Lì dove fino a pochi anni fa c’era una placida sala da tè, oggi sorge uno dei cocktail bar più apprezzati di Montesacro. Ed essendo a Montesacro, non poteva che chiamarsi Rino, come il cantautore più famoso cresciuto da queste parti. Fra gli ultimi arrivati in ordine di tempo nell’offerta di locali di Viale Gottardo – epicentro notturno della vita montesacrina – in due anni Rino si è subito imposto come punto di riferimento sia per i locals sia per chi raramente prima si spingeva oltre l’Aniene. Cocktail über alles – creati dal bar manager Simone Ottaviani con Azzurra Vitelli, Riccardo Nisi e Christopher Amadi – ma anche un’ottima carta dei vini, una selezione di alta pasticceria per le colazioni e una naturale propensione a diventare subito “quartier generale”. Un posto che sa di casa a qualsiasi ora del giorno, con un legame speciale con la musica, e non solo per il giradischi al suo interno o per la rassegna di live mattutini HangoveRino. Ve lo presenta direttamente uno dei fondatori: Brando Giannoni, regista, imprenditore e anche socio di Spring Attitude Festival.
Da dove vieni e da quanto sei a Montesacro? Come mai hai scelto questo quartiere?
Diciamo che sono Montesacrino di adozione. Il quartiere dove vivo – che poi è anche quello dove sono nato – è l’Africano. Ho scelto Montesacro, e in particolare la zona di Città Giardino, perché mi piace molto il suo essere alieno rispetto al resto della città. Lasciata Piazza Sempione sembra di entrare in un’altra realtà, con una dimensione decisamente più umana. Traffico e casino sono improvvisamente dimenticati: c’è la riserva naturale del parco dell’Aniene, l’incredibile architettura storica dei villini e una comunità di persone molto varia e in continuo cambiamento.
Qual è la storia di Rino?
Rino è stato scoperto da una mia zia che abita qui nel quartiere. Lo frequentava nella precedente gestione, quando era una sala da tè. Sapendo che avrebbero venduto mi ha portato a vederlo e me ne sono subito innamorato. Il nome è venuto da solo: in un contesto dove c’erano già altri bar, volevamo trovare il modo per descrivere il nostro carattere fin da subito. Rino, come Gaetano, anche lui di Montesacro e anche lui come noi un po’ fuori dal coro e dalle idee un po’ estranee alla sua epoca. Non è stato facile invece trovare immediatamente la nostra strada. L’idea era quella di aprire un posto che fosse bello e aperto a tutti, dalla colazione fino a sera. Con il tempo e grazie anche all’ingresso di Simone Ottaviani come bar manager, gran maestro di miscelazione, abbiamo capito che la strada dei distillati ci rappresentava sempre di più. Adesso, dopo due anni, possiamo dire che Rino è uno street bar con uno staff super affiatato, in cui i cocktail la fanno da padrone, ma tanta ricerca la dedichiamo anche ai vini e non abbiamo ancora perso il vizio delle colazioni. Uno dei momenti più belli di Rino rimane L’Hangoverino, appuntamento musicale fisso del weekend in cui, di mattina, si esibiscono piccoli gruppi live. Diciamo che piano piano siamo riusciti a crearci il nostro spazio in un mondo in continua crescita come quello dei cocktail bar, ma sempre riuscendo a mantenere la nostra indipendenza e identità. Il riconoscimento maggiore lo abbiamo da una clientela super affezionata e dai messaggi di stima di tanti addetti del settore.
Come hai visto evolvere Montesacro da quando ci lavori?
Siamo a Montesacro da due anni, forse parlare di un’evoluzione è prematuro, inoltre la caratteristica migliore della Città Giardino è proprio quella di essere un po’ ferma e fuori dal tempo. È una zona che va preservata, protetta, sotto tantissimi punti di vista. La sua evoluzione va ricercata in un naturale processo di ringiovanimento dei suoi abitanti. Tanti ragazzi iniziano a sceglierla per vivere e questo è chiaramente un segnale che qui la qualità della vita è sopra la media rispetto al resto della città. Sicuramente è una zona che
fa gola a molti, soprattutto agli imprenditori che vorrebbero investire ancora nel mondo food&beverage. Forse però questo lo porterebbe a una evoluzione pericolosa che sfocerebbe in un’eccessiva pressione commerciale su una zona dove gli equilibri tra ambiente, abitanti e avventori rimangono fondamentali per riuscire a preservarne l’identità.
