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L’arte fotografica non è poi così morta

Perché ha ancora senso interessarsi di fotografia nel 2023

Written by Ilaria Sponda il 12 January 2023

Installation-View_Photo Claudio Bettio_Vulcano

Francamente la fotografia – intesa qui come arte e non mera pratica ossessivo-compulsiva da social media – soffre nella contemporaneità a livello globale di una crisi d’identità senza precedenti. Le immagini circolano globalmente, glocalmente e localmente come data in un flusso virtuale sempre in espansione. Questo surplus di immagini dell’era digitale e dei social media ha sicuramente modificato lo status che si era aggiudicata la fotografia come arte.
Le immagini, e dunque la fotografia, regolano la nostra vita sociale e comunicativa: le usiamo in continuazione, sia in ambito privato che in quello pubblico, dalla dimensione più intima a quella sociale. Tutto diventa esperienza estetica, i confini sfumano lasciando il passo a un cambiamento che forse non abbiamo ancora messo a fuoco.

una messa in discussione totale della fotografia

In questa messa in discussione totale della fotografia, gli unici che in Italia incarnano il concetto di “arte fotografica” sono artisti monolitici come Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Ferdinando Scianna, che però vengono proposti e riproposti nelle programmazioni annuali di musei e gallerie in tutta la nostra penisola, a discapito del ricambio generazionale e di ogni altra sperimentazione e declinazione del linguaggio. Le istituzioni sono in gran parte assenti o spesso troppo restie a tuffarsi nella ricerca ed educazione di ciò che è la cultura visuale di oggi. Dunque, come da prassi, subentrano gli spazi indipendenti che offrono anche fotografia d’arte contemporanea, facendone trasparire l’aspetto ormai ibrido che essa ha con altre forme artistiche quali design, installazione e arte digitale. Le realtà che si occupano a 360 gradi di fotografia sono rare e forse, ormai, non ha più senso che esistano data l’alta ibridazione del medium fotografico con altre forme d’arte.

Per iniziare questo anno con il botto Zero inaugura una rubrica tutta a tema fotografico per inquadrare la fotografia d’arte a Milano e dintorni, tra tradizione e innovazione, ricerca sperimentale e puro studio estetico di artistə del passato e contemporaneə di rilievo. Per andare in giro insieme a cercare cosa riserva la fotografia di oggi in Italia e perché ha ancora senso interessarsene. Milano offre diversi fronti di lettura per mappare la diversità di luoghi e persone che compongono organicamente il sistema della fotografia d’arte italiano e noi proviamo a raccontarvi quegli scorci in cui la fotografia si integra e si mescola con i linguaggi, quei luoghi o eventi che sono connotati come “arte” e non come “fotografia” e che invece racchiudono entrambe, aprendo le porte a questa nuova parte della storia, quella in cui, forse, diventano una parte dell’altra.

Iniziamo con The Art Chapter a Base, uno dei primi appuntamenti dell’anno che riattiva il circuito artistico della città, poi c’è l’occhio sul Giappone contemporaneo del PAC e quello sulla giovane fotografia italiana della Triennale e poi andiamo a ruota libera tra la Maggiolina, Città Studi e Cinisello Balsamo con Chippendale Studio, FuturDome e Mufoco.

Non abbiamo risposte, ma siamo bravissimi ad andare a caccia di domande.

Libri d’arte per ogni gusto, oggetti da collezionismo dei lettori (anche di immagini) senza misura per cui non c’è mai posto abbastanza nelle librerie di casa. L’arte fotografica ha ormai fatto del libro la forma prediletta e più accessibile di diffusione di progetti. Il libro diventa così opera e mostra itinerante in mani e luoghi sempre diversi. E’ in fiere come The Art Chapter che si possono incontrare gli artisti e i progetti editoriali di oggi e le loro visioni fotografiche più fresche e sperimentali come Pneumatica, che si focalizza sugli aspetti relativi al linguaggio e all’uso politico ed estetico della fotografia e Artphilein, ormai nota casa editrice di libri fotografici di Lugano.

Continua la mostra curata da Shihoko Iida e Diego Sileo che approfondisce l’arte giapponese contemporanea degli anni 2000. Con un focus sulla relazione tra corpi, performance e temi quali società, ambiente e tecnologia la rassegna di diciassette artisti giapponesi non esclude lavori fotografici: da puro documento di performance a medium attivo attraverso cui veicolare messaggi, la fotografia giapponese viene presentata come parte integrante e viva dell’arte contemporanea, all’intersezione tra tecnologia e corpo politico in quanto essa stessa un ibrido in quanto tecnologia e soggetto fisico e politico come l’essere umano.
Con Makoto Aida, Dumb Type, Mari Katayama, Meiro Koizumi, Yuko Mohri, Saburo Muraoka, Yoko Ono, Lieko Shiga, Chiharu Shiota, Kishio Suga, Finger Pointing Worker/Kota Takeuchi, Yui Usui, Fuyuki Yamakawa, Ami Yamasaki, Chikako Yamashiro, Atsuko Tanaka, Kazuo Shiraga.

L’impluvium della Triennale verrà dedicato alla giovane fotografia italiana con una personale di Giulia Parlato, vincitrice del premio Luigi Ghirri 2022. La giovane fotografia di oggi si fa carico dell’importante tematica della visibilità, dell’appartenenza e dell’identità, appartenendo a un mondo liminale che sta tra il visibile e l’invisibile. “Diachronicles” è una narrazione visiva anche sul medium fotografico in sé come documento che testimonia un’assenza al di là della presenza di superficie. A cura di Daniele De Luigi e Ilaria Campioli.

Chippendale Studio è un progetto sull’immagine contemporanea del critico d’arte Luca Panaro, che ormai dal 2013 si propone di studiare e dare forma alle diverse declinazioni dell’immagine nella contemporaneità. Intorno a un tavolo, che originariamente era quello iconico di Thomas Chippendale, si svolgono percorsi formativi per un numero ristretto di partecipanti mentre non mancano occasioni di eventi e mostre aperte a un pubblico più vasto, come quella di Roberto Cavazzuti in collaborazione con Soho Photo Gallery di New York.
In linea con la mission di Chippendale di svecchiare la fotografia italiana e ricercare forme nuove, critiche e sempre in relazione con l’arte visuale a più ampio raggio, la mostra di Cavazzuti presenterà un suo corpus di lavoro sulla forma geometrica del cubo, sviscerata attraverso studi di disegni di celebri cubi in relazione con immagini di propria produzione dove viene messa in risalto la natura trasformativa e “manipolatrice” dell’immagine contemporanea.

Per l’artista Matteo Pizzolante  – in mostra da Futurdome – l’immagine fotografica deriva spesso dalla modellazione 3D e ricostruzione digitale. Nella “Linea che ci divide dal domani” l’artista attua un’operazione di astrazione della memoria, corruzione dell’immagine originaria e descrittiva del reale. La fotografia di oggi è anche strumento di indagine scientifica sulla percezione e sull’esperienza del mondo sensibile in un’era altamente tecnologica.

Nell’autunno scorso Mufoco – il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo di cui vi abbiamo parlato QUI – ha ripreso la sua attività espositiva sempre sotto la curatela di Matteo Balduzzi. La mostra “Landscape after landscape” presenta i lavori di sei autori acquisiti di recente dal museo e che proseguono sulla linea della fotografia di paesaggio italiana – genere di un certo spessore nella nostra cultura – apportando cambiamenti di linguaggio degni di nota anche nel panorama internazionale. Con Andrea Botto, Claudio Gobbi, Stefano Graziani, Giovanni Hänninen, Sabrina Ragucci, Filippo Romano.