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Guida ai chioschi di Milano aka oasi urbane di salvezza

Brutalmente fuori, il chiosco milanese accetta tutti: cani, bambini e zanzare. È l’ultima spiaggia in una città svenduta all’industria dei climatizzatori.

Written by Ario Mezzolani il 26 June 2025

Ci sono momenti in cui Milano non si sopporta. Quando l’aria è ferma, il cemento cuoce, e ovunque ti giri sembra che qualcuno stia cercando di venderti qualcosa: un tavolo, un’esperienza, una storia da condividere. E invece no, grazie. Voglio solo stare fermo, possibilmente all’ombra, possibilmente con un bicchiere in mano e nessuno che mi chieda come va.

A Milano, il primo vero segnale dell’estate non è il termometro, né i sandali col calzino. È il chiosco che si risveglia. Un giorno è lì, triste e solingo, e il giorno dopo ha già tirato su le serrande e infilato un sacco di sedie colorate in mezzo al nulla. Non lo annunciano, non lo promuovono. Semplicemente: riappaiono.

Il chiosco milanese non è una scelta, è una resa. All’afa, alla voglia di niente, al desiderio disperato di avere un altrove a basso costo. È l’ultima spiaggia possibile in una città che ha bandito i cortili e ridotto la socialità ad un fatto da interni con climatizzatore. Il chiosco, invece, è brutalmente fuori. E accetta tutto: cani, bambini, schiamazzi, zanzare, dialoghi urlati sulla politica internazionale e partite di Uno terminate in rissa.

Il chiosco non ti intrattiene: ti lascia stare. Ti smuove quella vena da osservatore attento che ti fa girare film mentali che manco Fellini.

Il suo pregio non è la qualità, ma l’inerzia. La sensazione precisa di non dover fare niente per essere parte del paesaggio. Ordini qualcosa con poca convinzione, ti arriva con ancora meno cura, eppure resta appagante. Forse per contrasto. Forse per stanchezza. O forse perché al chiosco, la scala dei valori si resetta: non conta quanto costa, ma quanto ti fa restare.

Ed è lì che accadono cose. Piccole, insignificanti, fondamentali. Una coppia che litiga e fa pace sotto un tiglio. Un tizio che beve da solo e ride leggendo un messaggio. Un gruppo che arriva per caso e resta per ore, come invecchiato improvvisamente. Il chiosco non ti intrattiene: ti lascia stare. Ti smuove quella vena da osservatore attento che ti fa girare film mentali che manco Fellini.

Abbiamo mappato quelli che ci piacciono, come già fatto in passato in questa guida e in quest’altra. Stavolta, però, non ci ha guidato quello che offrono, ma quello che non chiedono. Non sono posti da consigliare: ci si finisce, e ci si resta. Se entri nella loro orbita, diventano centri di gravità permanente. Perché a volte il massimo è un tavolo traballante, un panino qualsiasi e la libertà di non dover dimostrare niente a nessuno. Una tregua silenziosa dalla Milano che ribolle, per chi vuole solo un po’ d’ombra senza dare spiegazioni.

 

Situato in piazza Andrea Fusina, questo chiosco è un’istituzione per i nottambuli milanesi. Offre panini abbondanti come il “Completo”, con salamella, porchetta e una varietà di salse fatte in casa. La gestione è familiare e l’atmosfera è autentica e accogliente. È aperto fino alle 6 del mattino nei fine settimana.


Situato in piazza Castello, questo chiosco offre panini dedicati a calciatori famosi e squadre di calcio. È molto frequentato, con tavolini all’aperto e maxischermo per le partite. I panini partono da 6 euro.

Il nome è ironico. Qui i panini sono semplici, enormi, unti al punto giusto. Il pubblico è vario: studenti, tassisti, padri che aspettano figli al calcetto. Lo abbiamo scelto perché è tutto tranne che una boutique, ma il nome è una dichiarazione di poetica.

Non c’è niente di più universitario di questo chiosco: sedie di plastica, birrette, panini con la cotoletta, gente che finge di studiare.

Non è dedicato ad Enrico. In mezzo alle Cinque Vie, il Chiosco Mentana è quieto, un po’ nascosto, che ti salva il pranzo se lavori in centro. Colpa di quella statuona che fa sembrare la piazza un po’ Parigi, la sera chiosco Mentana diventa decisamente fancy.

Un vecchio tram ATM parcheggiato e convertito in bar. Un 1928 che ora serve Negroni, panini e la miglior aria condizionata naturale: la corrente d’aria delle 19.

Il chiosco del Naviglio dove finisci quando tutto il resto è pieno. Ma poi scopri che qui si sta meglio: tavolini sotto gli alberi, gente rilassata, birre a poco.


Un chiosco per chi aspetta, per chi lavora, per chi non ha tempo. Panini base, caffè, granite. Gente vera, facce stanche.


Murales di Diego, Peroni ghiacciata, panini con salsiccia e friarielli. Ogni tanto parte il karaoke, altre volte ci si limita a cantare in coro senza microfono. Nessuno ha fretta. Lo abbiamo scelto perché qui si sente ancora l’eco di Maradona, della Napoli popolare, e dei Navigli prima dei dehors bianchi e delle hostess con il menu plastificato.