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I 15 film da non perdere alla Festa del Cinema di Roma

Abbiamo spulciato per voi il programma dell'edizione 2023 della rassegna che prenderà il via il 18 ottobre

Written by Flavia Ferrucci il 9 October 2023
Aggiornato il 16 October 2023

Torna la Festa del Cinema di Roma per la sua diciottesima edizione con un programma ricco e diversificato, con film da tutto il mondo e una grande presenza di registe donne. Tra film in concorso e sezioni non competitive che spaziano dai formati liberi – serie, videoclip, documentari e videoarte – e film acclamati da pubblico e critica nei festival internazionali, la Festa porterà in città il cinema in tutte le sue forme per undici giorni. Di spicco i premi alla carriera, che quest’anno verranno consegnati all’importantissimo compositore giapponese Shigeru Umebayashi – con annessa proiezione, tra gli altri, della versione restaurata di “In the Mood for Love” di Wong Kar- wai, da non perdere – e a Isabella Rossellini – con proiezioni di gran parte della sua illustre filmografia, impossibile scegliere un titolo – e le proiezioni dei restauri, su tutti “Il sapore del riso al tè verde” di Yasujirō Ozu e “Peeping Tom” di Michael Powell.

 

THE ZONE OF INTEREST di Jonathan Glazer

Iniziamo con il meglio, non solo del festival, ma probabilmente del decennio. Jonathan Glazer torna col suo primo lungometraggio in dieci anni e (come sempre) dimostra di operare su un livello totalmente differente da chiunque altro. Allo stesso tempo alienante e ipnotico, orripilante nella struttura e nel contenuto, di una severità formale mai vista: questa non è una visione facile, ma è un testamento del potere del cinema (almeno quello fatto bene). Glazer adatta molto liberamente il libro omonimo di Martin Amis, raccontando la vita quotidiana di Rudolf Hoss e della sua famiglia, in un’idilliaca villetta dall’altro lato della strada dalle mura di cinta del campo di concentramento di Auschwitz. Glazer ci mostra l’orrore dell’olocausto come un soundscape infernale, e la banalità del male come un giardino pieno di rose. Ogni scena è stata girata con circa 10 camere da presa nascoste in vari angoli del set, la sceneggiatura è interamente costruita su stralci di diari e testimonianze di sopravvissuti e la straniante colonna sonora di Mica Levi è stata registrata in un ipogeo in Egitto. Si abusa della parola “capolavoro” per qualsiasi sciocchezza oramai, ma qui è il termine più adeguato. Di “The Zone of Interest” non esistono trailer o poster, e forse sarebbe impossibile farne uno, dato che tutto all’interno del film assume significato dal contesto ed estrapolarne delle parti non avrebbe alcun senso.

 

DREAM SCENARIO di Kristoffer Borgli

E se tutto il mondo sognasse lo stesso uomo? E se quell’uomo avesse il volto di Nicolas Cage in versione professore depresso e neurotico, che improvvisamente diventa “virale”? Kristoffer Borgli è uno dei più singolari cineasti europei contemporanei, al suo primo lungometraggio in inglese (prodotto da Ari Aster). Borgli continua a indagare l’effetto che internet e la fama da social media hanno sulla collettività e su come questo intacca l’individualità di ognuno di noi, spingendo le situazioni surreali del precedente “Sick of Myself” verso territori più fantasy e horror, senza abbandonare il suo humor più nero della notte, supportato da una delle migliori interpretazioni di Cage.

 

 

ANATOMY OF A FALL di Justine Triet

È stata lei? Il film vincitore del Festival di Cannes di quest’anno ruota intorno a questa semplice domanda. Si parla di questo film come di un dramma processuale, e parzialmente è corretto, ma questo è soprattutto uno studio di un personaggio e un’indagine nella relazione tra l’imputata ed il defunto marito, un indagine che Justine Triet chiede di portare avanti agli spettatori, sulle note di “P.I.M.P.” di 50 Cent.

