Mentre lì su, in testa alle classifiche radiofoniche e dei servizi di streaming, sulle home dei siti che contano, fra i trend di Instagram e sulle copertine dei magazine patinati, i tormentoni e le “next big thing” durano il tempo di una scrollata al cesso e la possibilità di distinguere il clone che è venuto prima da quello che verrà dopo richiede l’impiego di tutti i neuroni a nostra disposizione, lì giù, nel lurido underground, qualcuno riesce a portare avanti movimenti culturali con l’ambizione di resistere al passare del tempo. Addirittura a creare scene e reinventare generi musicali con ampie connessioni tra passato e futuro, senza che queste si trasformino in rifiuto tossico (!) a fine stagione.
Qualcuno con qualche anno alle spalle la chiamerebbe “controcultura”, ma il fatto che ci siano di mezzo concetti come il punk e il Do It Yourself non deve farvi pensare che qui si stia parlando di chitarre (GIAMMAI). La chiptune music ha radici profonde negli Ottanta: il punk come attitudine, la rivoluzione tecnologica ma anche la reazione al consumismo, i concerti negli spazi occupati; ma pure una velocità di pensiero dilagante e geograficamente trasversale, “globalizzata”, con la tendenza a spingere i confini della musica sempre un po’ oltre il prevedibile e il gusto di massa, qualcosa che non fosse per il retrogusto vintage di parte della strumentazione potremmo chiamare “avanguardia”.
Un movimento che annovera numerose scene più o meno sommerse in tutto il mondo, e che a Milano trova espressione nella serie di appuntamenti Milano Chiptune Underground, che quest’anno spegne la sua quinta candelina ma che agita informalmente l’underground milanese e italiano da quasi due lustri. In occasione del nono e ricco appuntamento a Macao il 21 settembre, tra strobo, macchina del fumo e stage diving ci siamo fatti guidare attraverso i meandri della chiptune da colui che, assieme al compagno di scorribande Arottenbit, cavalca l’onda quadra dell’8 bit da ormai 10 anni, Fabio Bortolotti in arte Kenobit (da pronunciare come il Kenobi “Obi-Wan” di Guerre stellari).
CHIPTUNE MUSIC: LA GENESI, COS’È E DOVE NASCE
«Chiptune significa più o meno “musica suonata con i chip”, con riferimento ai chip audio che facevano cantare/starnazzare i videogiochi e i computer dell’era a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, prima dell’avvento di CD-ROM e della prima PlayStation. C’è chi la chiama micromusic, chi musica a 8 bit (nome sfizioso ma non del tutto corretto), ma la sostanza è la stessa. La chiptune è un movimento che recupera vecchi computer e console, come Commodore 64 e Game Boy, e li mette al servizio della musica elettronica, esplorando gli angusti limiti dell’hardware e spingendolo in direzioni radicalmente diverse da quelle dei compositori delle colonne sonore dei videogiochi dell’epoca. Per quanto il movimento attuale non sia legato direttamente ai videogiochi, le origini della chiptune affondano le radici in uno dei sentimenti più antichi del mondo: la voglia di giocare gratis».
GLI INIZI DELLA CHIPTUNE IN ITALIA
«In Italia, ai tempi, c’erano tre headquarter, a Bologna, Milano e Roma. Era una scena sperimentale, di avanguardia, che spingeva i chip audio delle vecchie macchine verso i territori della techno, dell’IDM, della drum’n’bass. Ricordiamo il primo party a 8 bit italiano, organizzato dai Micropupazzo nel 2001, ma anche i primi concerti al Cox 18 di Milano organizzati da Tonylight e Pablito el Drito. Era la nascita di una scena dallo spirito punk, nell’attitudine e nelle modalità. Un atto di ribellione contro il consumismo, ma anche contro la tendenza elitaria della musica elettronica. Chi ha bisogno di uno studio di registrazione da decine di migliaia di euro, quando con una ventina di euro si può comprare un Game Boy su Ebay?».
Era la nascita di una scena dallo spirito punk, nell’attitudine e nelle modalità. Un atto di ribellione contro il consumismo, ma anche contro la tendenza elitaria della musica elettronica
LE AFFINITÀ COL PUNK
«L’analogia con la storia del punk è tale che Malcolm McLaren, eminenza neanche troppo grigia dei Sex Pistols, scopre il movimento della micromusic e organizza un leggendario e bizzarro evento a Firenze), invitando alcuni dei musicisti e dei VJ più attivi della scena dei tempi. E poi c’è più in generale l’affinità con il DIY e la cultura delle cassette. Nei primi Ottanta, infatti, la legge sul diritto d’autore non era ancora pronta a gestire le zone grigie del copyright digitale. La pirateria informatica era ovunque: le cassette e i floppy dei giochi venivano copiati e passati tra i banchi delle scuole, e a volte venivano pure rivenduti, legalmente, senza che gli autori ricevessero una lira. Nacque così la protezione da copia: gli sviluppatori inserivano dei blocchi nei loro giochi, nella vana speranza di arginare il fenomeno. Il risultato fu la nascita e la crescita esponenziale della scena del “cracking”, volta appunto allo sviluppo dei crack necessari ad aggirare le suddette protezioni».
