Ti sorprendono ogni volta come la prima. All’inizio senti il rumore – bum, bum – due colpi secchi che non spaventano ma eccitano, poi vedi il lampo nel cielo e lo risenti subito nel cuore. Ti avvicini alla finestra, provi a capire dove sia lo squarcio, a est, a nord, un altro bum bum, sposti lo sguardo, ti sporgi al davanzale, in punta di piedi ed eccoli: brillanti, speciali, artificiali. Sono i fuochi di Calvairate, quelli che surriscaldano il quartiere ogni sabato sera, verso mezzanotte, o a sorpresa, in un lunedì qualsiasi, quando neanche i pusher escono la sera. I complottisti su Facebook scrivono “botti tipo petardi uguale bamba fresca, fuochi da capodanno uguale boss scarcerato”, i neo romantici pensano alle serenate sotto i balconi e tutti gli altri semplicemente li guardano, a metà tra gli antenati davanti al primo fuoco e i figli delle stelle in ciabatte.
E’ chiaro che non sia solo spettacolo, i fuochi d’artificio a Calvairate sono un messaggio politico agli altri quartieri della città, una rivendicazione in forma di festa collettiva, perché anche quando a organizzarli è una sola persona, il regalo è per tutto il quartiere. Lo sanno bene i guagliune di Napule è, la pizzeria napoletana di Via Scipione Pistrucci che qualche anno fa, per l’inaugurazione dell’ attiguo bar, hanno organizzato una festa con concerto neomelodico di Tony Arca – stella del genere di casa a Milano – e gran finale con fuochi d’artificio in strada. “Quante ce ne hanno dette! Che eravamo i soliti napoletani…” ricorda ancora il capo famiglia, da trent’anni a Milano, prima a Baggio e poi – gli ultimi vent’anni – nel cuore di Calvairate. E’ lui a ricordarci di quando il circolo di Via Tommei era sempre aperto, si giocava a carte, si cantava e si potevano mangiare le polpette mentre in Piazza Insubria i bambini giocavano felici a tutte le ore.
Pensavamo che si fossero accorti della fenomenologia dei fuochi d’artificio in quartiere, ma stavano solo descrivendo un piccolo fuoco su un tetto.
A gestire la pizzeria è tutta la famiglia, con il management dei due figli maschi, fisico asciutto e felpa del Napoli calcio addosso. Accento milanese, tifo napoletano. Il locale è un punto di riferimento non solo per i napoletani che vivono in zona, che possono bere il caffè Kimbo come a Napoli ma anche per chi cerca un posto dove stare seduto tranquillo, tra i poster di Massimo Troisi, Totò, Pino Daniele e Maradona. “Stamm facenn nu cimitero” ride il capo famiglia, nell’elencare i simboli di Napoli che hanno scelto per arredare il locale e sentirsi sempre a casa. I ragazzi, che gestiscono il locale pensando a tutte le fasce di utenza – over 80 inclusi – sognano di aprire un circolo nel quartiere, un posto per i giovani che, a parte le piazze, a Calvairate hanno davvero pochi spazi dove stare. Intanto li sfamano, a pranzo con tavola calda e piadine e a cena con il menu completo dove, oltre a pizze classiche, fritti e panuozzi, brilla la pizza a forma di stella, con le punte ripiene, perché gli effetti speciali da queste parti sono all’ordine del giorno. E per digerire c’è il limoncello.
Ma qui parliamo di fuochi, quelli che esplodono nei cieli di Calvairate, da mani di professionisti, artisti della pirotecnica di strada. Abbiamo chiesto ai guagliune di raccontarci come si accende un fuoco, consigli per gli acquisti e tips per dilettanti alla prima miccia.
Il posto dove fare rifornimento è Arcobaby in via Carabelli, dal 1957 in quartiere, con giocattoli, fuochi d’artificio e tutto per il Carnevale. Dietro il bancone, a sfogliare il catalogo dei fuochi, c’è la proprietaria, Rosalia, che dispensa i segreti della pirotecnica legale indicando la stanza con porta blindata dove a dicembre c’è tutto l’arsenale di nitrato, zolfo e carbone di legna. Il materiale deve stare in sicurezza perché non può andare nelle mani sbagliate, né essere venduto ai minorenni. Le richieste in quartiere sono frequenti, per tutte le ricorrenze: compleanni, onomastici (si, onomastici!), lauree, fidanzamenti, diciottesimi, matrimoni e pure divorzi. Menzione speciale alle serenate sotto casa, come nei vicoli di Napoli anche nei cortili di Calvairate si organizzano sorprese alle promesse spose, nell’intimità dei cortili o dove meno te lo aspetti. La scelta dei prodotti è ampia, dalle semplici fontane, bengala, razzi e petardi alle “torte” (o batterie), cento lanci e sessanta secondi, per fantasmagorie a basso costo che volano alto.
Spettacolari batterie con colpi dritti e a ventaglio, effetti con aperture di stelle rosse o lampeggianti verdi, ola multiflash argento, peonie oro e immancabile effetto crackling oro con scia argento.
La piazza più calda in quartiere è Insubria, da qui partono spesso le scintille verso il cielo e capita al mattino seguente di trovare le confezioni vuote, abbandonate in strada con le grafiche belle cariche in vista e i nomi senza obbligo di licenza: Geronimo, Ibiza, Bandidos, Lollipop, Matrix, Fury, Shardana e un’imprevedibile confezione con su scritto “Battaglia dell’Assietta”, in memoria delle dimenticate Termopili piemontesi che, durante la guerra di successione austriaca, segnarono il fallimento delle tattiche di combattimento francesi. A Calvairate ci teniamo a ricordarlo a suon di razzi volanti. Spettacolari batterie con colpi dritti e a ventaglio, effetti con aperture di stelle rosse o lampeggianti verdi, ola multiflash argento, peonie oro e immancabile effetto crackling oro con scia argento.
Luci e colori che accendono pezzi di cielo tra il brutalismo delle palazzine, un invito ad affacciarsi alla finestra, spalancare la bocca e ricordarsi delle stelle, vere e finte. Non è romanticismo, è solo lo spirito del quartiere che si manifesta. La narrazione prevalente è ben diversa e fa riferimento solo all’illegalità, dai traffici di droga – i botti starebbero ad indicare l’arrivo di un carico per lo spaccio – ai detenuti che tornano a casa dalle carceri. Feste sì ma sbagliate. Come il titolo letto su un giornale scandalistico nei primi mesi del lockdown: “Calvairate terra dei fuochi”. Pensavamo finalmente i giornalisti più attratti dall’antropologia culturale si fossero accorti della fenomenologia dei fuochi d’artificio in quartiere invece stavano solo descrivendo un piccolo fuoco su un tetto, senza scie luminose. Ma il quartiere è per sua natura controintuitivo, contrasta le logiche dominanti, più spesso le ignora e continua a lanciare segnali di fumo. Perché quando lo spettacolo dei fuochi finisce, le luci si spengono e il bum bum si zittisce quello che resta sono nuvole e sbuffi di fumo nell’aria, messaggi scritti nel cielo di notte, quando gli altri dormono. E a volerli leggere davvero, i segnali di fumo sono uno dei metodi più antichi per comunicare.