E così torna, dal 1° febbraio al 15 aprile 2025, il nostro solitamente meraviglioso FOG. Il Festival di arti performative che, come la nebbia di cui porta orgogliosamente il nome, si espande sempre più, dagli spazi di Triennale fino ad arrivare in altri luoghi della città: dal Teatro Filodrammatici, alla GAM–Galleria d’Arte Moderna, dal PAC–Padiglione d’Arte Contemporanea, al Padiglione Chiaravalle fino al Parco Sempione e all’ormai consolidato rapporto con il Teatro Out Off.
Il filo rosso che collega le performance indaga il significato di democrazia in tutte le sue declinazioni e il potere politico che una comunità ha sulle scelte che la riguardano.
In questi svariati spazi, il programma del Festival prevede il susseguirsi di 53 artistə e compagnie e, accanto ai grandi nomi del panorama contemporaneo, vengono affiancate novità italiane e internazionali, con l’obiettivo di creare un circuito che unisce personalità affermate ai nuovi nomi della scena. Questo approccio favorisce la costruzione di una rete di scambio e un ideale passaggio di testimone tra generazioni. Nello specifico, quest’anno, il filo rosso che collega le performance indaga il significato di democrazia in tutte le sue declinazioni e il potere politico che una comunità ha sulle scelte che la riguardano. Ci siamo immerse per voi nel denso palinsesto per darvi i primi strumenti per muovervi in questa nebbia e goderne a pieno, dandovi i primi riferimenti di quella che già si annuncia una straordinaria e disorientante stagione.
La prima notte del Festival, il 1° febbraio 2025, ne riassume lo spirito in tutta la sua complessità e varietà, mescolando nazionalità e linguaggi artistici. Extending Further di Nafaq e Lander Gyselinck (egiziane), On vous voit di Samir Laghouti Raswhawane (francese), Fuga di Gaetano Palermo e Michele Petrosino (italiani) sono le tre performance che, insieme a un’installazione video e un live di due producer, inaugurano FOG e non potrebbe esserci evento più significativo per evidenziare la versatilità del Festival e il suo essere incubatore di artistə e nazionalità.
Per orientarsi nel ricco programma, tra i 37 appuntamenti in cartellone, si possono innanzitutto evidenziare i nomi noti nell’ambito teatrale come Milo Rau, che porta in Triennale una potentissima riflessione tra mito e cronaca con Medea’s children (sabato 1 e domenica 2 marzo) e artisti che ormai sono tra gli affezionati del palco milanese: Gisèle Vienne presente con Crowd (venerdì 7 e sabato 8 marzo), Marcos Morau – artista associato alla Triennale – che torna dirigendo la sua compagnia La Veronal con TOTENTANZ (sabato 15 e domenica 16 febbraio) e Marlene Monteiro Freitas che insieme al danzatore di flamenco Israel Galvàn (mercoledì 19 e giovedì 20 marzo) portano, in Triennale, RI TE.
Tra lə artistə italianə invece la scelta si apre non solo al teatro, ma anche alla musica con Nicola Ratti, Concerto per tre stanze di museo (il 15 febbraio alla GAM), alla danza con Sahara di Claudia Castellucci e la sua Compagnia Mòra (sabato 22 e domenica 23 marzo), e a progetti trasversali non inscrivibili in nessun codice, ma che piuttosto li comprendono tutti, come quello di Elena Rivoltini Nothing deeper (martedì 4 e mercoledì 5 febbraio).
Infine, tra i nomi internazionali, che in Italia sono rari da incontrare se non a qualche festival estivo, sono da annotare due spettacoli di origine iraniana che indagano da un lato il concetto di libertà artistica e dall’altro le restrizioni del regime: We Came to Dance, scritto dalla drammaturga Nasim Ahmadpour e diretto da Ali Asghar Dashti, in scena al Teatro Filodrammatici venerdì 7 e sabato 8 febbraio, e Songs for No One di Nastrane Razawi Khorasani, che sarà presentato martedì 18 e mercoledì 19 febbraio.
A chiudere la programmazione, il 15 aprile, è la musicista pakistana Arooj Aftab, che con il suo ultimo album, Night reign, mescola musica tradizionale e bebop jazz, intonando un canto d’amore alle notti e concludendo FOG proprio come è iniziato, in una serata di danze e ritmi da altri mondi lontani.
L’ottava edizione presenta un programma che, come ogni anno, mescola e mette in crisi i linguaggi, provando a non iscrivere in nessuna definizione una performance, ma al contrario ampliandone i confini comprensibili, sia spazialmente, attraverso la rete di luoghi connessi, sia concettualmente, cercando di associare gli spettacoli a nuove definizioni. FOG è sempre più un appuntamento di riferimento tra le stagioni invernali, immancabile, si conferma, ogni anno, come una consolidata sorpresa.