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Hyperlocal Talks

Il primo appuntamento del programma 2024 di Hyperlocal: tre conversazioni attorno a tre quartieri e tre scene nelle quali si riconfigura l’idea di località

Written by Piergiorgio Caserini il 17 May 2024
Aggiornato il 24 May 2024

Il primo appuntamento del programma 2024 di Hyperlocal vede un palinsesto di tre conversazioni, tutte attorno a luoghi specifici, scene artistiche e musicali, e storie fondative per quartieri e comunità, sabato 25 maggio nello spazio CUORE in Triennale Milano, dalle 15 alle 19.

Hyperlocal è una piattaforma che da quattro anni si occupa di raccontare le comunità locali e le scene culturali e artistiche di riferimento rispetto ai rapporti che intrattengono con quartieri e territori specifici di città italiane e internazionali. Hyperlocal si muove per geografie frastagliate, dove la configurazione dei luoghi è da rintracciarsi tra i bandoli che riportano una località al globo. Da raccontarsi nei simboli, nelle parole e nelle espressioni con cui una comunità rintraccia i suoi orizzonti, disegnando dunque i suoi spazi, i suoi riferimenti, le sue orientazioni.

Crediamo allora che la nozione di località sia un’inflessione di mondi. Che ogni circoscrizione sia prima di tutto una circostanza: serie di spazi contigui o distanti che convergono nelle posture di sguardo peculiari a una comunità, espresse dalle scene culturali, dall’invenzione di simboli, generi, stilemi.

Questi tre panel sono esempi di questa geografia.

H. 15:00 | La Comunidad di La Spezia

Foto di Samuel Costa, “La Comunidad” 2023

Il primo talk riguarda la storia della “Comunidad” di La Spezia, la più grande comunità della Repubblica Dominicana in Europa. Ogni giorno l’aria di Piazza Brin, nel quartiere Umberto I, si satura di dembow: da angolo ad angolo casse e speakers sparano ad alto volume le svelte sonorità d’elezione giamaicana, una mescola di reggaeton e dancehall che si presta fin dalla metà degli anni Novanta come base per il rap. Tendendo meglio l’orecchio, si sentono i presenti parlare un miscuglio di dialetto ligure e dominicano, il talian. L’immigrazione dalla Repubblica Dominicana a La Spezia ha una storia lunga, che comincia con poche decine di persone, principalmente donne, e prosegue allargandosi a migliaia di persone, fino ad farsi unico luogo d’elezione del dembow all’interno della scena italiana hip hop e rap. Sarà Tommaso Naccari a moderare la conversazione, assieme a Samuel “Heron” Costa, musicista e fotografo, e Francois Roderik Coudjoe Arauz, produttore locale.

H. 16:30 | Da via Torino alla Second Summer of Love: Fiorucci tra musica e beat.

Maurizio Turchet, poster “Performance Fiorucci” 1975

La seconda verterà invece attorno a una delle storie più influenti che riguardano Milano, in particolare il Centro città: Fiorucci. Nome innanzi al quale si figurano immediatamente i due putti, i due candidi angioletti, ma che figura un momento storico e imprescindibile nella storia italiana e internazionale, a partire dall’uso inedito dei due celebri store milanesi, in via Torino e in San Babila. Lì, Elio Fiorucci e il suo team, organizzarono performance artistiche e concerti (con personaggi come Franco Battiato, Demetrio Stratos, Walter Marchetti, con la collana Nova Musicha e le esecuzioni di John Cage), invitarono artisti e designer a lavorare su spazi e collezioni (due nomi per rendere l’idea: Alessandro Mendini e Keith Haring), dando a tutti gli effetti una spinta notevole al panorama musicale di allora, tra gli anni Settanta e i primi Ottanta, e configurando un modello che negli anni a venire sarebbe diventato comune, il concept store. Ma oltre alla storia conosciuta e, per dire, volontaria, ce n’è un’altra, che comincia quando dagli anni Novanta Fiorucci diventa un brand apprezzato da classi sociali differenti. Lo si comincia a scorgere nelle disco, e poi nei club. Le sottoculture inglesi lo prendono a riferimento, tanto che Mark Leckey sceglie di intitolare Fiorucci Made me Hardcore una delle sue più celebri opere video. Se lo conoscete (altrimenti potete guardarlo qui), vedrete come con l’evolversi della musica dei suburbs londinesi in trent’anni, tra i Settanta e i Novanta, assieme al cambiamento sonoro che porta alla Second Summer of Love mutano anche i gusti estetici del pubblico, e Fiorucci si salderà definitivamente all’immaginario della generazione Acid House britannica. A raccontarci questa storia ci sarà Francesco Fusaro, come moderatore, assieme a Maurizio Turchet, storico grafico di Fiorucci e organizzatore delle performnce allo store di via Torino, assieme all’esperto di sottoculture musicali Dj Balli, e con un intervento di Mark Leckey.

H. 18:00 | Il primo club di world music in Italia: lo Zimba a Milano.

Pamphlet originale dello Zimba, fine anni Ottanta

Anche l’ultima conversazione si terrà attorno a Milano, e a una storia più che conosciuta: le diaspore eritrea, somala ed etiope in città. Notoriamente è qui Porta Venezia a far da perno geografico a questa vicenda, quartiere dove le comunità diasporiche si sono riunite dagli anni Settanta a oggi, andando a configurare tanto un fenomeno peculiare quanto una zona commerciale, principalmente di bar e ristoranti, che anche a livello turistico rimarca queste connotazioni. Da questo fatto di rappresentazione si capisce immediatamente come il racconto locale della diaspora e delle comunità passi immancabilmente dalla ristorazione, dai piatti, dai ristoranti, dallo zighinì e quant’altro, rischiando alle volte di appiattire una complessità che ha quasi cinquant’anni di storia. In alcuni recenti documentari (Appuntamento ai Marinai e Asmarina) si cerca di liberarsi da questi stilemi ripercorrendo altri percorsi narrativi, come quello che passa per la musica tradizionale e il rap, per lo scambio di sonorità e gli andirivieni tra i paesi dell’Africa Orientale e questa città. Una storia che oggi arriva fino al Biko, ma che vede negli anni Novanta la presenza di un luogo significativo in cui avvennero i primi concerti e le prime serate di quella che si chiamava world music, con figure di spicco, militanti e star come Fela Kuti: lo Zimba. A parlarne saranno Riccardo Vitanza, ufficio stampa dei due principali afroclub milanesi (e italiani) Zimba e Pata Mata’s, tra il 1988 e i primi anni Novanta, e fondatore dell’agenzia Parole e Dintorni, con Medhin Paolos, ricercatrice statunitense e coautrice del documentario Asmarina, in conversazione con Ariam Tekle.

 

Tre conversazioni dunque attorno a tre quartieri, tre territori e tre scene nelle quali avvengono quelle dinamiche di relazione a distanza, di ponte, che configurano i territori locali e le loro comunità come agenti di una geografia culturale che riassetta le distanze, e insieme a esse un’idea di località sparsa e sempre interrelata.