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Il Jazz italiano per Amatrice: intervista a Paolo Fresu

A seguito del terremoto del centro Italia, l'iniziativa 'Il Jazz Italiano per l’Aquila', che avrebbe dovuto tenersi dal 2 al 4 settembre a L'Aquila, diventa “Il Jazz Italiano per Amatrice e per e per gli altri territori colpiti dal sisma”. Paolo Fresu ci racconta del progetto e delle piccole grandi trasformazioni in atto nel mondo del jazz italiano.

Written by Enrico Bettinello il 1 September 2016

Foto di Pino Ninfa

Quando, quella prima, scintillante domenica di settembre dello scorso anno, oltre sessantamila persone sono arrivate a L’Aquila per la grande giornata del jazz italiano nella martoriata città abruzzese, i primi a stupirsene – felicemente – sono stati in fondo proprio gli organizzatori. Che moltissimi artisti e operatori di una scena variegata come quella del jazz in Italia trovassero in un momento emotivamente così forte l’occasione per, in qualche modo, “riconoscersi” e condividere le tante fatiche (a volte non troppo ricompensate) di una pratica artistica così intensa, era una speranza che l’affetto di tantissime persone ha nutrito attraverso uno sguardo affettivo più ampio, rivolto in primis alle ferite ancora aperte di quella splendida città.

Così lo aveva annunciato subito, il ministro Franceschini, lo scorso anno, proprio dal grande palco della serata finale: questa grande giornata si rifarà anche nel 2016. L’entusiastico fermento per l’appuntamento previsto per il 2, 3 e 4 settembre è stato però sconvolto dal nuovo, terribile sisma che ha interessato le regioni del Centro Italia e, dopo rapide e non facili consultazioni, si è deciso di far diventare l’iniziativa “Il Jazz Italiano per Amatrice e per e per gli altri territori colpiti dal sisma”.

Domenica 4 settembre, due grandi eventi con numerosi concerti caratterizzeranno la giornata: a Roma, dalla mattina al tardo pomeriggio alla Casa del Jazz, e in serata a L’Aquila nel piazzale adiacente la Basilica di Santa Maria di Collemaggio. Inoltre, buona parte dei 20 palchi originariamente previsti a L’Aquila, troveranno ospitalità in altre città italiane. Oltre a L’Aquila e Roma, sono previsti concerti a Milano, Torino, Napoli, Novara, Parma, Catania, Courmayeur, Pisa, Cantalupo in Sabina (RI), Barga, Empoli, Fano, Lecce, Nuoro e S. Anna Arresi, Lampedusa e molte altre città che si stanno aggiungendo in queste ore.

jazz italiano per amatrice

Qualche giorno prima del terribile evento, avevamo intervistato il trombettista Paolo Fresu, il musicista che, insieme al Ministro e al sindaco della città, Cialente, ha pensato e voluto questa iniziativa, per farci raccontare qualcosa di più sulle novità dell’edizione 2016 e molto altro. Vi proponiamo gran parte dell’intervista, comunque interessantissima e ricca di indicazioni, facendola precedere da questa dichiarazione ufficiale dello stesso Fresu:

«La maratona del Jazz Italiano per L’Aquila dello scorso anno è stato un inaspettato successo di musica ed emozione, talmente forte e pregnante che, forse, la storia del jazz italiano si può ora dividere tra un prima e un dopo L’Aquila. Questo ci ha spinto a ripeterla senza sapere che la ferita del sisma si sarebbe riaperta improvvisamente, lacerando ancora una volta le comunità del centro Italia. Per questo oggi diviene “Il Jazz Italiano per Amatrice” e si trasferisce per un intero giorno nella Capitale e in molte città italiane, per approdare la sera, davanti la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, luogo simbolo della comunità aquilana. Se lo scorso anno siamo stati nel capoluogo abruzzese per porre l’attenzione sulla ricostruzione e animarne il centro storico (vi ritorneremo nel 2017 e 2018), questa volta saremo in tutta Italia, affinché la nostra solidarietà vada a ricostruire e ripristinare i territori colpiti dal sisma. Sempre più convinti che questa debba passare attraverso le nuove generazioni e nella speranza che le stesse non debbano vivere altre catastrofi come queste».

ZERO: Oltre alla giornata dello scorso settembre, sul progetto l’Aquila si è poi continuato a lavorare tutto l’anno e in modo strategico formativo, mi pare.
PAOLO FRESU: Sì, nel mese di aprile c’è stata una serie di laboratori nelle scuole della città, con il contrabbassista Luigi Mosso e un’associazione locale, Nati nelle note. E poi c’è l’iniziativa Un pianoforte per L’Aquila, attraverso la quale speriamo di donare un pianoforte alla città. C’è poi il rapporto con l’orchestra classica aquilana, di cui il Sindaco è felicissimo. Come hai ricordato tu, se l’iniziativa era partita come data secca e unica, nell’arco dell’anno si è lavorato, lasciando cose concrete sul territorio, semi che nel momento in cui andremo via qualcuno raccoglierà”.

Cosa secondo te, al di là dell’evento, è cambiato o sta cambiando nel mondo del jazz italiano grazie all’Aquila?
È cambiato il modo di contarci e di stare assieme. Una giornata come quella dell’anno scorso difficilmente si sarebbe realizzata in un altro paese. Siamo un paese diviso, in cui cultura è una ricchezza, ma è difficile contarci e stare tutti assieme. C’è una forte disgregazione tra i musicisti, L’Aquila ha offerto una possibilità di vivere insieme anche a quelli che stanno intorno al mondo del jazz. Ha rafforzato l’immagine del nostro jazz, ha provato a raccontare in modo diverso il nostro mondo.