Ti piacerebbe investire ancora nel quartiere?
Mi piacerebbe poter lavorare per sostenerne di più la cultura e la musica dal vivo. È dalla chiusura del “vecchio” Brancaleone che non ricordo nella zona un posto con una programmazione musicale adeguata. Montesacro è la casa di tantissimi musicisti e sarebbe bello sviluppare progetti o situazioni in questo senso. Sogno ad esempio il ritorno di Musica da Gradino, che era un format di musica live pensato sulle caratteristiche scale del quartiere, ma sicuramente il mio sogno nel cassetto rimane quello di organizzare una Second Line in stile New Orleans, per celebrare con una festa le strade e gli abitanti.
Ci sono dei "simboli" di Montesacro a cui sei affezionato o che trovi particolarmente rappresentativi?
Forse il simbolo di Montesacro per eccellenza è Ponte Nomentano: lo scorcio o la passeggiata sul ponte lo rendono un posto davvero unico. C’è poi Parco Simón Bolívar: un luogo quasi mitico, visto che si narra che da quella collina Simón Bolivar decise di liberare tutto il Sud America.
Quale credi sia l'anima del quartiere, la sua essenza?
Città Giardino è un piccolo paese, ci si incontra tutti e si finisce sempre per scambiare quattro chiacchiere. La sua essenza sta forse nella sua semplicità e nello stile di vita che ti trasmette, totalmente estraneo dai ritmi del resto della metropoli.
Criticità e punti di forza?
Sicuramente il punto di forza è quello di essere un quartiere in cui si può girare a piedi e lungo tutto l’arco della giornata. La presenza di un mercato la mattina, di attività commerciali e dei locali la sera lo rende autosufficiente. La stessa presenza dei locali però è oggettivamente anche un punto di criticità non indifferente per chi ci vive. Non sempre chi viene nel quartiere si rende conto del contesto delicato in cui ci troviamo. A volte quindi si rischia un po’ di casino oltre gli orari consentiti ed è una cosa che ci dispiace. Insieme ad altri gestori abbiamo fondato un’associazione con la quale, insieme alle istituzioni del III Municipio, al comitato di quartiere di Città Giardino e alle forze dell’ordine, cerchiamo di trovare il difficile equilibrio tra tutte le parti. A Roma purtroppo ci sono diversi quartieri che la sera diventano terra di nessuno, dove regole poco chiare e commercianti poco responsabili contribuiscono a un degrado pericoloso per tutti. Stiamo cercando di lavorare affinché non si rischi questa trasformazione anche quei e Montesacro possa anzi essere un esempio positivo di una nightlife responsabile, all’altezza delle grandi capitali europee.
Quali sono i luoghi che frequenti di più, quelli di fiducia che raccomanderesti?
Ahia, qua si incazza qualcuno… Sicuramente e non lo dico perché sono miei vicini, i ragazzi di Bootleg fanno degli ottimi drink. Twenty 2.0 è un punto di riferimento in materia di birra. Metà in breve tempo si è ritagliato il suo spazio servendo ottimi vini e Comò è una location incredibile per un aperitivo. Andando sul food, Menenio Agrippa è una vera istituzione e sicuramente una menzione va anche ai ragazzi di Dietrolangolo che a Talenti fanno davvero una grande cucina. Da non sottovalutare però anche tutta la parte architettonica o naturalistica. Una passeggiata per Città Giardino vale la visita, così come percorrere il lungofiume e fermarsi al pontile sul fiume della riserva dell’Aniene: è davvero molto bello.
Qual è la storia che hai sentito raccontare più esilarante o rappresentativa del quartiere?
In realtà le storie si raccontano tutte al bancone, ma là devono rimanere: vi tocca venire per sentirle!
Cosa pensi che manchi a Montesacro?
Più che di mancanze, parlerei di opportunità. Credo che il quartiere sia già una realtà molto completa in cui l’amministrazione, i commercianti, le realtà associative e gli abitanti sono chiamati a collaborare per svilupparne ancora di più le potenzialità. L’impegno maggiore in questo momento è innanzitutto la sfida alla sostenibilità ambientale, per cui soprattutto le attività della zona sono chiamate a rispondere sempre più attivamente ai discorsi legati al commercio responsabile e sostenibile. C’è poi sicuramente l’occasione unica di lavorare a una valorizzazione del contesto naturalistico e alla sua integrazione nello sviluppo del processo culturale, promuovendo eventi di qualità in contesti di valore assoluto.