I “CRACKER” E IL PRE DUEMILA
«I cracker erano giovanissimi programmatori con una sana voglia di fare casino e di farsi conoscere. Per questo, quando usciva un gioco tanto atteso, tutti facevano a gara a crackarlo per primi e, per celebrare il loro successo, firmavano la loro opera come dei cyberarsenici Lupin. Prima dell’avvio del gioco partiva la crack intro, spesso abbreviata come “cracktro”: era una schermata con musica e scritte appariscenti, con la firma del gruppo di cracker e i saluti alla scena. Era un vero e proprio underground che si agitava nel sottobosco europeo, comunicando con modem e telefoni sulle BBS dell’epoca, prima della nascita di Internet. Presto l’atto di crackare i videogiochi divenne banale, e la gara si spostò non più sulla rapidità della release, ma sulla raffinatezza della cracktro. Chi riusciva a muovere il campo stellare più numeroso? Chi aveva le musiche più belle? Chi riusciva a implementare più poligoni? La competizione si spostò così tanto da lasciarsi alle spalle la pirateria. La sfida era sfruttare al massimo l’hardware delle macchine, scrivendo intro fine a se stesse ma spettacolari dal punto di vista audiovisivo. Era la nascita della Demoscene, un movimento ancora attivo e che meriterebbe una storia tutta sua. Gli scener mantennero vivo il sound delle cracktro e dei chip anche dopo il 1994, fatidico anno di uscita della PlayStation. In “Wipeout”, grazie al CD-ROM, si sfrecciava su bolidi futuristici ascoltando i Chemical Brothers, e all’improvviso il suono dei chip a 8 e 16 bit sembrava preistorico. Mentre le mode e il progresso li accantonavano, la Demoscene continuava a sfruttarli, ad amarli, a scoprirne nuove caratteristiche».
COME SI EVOLVE “LA SCENA”
«Fast forward ai primi Duemila: l’evoluzione dell’hardware è velocissima, la musica su CD viene data per scontata e quel sound “obsoleto” inizia avere il fascino del vintage. Nascono Nanoloop e LSDJ, due programmi che permettono di fare musica con un Game Boy, scritti da due personaggi attivi nella Demoscene. È la scintilla di un nuovo movimento. Il suono dei chip si svincola dai demoparty e trova una nuova casa nei club, negli squat, nei circoletti. Nasce Micromusic.net, punto di riferimento su Internet di un underground che iniziava ad avere degli “headquarter” in tutti i Continenti».
I “GUERRIERI” ITALICI E GLI SPAZI COINVOLTI A MILANO
«Da allora la scena si è arricchita con nuove figure in Italia e nel mondo, dando vita a una vera e propria rete internazionale. Dopo essere stati i giovincelli invitati a suonare ai primi party 8 bit milanesi, con Arottenbit prendiamo il testimone e organizziamo Milano Chiptune Underground. La prima edizione si è svolta nel 2014 nello scantinato di Casa Occupata Gorizia, con un obiettivo chiaro: allontanarsi dall’immaginario 8 bit legato al passato ludico delle console, sottolineando l’aspetto politico/ambientalista dell’andare contro l’obsolescenza programmata. Il risultato fu eccezionale: buio, macchina del fumo, strobo, centro persone schiacciate, fuori la pioggia e un goto80 dalla Svezia che seminava il panico con un Commodore 64. La serata fu un successo e il seguito dell’evento è cresciuto rapidamente, fino a non poter più essere contenuto in quel piccolo centro sociale sui Navigli».
MACAO E LE “CELEBRAZIONI” DEL 21 SETTEMBRE
«Il passaggio a Macao è stata una scelta dettata non solo dall’esigenza di uno spazio più capiente, ma dalla voglia di un luogo amico della sperimentazione musicale, che richiamasse un pubblico capace di cogliere e apprendere il messaggio di MCU. Questo 21 settembre si terrà la nona edizione di Milano Chiptune Underground, come sempre con una line up che raccoglie gli act più interessanti del panorama internazionale. Boaconstructor da Seattle, i Cymba (supergruppo formato da due figure storiche della scena, il francese JDDJ3J e l’inglese Henry Homesweet) e Dot.AY dall’Australia saranno accompagnati dalla crew di MCU (Arottenbit, Kenobit, Pablito el Drito e Tonylight) e da altre figure dell’underground italico, come 0r4 e ianO. Alle visual, Murda Sam e Nazzilla (il primo VJ italiano della scena 8 bit, attivo sin dai tempi dei primissimi party). Si tratta senza dubbio della lineup più ambiziosa della storia di MCU, sia per la quantità di artisti internazionali, sia per l’audacia dell’offerta musicale, più oscura e ruvida che mai. Una serata senza compromessi».