Alessandro Lanzoni  per L'Aquila (2015)
Alessandro Lanzoni per L’Aquila (2015)

In questi ultimi anni è stato importante aprire un dialogo con il Ministero. Come prosegue su quel fronte?
Sta andando bene, il Ministro ha parlato pubblicamente della grandezza del nostro jazz e questo è un ottimo punto. Il bando nuovo sta per essere messo in moto, il Ministro ha molto da fare e le necessità del jazz non sono diverse da quelle delle altre musiche vicine. Tra i nostri obbiettivi ci sono – e qui l’esempio è quello francese – l’intermittenza dei lavoratori, il diritto d’autore, il lavorare sul rafforzamento di una scena nazionale, la creazione di una festa della musica, provare a intervenire su un malessere. Credo sia importante insistere sul modificare la qualità del lavoro, per stimolare la defiscalizzazione, gli aiuti alle opere prime e seconde, per creare opportunità per i giovani musicisti. C’è una nuova legge sulla musica in discussione in Parlamento e noi vogliamo dare il nostro contributo attivo.

I presupposti di dialogo mi sembrano buoni.
Il Ministro sa oggi cos’è il jazz italiano. Non era mai successo nella storia della musica italiana, che un ministro incontrasse il mondo del jazz. Oggi abbiamo un’associazione di musicisti, Midj, non esisteva dai tempi travagliati dell’AMJ, abbiamo un’associazione di festival, I-Jazz, abbiamo una Casa del Jazz e solo mettendosi assieme e discutendo assieme si possono raggiungere dei risultati. C’è una voglia diversa, come si suol dire… We insist! L’idea stessa del portale italiajazz.it nasce dal bando Franceschini. Credo sia importante in questa fase superare le invidie e puntare a stimolare una vera e propria Federazione del jazz, come esistono nei paesi del Nord Europa, e questo possiamo farlo solo dialogando con le istituzioni, rappresentando tutti noi.

Il Jazz italiano per L'Aquila (2015)
Il Jazz italiano per L’Aquila (2015)

Passiamo ora a un altro luogo che ti è molto caro, la tua Berchidda, il cui festival sta per raggiungere i 30 anni. Ti posso chiedere un rapido bilancio?
Potere esistere dopo 30 anni, con i finanziamenti pubblici che si affievoliscono, è un risultato importante. Ora tra contributi pubblici e privati siamo al 50%, è un po’ il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, siamo cresciuti ogni anno un po’, ma rimaniamo ancora precari, dobbiamo sempre ripartire daccapo. Stiamo ristrutturando il Laber, che sta diventando un grande incubatore culturale, teatro, studio di registrazione, luogo per residenze artistiche. Come è accaduto anche nell’edizione che si è conclusa da poco, sono sempre più i territori, i comuni coinvolti. Il festival è solo una parte delle attività, non potremmo più pensarlo fine a se stesso.

Se ti chiedessi di ricordare questi trent’anni di Berchidda con un’immagine, quale ti viene subito alla mente?
Ornette Coleman nella mensa dei volontari, ma anche una foto che amo particolarmente di Nina Contini Melis che ha fotografato Dhafer Youssef nella Basilica, il ricciolo del suo oud e dietro la statua di Sant’Antioco di Bisarcio, simbolo dell’apertura alle culture e ai linguaggi.

Continuiamo a parlare di luoghi. Tu che viaggi moltissimo, hai qualche luogo, oltre alla tua Sardegna che è diventato un po’ quello del tuo cuore?
Ho una passione per l’Africa, in particolare il Kenya, lo consiglierei per molti motivi, perché è un continente dove mi sento a casa da sempre. Come puoi immaginare ho mille posti del cuore, ma se devo scegliere consiglio tutto il continente africano.

E se parliamo di vini, cosa ci segnali?
Segnalo qualche vino che pochi conoscono, ma che mi piacciono molto. Il Ruchè, che ha una produzione piccolissima in Piemonte e due vini sardi, un ottimo rosso come il Cagnulari, e il Vermentino che è fatto a Berchidda con vitigni autoctoni.

Cosa ha letto Paolo Fresu quest’estate?
Ho letto il tomo che il Saggiatore ha pubblicato in occasioni dei 1000 titoli, un libro dal titolo ‘La cultura’, con stralci di tutti i vari libri, sulla cultura e molti saggi sulla musica. In occasione di questo libro, hanno organizzato anche a Milano alcuni appuntamenti con intellettuali e musicisti alla Triennale.

Serie tv ne vedi? Te lo chiedo perché hanno rivoluzionato un bel po’ il linguaggio del cinema e della tv e mi chiedo se non sia l’ora anche per il jazz di tuffarsi in nuovi formati.
Di serie tv ne so pochissimo, perché sono spesso in viaggio e sul computer non amo molto guardare o ascoltare (non mi piace ascoltare le cose con le cuffie). Credo tu abbia toccato un punto interessante, però, anche nel jazz bisogna trovare nuove forme che comunichino meglio con il pubblico. Nel nuovo disco con Omar Sosa abbiamo prodotto due videoclip professionali, per esempio.

Sia tu che io abbiamo dei bimbi, mi viene istintivo chiederti qualcosa sull’esigenza di veicolare il jazz per i piccoli…
C’è un progetto che porto avanti con mia moglie Sonia, un progetto nato con il bimbo alla scuola dell’infanzia. Mia moglie insegna nelle scuole e sappiamo che questo settore è carente. È necessario offrire agli e alle insegnanti gli strumenti per poterlo fare e a questo argomento abbiamo anche dedicato un libro+cd edito da Gallucci. C’è poi il progetto “Note elementari”, giornata che finanzia i laboratori musicali extracurricolari, dove è inserito ovviamente anche il jazz, musica che va ascoltata sin da piccoli e non è ostica per nulla alle orecchie dei bambini.