 

 

PAST LIVES di Celine Song

Sulla carta, potrebbe essere una commedia romantica: la famiglia di Nora è emigrata dalla Corea del Sud negli Stati Uniti, e dopo vent’anni lei ritrova il suo primo amore dei tempi delle elementari. In realtà, questo film è molto di più: delicato come una poesia, ma estremamente preciso nella scrittura e nella regia, è quasi incredibile che sia il primo film diretto da Celine Song. Verso l’inizio del film la madre di Nora le dice: “È vero che quando lasci un posto perdi delle cose, ma ne guadagni anche altre”, e il resto del film ruota attorno a questo semplice concetto. È allo stesso tempo uno studio di un personaggio, una riflessione sull’esperienza dell’emigrazione, sulle relazioni e quello che ci lasciamo dietro e come le scelte che facciamo alterno totalmente la nostra vita – nel bene e nel male.

 

 

THE BOY AND THE HERON di Hayao Myazaki

L’ultimo film della lunga carriera di Hayao Myazaki… o forse no. L’intento era quello: fare un ultimo film prima di ritirarsi. Ma questa storia l’abbiamo sentita molte volte – infatti, il Presidente dello Studio Ghibli ha già dichiarato alla stampa che il regista sta già lavorando a un altro lavoro. Ma non importa. Il film è uscito qualche mese fa in Giappone con una particolare strategia di marketing: nessuna immagine, nessun trailer, nulla è stato rilasciato al pubblico oltre a un poster con un disegno molto minimale. I distributori internazionali hanno già realizzato dei trailer, ma è meglio addentrarsi nel film a “scatola chiusa”.

 

 

SALTBURN di Emerald Fennel

Secondo film di Emerald Fennel dopo il controverso – ma potente – “Una donna promettente” per il quale ha vinto l’Oscar per miglior sceneggiatura originale. Abbandonati gli Stati Uniti, torna nel suo nativo Regno Unito, con una premessa che ricorda “molto” Teorema di Pasolini. Barry Keoghan, faccia incredibile e talento da vendere, e Jacob Elordi, il pretty boy del momento, interpretano due studenti di Oxford: il primo viene dalla working class e fatica a ambientarsi in un contesto così elitario, il secondo è un rampollo dell’alta nobiltà inglese, che lo invita a passare l’estate nel palazzo estivo della sua eccentrica famiglia. Caos e delirio seguono, tra identità di classe che si scontrano ed eccessi di ogni genere.

 

 

HOW TO HAVE SEX di Molly Manning Walker

Primo lungometraggio della giovanissima Molly Manning Walker, vincitore della sezione “Un certain regard” del Festival di Cannes. Tre giovani ragazze inglesi si imbarcano per un viaggiorito di passaggio in un’isola del Mediterraneo post esame di maturità. Un ritratto dei sogni, desideri e impulsi adolescenziali realizzato in maniera schietta e vibrante, con un approccio libero ma profondo su tematiche come sesso, amicizia e consenso. Prima di girare Walker ha condotto dei focus group nel Regno Unito per tracciare una mappa su come i giovani percepiscono il sesso, sottoponendo agli stessi la sceneggiatura del film e analizzandone i commenti. I riscontri a volte illuminanti e a volte preoccupanti l’hanno convinta che fare questo film fosse necessario, e il risultato è stato un enorme successo di critica e pubblico.

 

 

“PELURI – KUOLEMA ON ELÄVIEN ONGELMA” (LA MORTE È UN PROBLEMA DEI VIVI) di Teemu Nikki

Agli autisti di carro funebre più economici sulla piazza – Risto, dipendente dal gioco d’azzardo e appassionato di jazz, e il suo amico Arto, un uomo a cui manca gran parte del cervello e che ama il rock anni Ottanta finlandese – è andato tutto storto e ora devono ricominciare tutto da capo. Un po’ commedia nera e un po’ horror, tra l’ironia sorniona di Kaurismaki e il primo Refn. Diretto da Teemu Nikki, uno dei più prolifici registi finlandesi contemporanei: corti, lunghi, serie tv, è sempre a lavoro. Capace di affrontare tematiche anche dure con una ironia sui generis, aveva vinto il premio del pubblico a Venezia con il suo penultimo film I”l cieco che non voleva vedere Titanic”. Di cinema scandinavo da queste parti ne viene distribuito poco, quindi è un ottima occasione per fare scorta.

 

 

FINGERNAILS di Christos Nikou

Secondo lungometraggio e debutto in lingua inglese per Christos Nikou, esponente del cinema greco contemporaneo della scuola Lanthimos (di cui è stato anche aiuto regista). Una storia d’amore in un futuro distopico, con Jessie Buckley e Riz Ahmed che interpretano una coppia che ha ottenuto un certificato di vero amore. Ora però iniziano i problemi: innamorarsi è facile, ma mantenere una relazione è complicato. Il film è girato in 35mm, un approccio analogico a una storia che indaga il nostro rapporto con la tecnologia e come questa influenza i nostri rapporti e sentimenti.

