché, nota dolentissima, da questa faccenda usciremo a pezzi da un punto di vista economico: privati a secco da mesi, lavoratori in cassa integrazione, persone che si ritroveranno senza un lavoro nel giro di pochi mesi e dovranno cominciare una nuova vita. Essere insieme e unire le forze sarà quindi una conditio sine qua non per ripartire e riconquistare socialità, cultura e divertimento.

Macao, Milano – Photo Credits: Silvia Violante Rouge

Un collettivo dovrà relazionarsi a una città nuova: impaurita, impoverita, svuotata – in quanti tornanti al proprio domicilio o al proprio luogo d’origine faranno di nuovo le valigie per ritornare tra i palazzi? – dalle maglie larghe e distanti ma che, al tempo stesso, avrà voglia di ricominciare, di ritrovarsi, di recuperare tutto il tempo passato a casa a costo di non andare a dormire per giorni interi.

Un collettivo dovrà riprendere spazi che sono stati dimenticati o che saranno svuotati da un’economia inceppata, che dovrà nel frattempo ripensare al suo significato. Dovrà liberare porzioni di città che il pubblico non intercetterà mai e che il privato potrebbe assorbire a prezzi di svendita, riproducendo pericolosamente le stesse logiche che ci hanno portato alla situazione attuale, magari accelerando per recuperare il terreno perso. Dovrà muoversi più agilmente di un settore pubblico che avrà a disposizione ingenti quantità di denaro ma che si perderà – come da costume italiano – in lungaggini e logiche di bando che con difficoltà riescono a intercettare le realtà più vive e dinamiche della città.

Forte Prenestino, Roma

Dovrà occupare? Forse sarà inevitabile, perché in un momento in cui la tendenza è quella a decomprimere non saranno più accettabili gli spazi vuoti. Ma preferiremmo, appunto, parlare di spazi liberati e non più occupati: liberati dalla burocrazia che li vuole tenere chiusi piuttosto che donarli alla collettività, liberati dall’abbandono e dal degrado che spesso fanno gioco alle speculazioni politiche, liberati da un passato nel quale “occupazione” era sinonimo di illegalità e non fonte di nuovo valore sociale.

In una società virtualizzata, un collettivo dovrà essere in grado di trovare la giusta sintesi col reale, riprodursi senza interruzioni e lockdown che possano fermarlo, aprire e chiudere senza traumi, accogliere il prossimo cigno nero senza erigere barricate, andare oltre l’ostacolo piuttosto che resistergli.

2000_Bologna _ Culture Giovanili _ Centro Sociale : Link Via Fioravanti sede storica
nella foto : esterni del Link
Foto Gianluca Perticoni / Eikon

Un collettivo sarà: un ecosistema relazionale che si nutrirà della compresenza dei corpi.

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