Per anni il ritornello è stato «Milano è al nord, logisticamente facilitata a intercettare quello che gira in Europa». Se la geografia non è un’opinione, oggi però non basta neanche come scusa per negare un’evidenza: la città non solo supera per quantità e qualità di iniziative musicali tutto il resto dello Stivale, non solo è anni luce avanti rispetto a Roma – nonostante nella Capitale ci sia sempre qualcuno che si sbatte e il paragone, attualmente, sia un po’ come “sparare sulla Croce Rossa” – ma a fronte di fisiologici alti e bassi, Milano è un luogo dove, ben oltre i tour delle band straniere, “succedono cose”. E a tanti livelli. Qui nascono nuovi festival (JazzMi, Terraforma, Mash e Zuma, giusto per fare nomi diversi fra loro), qui ci sono spazi che riescono a mantenere una propria identità pur abbracciando proposte trasversali (due su tutti: Biko e Santeria Social Club), qui c’è un’energia dal basso che ha imparato a fare rete e a far circolare artisti italiani e stranieri con proposte e format coraggiosi (da Macao a Standards, che però alla “week” della musica non partecipano), qui ci sono realtà in grado di fare i numeri senza cadute di stile (Elita), qui c’è la capacità di far trovare terreno fertile a persone e iniziative nate altrove (Electropark Festival di Genova, per citarne uno). E, va detto, qui ci sono istituzioni che – a fronte dei limiti atavici legati a politica e burocrazia – riconoscono le energie buone che arrivano dalla cultura.
Se può far sorridere che a Milano anche la musica assuma le sembianze di una “week” e se chi la conosce bene sa che molti eventi di questa prima edizione della “Milano Music Week” ci sarebbero stati comunque, la decisione di mettere dentro un unico contenitore realtà e proposte diverse – magari avvicinando al grande pubblico spazi e concerti più “laterali” – non può che essere considerata costruttiva e di buon auspicio. È in quest’ottica che è possibile passare sopra (o almeno provarci) la presenza di un certo numero di nomi nazional popolari non esattamente “nuovi”, come vorrebbe la vocazione della settimana, se poi altrettanto valore e attenzioni ricevono live di artisti internazionali di spessore come Ulver, Jane Weaver e Sevdaliza, luoghi unici come l’Auditorium San Fedele o location alternative ma “aperte” come Gattò, Ohibò e Mare Culturale Urbano. Sette giorni di concerti, presentazioni di nuovi progetti discografici, incontri con gli artisti, showcase, mostre, laboratori ed eventi speciali diffusi per una buona parte della città ma con un centro nevralgico pulsante e ben definito a Base con Linecheck, il festival nel festival, la cui offerta tra musica e panel parla decisamente da sola (da Thundercat a James Holden, qui tutti i dettagli). Dal 20 al 26 novembre, come un po’ per tutto il resto dell’anno, Milano è la “capitale” italiana della musica. Non fatevi spaventare da Gigi D’Alessio e Nesli in cartellone, di roba ottima ce n’è. Qui tutto il programma e di seguito la guida di Zero per sopravvivere e godere di questa prima Milano Music Week.