 

 

“FELA, IL MIO DIO VIVENTE” di Daniele Vicari

Nei primi anni Ottanta il giovane regista Michele Avantario, riesce a coronare il suo sogno di portare Fela Kuti a Roma. Da quel momento nasce una amicizia durata tutta la vita con il musicista e rivoluzionario africano, e Avantario dedicherà tutto se stesso alla realizzazione di un film interpretato dallo stesso Fela. Purtroppo non ci riuscirà mai, ma in questo viaggio fatto di passione per il cinema, per la musica, per l’Africa scoprirà un nuovo modo di vivere. Daniele Vicari ha elaborato i materiali girati da Avantario, scomparso nel 2003, e realizza un documentario che tocca vari universi: la Roma di una volta, la vita di un genio della musica e il rapporto tra due uomini così diversi.

 

THE HYPNOSIS di Ernst De Geer

André e Vera, compagni nella vita e nel lavoro, stanno per presentare la loro start-up per la salute delle donne a un ritiro esclusivo in cui incontreranno potenziali investitori. Poco prima di partire, però, Vera decide di provare l’ipnosi per smettere a fumare, e questa esperienza le causerà un bizzarro effetto indesiderato che avrà disastrose conseguenze sia sulla sua vita di coppia che lavorativa. Paragonato da tutti a Ruben Ostlund, con il suo mix di situazioni imbarazzanti e mai sottile critica sociale, il film promette di farvi ridere ma anche provare molto disagio.

 

 

THE PERSIAN VERSION di Maryam Keshavarz

Una storia vera.. o quasi. Quasi interamente autobiografico, il film ruota intorno a Leila, una aspirante regista decisa a diventare la Martin Scorsese Iraniana-Americana. La sua storia, tra presente e passato, memorie ed aspirazioni, Stati Uniti e Iran, ce la racconta proprio lei guardando la macchina da presa, confrontandosi con la madre e la nonna, e scoprendo che in fin dei conti non sono così diverse da lei, la pecora nera della famiglia. A metà strada tra dramma e commedia, con un pizzico di musical, il film ha avuto un grande successo di pubblico a Sundance 2023.

 

 

TAKING VENICE di Amei Wallach

Diretto dalla documentarista e critica d’arte Amei Wallach, un documentario apparentemente sull’arte, ma che in realtà rivela complotti, tensioni e intrighi della guerra fredda, a discapito dell’inconsapevole protagonista – l’artista statunitense Robert Rauschenberg. La vera storia dietro la leggenda che narra di come il governo degli Stati Uniti, con l’aiuto di galleristi e curatori di alto livello, abbia truccato la Biennale di Venezia del 1964, affinché l’artista prescelto, Robert Rauschenberg, potesse vincere il Gran Premio. C’era in ballo la vittoria culturale sul comunismo e, con manovre abili che potrebbero provenire da un thriller, gli Usa fecero gridare allo scandalo e costrinsero Rauschenberg, completamente ignaro del tutto, a interrogarsi sulla politica del nazionalismo che lo aveva portato lì.

 

FILM ANNOUNCE DU FILM QUI N’EXISTERA JAMAIS: “DRÔLES DE GUER- RES” di Jean-Luc Godard
GODARD PAR GODARD di Florence Platarets

Due titoli per ricordare Jean-Luc Godard, scomparso a fine 2022. Il primo è un cortometraggio, ultimo lavoro postumo di Godard, realizzato poco prima della sua morte. Un testamento artistico, un addio, un rigetto della forma cinematografica: collage, disegni, testi scritti, voice over dello stesso Godard che parla del suo rapporto con le immagini, pochi movimenti di macchina, un distillato dell’opera del tardo-periodo di Godard ma portato ai suoi estremi. L’ultimo “film” di Godard è anche il suo più sperimentale, ed è giusto che sia così. Il secondo è un documentario, un autoritratto con materiali d’archivio del cineasta che ne ripercorre la carriera unica e inedita, fatta di battute d’arresto improvvise e ritorni sconvolgenti, senza mai guardare al passato o girare lo stesso film due volte, continuando sempre la propria ricerca fino ai limiti del cinema.