Più volte abbiamo parlato de Le Alleanze dei Corpi: in occasione della residenza A Contatto del febbraio scorso in Via Padova e riguardo il programma di giugno-ottobre. L’evento torna e stavolta in forma di festival, distribuito tra la zona di Via Padova, NoLo e San Siro, con Walk the (Red) Line, e allora riprendere le fila del discorso non fa male.
L’intento di Alleanze dei Corpi ha a che fare, prima di tutto, con l’idea che ci si fa di un Luogo. La “L” maiuscola è d’obbligo, perché parliamo di Luoghi d’Elezione (saccheggiando per il momento una citazione di Arne Naess, perché comunque di ecologie stiamo parlando), ovvero territori che si scelgono per essere percorsi, vissuti e pensati, il che significa poi che devono, innanzitutto, poter essere immaginati. Qui occorre allora fare un piccolo inciso sulla facoltà d’immaginazione, perché “saper immaginare” – contrariamente a quanto si tende a pensare – non significa fantasticare, ma riporre una certa fiducia nel possibile; per dirla in altri termini: ribaltare quella supremazia del reale rispetto al possibile, e allora sapere che le cose, per essere reali, devono essere per forza di cose immaginate. Proprio come i luoghi.
“Saper immaginare” – contrariamente a quanto si tende a pensare – non significa fantasticare, ma riporre una certa fiducia nel possibile.
Ovviamente poi nessuno può immaginare da solo. Al massimo può fantasticare, per l’appunto. Occorre avere persone attorno, attingere a storie e alla storia, condividere esperienze e individuare problemi, ostacoli, ostruzioni, orizzonti e vie di fuga. È in questo senso che Le Alleanze dei Corpi ha, potremmo dire, come due fuochi il tema della cura e quello dell’attivismo. Perché la cura è il risultato positivo di un certo modo di stare assieme, profondamente umano, nonché la necessità di creare le condizioni tali per cui una pratica della cura possa essere agita, e qui si capisce la dimensione attivista. In questi termini, la linea retta che si traccia tra questi due fuochi, che è poi l’orizzonte espressivo che ha connotato anche le scorse edizioni, è ovviamente il corpo. Cosa può un corpo? è una domanda che via via ci siamo posti per circa cinquecento anni. Sappiamo che il corpo è poroso come una spugna, e in quanto spugna riempie tutti i buchi che può dei suoi dintorni. Siamo, insomma, il paesaggio: il luogo in cui ci muoviamo; e allora il possibile, l’immaginabile, dei nostri corpi è la reale possibilità d’azione, la spinta per eleggere un luogo a luogo d’elezione e va fatto, necessariamente, assieme.
Detto questo, l’attitudine indubitabile de Le Alleanze dei Corpi è quella di fare le cose di concerto. Dalle drammaturgie collettive e partecipate alle comunità corali di quartiere, ai giochi di parole e di immaginazione fino alla produzione di relazioni nel baratto e nel racconto autobiografico passando per le geografie sonore, in un complesso di espressioni artistiche e partecipate che ondeggiano costantemente tra ricerca antropologica e performativa, nell’intento di fare luoghi, dove i luoghi sono a tutti gli effetti persone e pensieri.
Quest’anno, dopo la residenza A Contatto del febbraio dell’anno scorso (tutta costruita attorno alle stratificazioni comunitarie di Via Padova) e l’edizione di novembre del progetto, Le Alleanze dei Corpi si fa festival e arriva fino a San Siro con Walk the RED line, un invito a riflettere sulla cura come “pratica artistica” e come strumento d’azione collettiva attorno a piazza Selinunte attraverso laboratori, workshop e pratiche performative, con centro pulsante il KinLab, un progetto che punta a costruire quei kin che la Haraway ha sdoganato – di Maddalena Fragnito ed Emanuele Braga (altro curatore di quest’edizione assieme a Maria Paola Zedda), sono figure conosciute dai più per l’attivismo e la pratica artistica e di ricerca svolta individualmente e come Landscape Coreography, nonché come anime fondatrici, tra i primi di quel lontano 2012 a Torre Galfa, di Macao.
Una “cassetta degli attrezzi” – sociali, immaginativi ed espressivi – che se ben usata può dare un altro taglio a una città intera.
Ci sarà l’Elisabetta Consonni con Special Handling meeting halfway, (progetto già presentato con A Contatto) che porta una riflessione sull’idea di prossimità e di cura, attraverso pratiche di dono e baratto all’interno di una cornice di empowerment culturale: ci si scambia saperi fermandosi a parlare in una tenda, rendendo visibili e tangibili le persone che questi saperi li detengono. Nobodys Winter Project saranno presenti con Una sauna: progetto comunitario che è tautologico, letteralmente una sauna. Forse lo avrete visto già al Colorificio e poi da BASE, e qui lo troverete con le letture di Ale/Sandra Cane e Laila dal titolo Decolonial Sauna: Queering Decolonial Practices / Palestine, e le serate di Wissal Houbabi, Sant3 Molest3, Barbara Stimoll e Titta Racagni, tra conversazioni, ascolti e pratiche di contatto, ma siete anche invitati – voi pubblico – a proporre momenti di confronto scrivendo a Una Sauna o a KinLab. Ci sarà anche un nuovo format dal nome bagnato: Never Dry, spazio sotterraneo del KinLab per corpi caldissimi e danzerecci con Lillhee, Joa e ERO. Verrà presentata la rivista ARAB POP assieme a un talk a cura di QCode dal titolo Geopoetica e mondo arabo, per una giornata di riflessione sulla narrazione dello spazio culturale nel mondo arabo, con Christian Elia e Angelo Miotto (QCode), Silvia Moresi e Chiara Comito (Arab Pop) e Laila Sit Aboha (podcaster e ricercatrice). Il progetto Sensulia, a cura di Noura Tafeche e Zoe Romano che presenta Prove di Enciclopedia Olfattiva | Neologismi per la Parosmia, un esperimento linguistico per giocare con l’immaginario sensoriale, e infine il gran finale – prima della festa da KinLab – con RADIO GABINETTO / studio #2, un racconto sonoro e performativo di Maddalena Fragnito che mescola le storie e i canti delle lotte operaie nella fabbrica tessile Lebole negli anni Settanta con le esperienze delle lavoratrici e dei lavoratori oggi, tra l’organizzazione del tempo del secolo scorso e le tecnologie algoritmiche di oggi.
Insomma, Le Alleanze dei Corpi s’allarga a San Siro ma mantenendo quella capacità di fare luogo intessendo relazioni e storie, con un lungo programma di spettacoli, workshop e performance gratuiti e aperti alla città, inseguendo una maniera di fare cultura che, speriamo, prefigura i modi di fare cultura di domani: quella famosa “cassetta degli attrezzi” – sociali, immaginativi ed espressivi – che se ben usata può dare un altro taglio a una città intera.