Praticamente un miraggio, ma invece che nel deserto in una valle nel Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini (e quindi a un centinaio di chilometri da Roma). Se quella del 2020 verrà ricordata come l’estate più silenziosa di sempre, quella con pochissimi concerti e giusto qualche festival sparuto per l’Italia, rivisto e rimodulato inevitabilmente “al ribasso”, l’idea di immaginare una piccola fuga/vacanza fuori dalla città ma non per questo senza suoni e senza condivisione di esperienze nuove e collettive, non è totalmente irrealizzabile. Non per Meletao, il festival che per la sua specifica vocazione di laboratorio all’aperto, immerso in una dimensione naturalistica magica e un po’ fuori dal mondo, a misura d’uomo e nel rispetto degli equilibri reciproci, diventa una concreta opportunità per sperimentare modalità di ascolto e di partecipazione a un “evento” in linea con le limitazioni (e le potenziali opportunità) nell’anno dell’emergenza sanitaria, economica e pure culturale.
Alla terza edizione, Meletao Festival è un’esperienza/dimensione possibile perché nata da una necessità di armonia, di equilibrio, ma anche di azione concreta, «dalla spontanea necessità di prendersi cura della natura, della salute e della cultura, attraverso azioni pratiche, incontri, scambi…» che nella sua essenzialità rispettano e rispecchiano le esigenze sostenibili dell’essere umano (pure in tempi di crisi), lontano dal caos della città ma anche di eventi di maggiore portata. Una ricerca del potere terapeutico della natura e della sua biodiversità, anche in sinergia con l’arte e nel mezzo di un contesto idilliaco e rilassante. E quindi con workshop che vanno dall’agricoltura sinergica a laboratori di danza e cesteria, dalla produzione della birra allo studio delle piante, lezioni di yoga e inedite dimensioni di ascolto e talk, la possibilità di escursioni e di trattamenti ayurvedici, ma anche concerti, dj set e performance di visual art.
Una linea che unisce un concept volto al «prendersi cura, studiare, meditare e mettere in pratica» con la scena di Roma Est (in line up, tra gli altri, Trans Upper Egypt, WOW, Maria Violenza, Giulio Maresca e i flussi sonori di Tropicantesimo, Bagno di Suono e Ipologica), che dilata e deforma la propria (condi)visione dal contesto urbano del Fanfulla 5/a agli spazi aperti e verdi di un Parco Naturale. «Meletao nasce proprio dalle nascite», racconta Diego Labonia, light designer e co-fondatore del festival insieme a alla fitoterapeuta Xilef Welner, «dall’esperienza di anni di assistenza alle nascite, e di tanti modi diversi di nascere, e dalla testimonianza della potenza della Natura, anche attraverso l’uso delle piante per la cura. Meletao prende forma anche dall’esigenza di far vivere la valle con un festival che avesse attività attente al benessere della persona, al diretto contatto con la Natura e alla volontà di far vivere l’atto artistico sia da parte dell’artista sia da parte del pubblico, con un confronto diretto. Una sorta di esperimento, uno scambio osmotico che permetta a natura ed arte di amplificarsi a vicenda. Molti non sanno che 87% (dato OMS) della popolazione mondiale si cura unicamente con terapie che arrivano direttamente dalla natura, questo perché? Perché la natura è a disposizione di tutti, è generosa se solo gli diamo un po di attenzione, e ha tutto quello di cui noi abbiamo bisogno; e poi è un salva vita per molti, in particolare per chi non ha una buona economia, per chi abita in posti remoti. Nella nostra società abbiamo perso molto di questa nostra conoscenza, e quindi la consapevolezza della nostra abilità di guarigione, e le vaste e varie possibilità di mezzi di cura. Non c’è un’unica soluzione, non c’è un’unica cura, come oggi ci vogliono far credere. Meletao nasce proprio per questa convinzione: del diritto di scelta e a sostegno della biodiversità di ognuno di noi. Le parole sono importanti, ma (far) l’esperienza di più. Quindi il Meletao Festival è una sinergia concentrata di espressione di quello che ci fa vibrare, vivere, sognare».
Il punto di forza di quest’anno è sicuramente il solo fatto di esistere come opportunità, la grandiosità dell’entusiasmo di volersi ritrovare insieme lì
Una sinergia che in tempi di potenziale deserto culturale, isolamento e incertezze come quello attuale, ha un valore ancora più forte e importante. «La carica per cambiare e ricominciare passa dalla sconfitta della paura e del pessimismo» continua Diego. «Le persone devono tornare a vivere uscendo di casa, e noi dobbiamo dargliene l’occasione. Questo è stato un periodo di privazione, dove molte persone hanno potuto far esperienza della chiusura in cui viviamo: questo ha portato a una rivalutazione di quanto sia importante poter uscire, stare nella natura, respirare l’aria fresca e stare al sole. Cose semplici, ma potenti. Il punto di forza di quest’anno è sicuramente il solo fatto di esistere come opportunità, la grandiosità dell’entusiasmo di volersi ritrovare insieme lì, godere insieme di tutto quello che ci è cosi tanto mancato in questo surreale viaggio degli ultimi mesi. Sicuramente la collaborazione con il festival Shawala è importante e sarà interessante vedere come i partecipanti reagiranno alle proposte musicali: finalmente poi siamo riusciti a portare Hugo Sanchez e la sua crew di Tropicantesimo, non vediamo l’ora di sentire che approccio avranno con la vallata. Tutti i terapeuti sono dei professionisti, alcuni sono stati confermati dallo scorso anno e altri se ne sono aggiunti per questa edizione».
Il consiglio è di arrivare per tempo per ambientarsi, per conoscere il luogo, e per dare il tempo ai sensi di essere stravolti e rimessi in linea dalla natura. QUI TUTTO IL PROGRAMMA.