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Sinnerman: il track by track di “ATAY”

Dario Castelli racconta la genesi dei cinque brani del nuovo EP, uscito per ODD Clique

Written by La Redazione il 22 July 2024
Aggiornato il 2 September 2024

Sinnerman si aggira per le strade di Roma dal 2016, assorbendo l’elettricità decadente di cui è composta la Capitale. Un progetto le cui sonorità piegano le coordinate geografiche verso Marrakech, Kingston, Zagabria, Londra, Lagos, Berlino, Calcutta e tanto altro. Un viaggio fatto di molteplici suggestioni che toccano dub, nu-jazz, elettronica e afrobeat uniti ai suoni provenienti dal folklore delle terre più disparate.

Negli anni il progetto ha mutato forma fino a trovare l’equilibrio perfetto nella formazione attuale e da un duo è passato a essere un quintetto composto da Dario Castelli (producer e dub master); Giulio Previ (contrabbasso, synth bass); Francesco Sprovieri (batteria); Piero Conte (chitarra) e Federico D’Angelo (sax baritono, tuba).

Ad aprile 2020 usciva il loro primo album, “The Shape Of Things To Come”, il punto di partenza della loro esplorazione sonora. Circa un anno dopo vedeva la luce “Drifting Vol.I”: un rito tribale a metà tra dub, nu-jazz ed elettronica diffusa. “ATAY” è la consacrazione definitiva del nuovo corso del progetto. Il disco è edito da ODD Clique, l’etichetta e format di serate che negli ultimi anni ha conquistato le notti romane con il suo mix attento tra musica dal vivo di matrice afrocentrica (soul, nu-jazz, funk, afrobeat, world music) e clubbing alternativo. ODD ha già all’attivo la pubblicazione di “MURO”, singolo dalla doppia faccia A/B a firma Rbsn con il featuring del siracusano Marco Castello, e la coproduzione (con Dischi Sotterranei) dell’album di esordio di Coca Puma.

Abbiamo chiesto a Dario Castelli di condurci per mano dentro le tracce di “ATAY”, tra ispirazioni internazionali e il fortissimo radicamento alla giungla romana.

SAWDA

Ho incontrato la parola sawda da “Dzirlo”, una Cajdzinica (sala da tè) a Sarajevo. Fra una tazza di salep e una partita a scacchi, ho ascoltato per la prima volta una “sevda”, in particolare la “Sevda Çiçeği” che costituisce il sample intorno a cui si sviluppa questo pezzo. La parola “sevda” deriva dall’arabo “sawda” che significa “bile nera”: nella tradizione turco ottomana descrive l’intensa malinconia associata a un amore non corrisposto. La nostra Sawda prova a fare proprio questo: la rabbia, la tristezza, la malinconia della prima parte del pezzo culminano nelle atmosfere da club oscuro, in cui ci rifugiamo quando anche questo dolore è passato ed è il momento di illudersi di nuovo.

RABADADIE

Questo è il primo pezzo dell’EP che abbiamo composto. Risale al “non periodo” del Covid, durante il quale tutti siamo rimasti sospesi. Inizia con una voce che ci invita a lasciare da parte la nostra naturale inclinazione alla socialità, a non avere conversazioni con i nostri amici, a non salutare i vicini di casa. La prima parte è caratterizzata da un’atmosfera sospesa, un beat seduto, un tema di chitarra che stringe in un abbraccio consolatorio. Poi è il momento di rialzarsi, i tamburi suonano forte, la chitarra si fa più audace, arriva il sax ed è il momento di uscire da questa nube e tornare a muoversi fra le macerie.

ATAY

Si sa “Roma ad agosto non è un bel posto” e quando non puoi partire devi trovare modi creativi per uscire dalla giungla urbana che abitiamo. Per noi il migliore dei modi è scegliere come guida la musica tradizionale del posto che avremmo voluto visitare. Così, seguendo il sample vocale, ci ritroviamo in Marocco all’ora del tè. Atay infatti è il nome del tipico tè verde alla menta, che tradizionalmente viene servito tre volte: “Il primo bicchiere è dolce come la vita. Il secondo è forte come l’amore. Il terzo è amaro come la morte”.

MERENDE

A volte mi capita di tornare da un concerto o da un dj set e avere voglia di mettermi subito a suonare. Così, appena tornato a casa dopo un “merende” all’Angelo Mai, in condizioni discutibili ma ottimali per il gioco della musica, ho iniziato la prima stesura di questo brano. Durante quella notte ho fatto il tappeto di rumori su cui si appoggia il pezzo. Mesi dopo, durante una session estiva, Piero ha aggiunto le chitarre. Nella prima parte è proprio la chitarra a spadroneggiare, con varie frasi che si incastrano fra loro su un tappeto di rumori. Nella seconda invece è la sezione ritmica e il flauto a fare la voce grossa, ribaltano lo scenario offuscato della prima parte mantenendone però i toni ipnotici.

IENA

Fa ancora strano ascoltare questo pezzo nella sua forma definitiva pensando da dove siamo partiti; è stata una composizione additiva e stratificata, andata avanti per diverso tempo. La versione iniziale infatti era piuttosto grezza, formata solo da campioni e il groove di batteria che è anche l’unico elemento rimasto pressoché invariato. Con l’aggiunta del sax baritono il pezzo ha cominciato veramente a prendere vita. Federico è passato attraverso diverse iterazioni di quello che sarebbe poi diventato il refrain vero e proprio e Piero ha registrato dei droni di chitarra che hanno ulteriormente consolidato l’atmosfera di Iena. Abbiamo aggiunto percussioni e elementi texturali che fanno da sfondo a tutto il pezzo, a volte quasi impercettibilmente. È stato un processo lungo ma soddisfacente.