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Fabio Onorini

Fondatore di Fronte del Porto Tattoo Parlour, è una delle firme migliori di Roma e d'Italia

Written by Nicola Gerundino il 28 March 2018
Aggiornato il 4 July 2018

Date of birth

4 March 1983 (41 anni)

Place of birth

Terni

Place of residence

Roma

Attività

Tatuatore

Quando si parla di stile tradizionale americano per i tatuaggi, Fabio Onorini è una delle prime persone da chiamare in causa. Firma stimata e riconosciuta a Roma e in Italia – e pure parecchio oltre i confini nazionali – è uno dei fondatori di Fronte Del Porto, studio che fa della ricerca e del dialogo con il cliente la chiave del proprio lavoro, tanto da sottotitolarsi Tattoo Parlour. Fabio lo trovate qui e sulle pagine instagram.com/fabioonorini e instagram.com/frontedelportotattoo). Se invece lo incontrate al bancone di un bar offritegli un whiskey!

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ZERO: Iniziamo dalle presentazioni, dove e quando sei nato?
Fabio Onorini: Sono nato a Terni il 4 Marzo 1983, ed ho vissuto a Viterbo fino alla fine dell’adolescenza, prima di trasferirmi a Firenze per frequentare l’Accademia Delle Belle Arti.

Ti ricordi il primo tatuaggio che ti ha colpito da ragazzino? Chi lo aveva e che disegno era?
Il primo tatuaggio di cui ho memoria e che mi ha colpito era un’orca sull’avambraccio di un collaboratore di mio padre. A distanza di vent’anni ho avuto il piacere di tatuarlo a mia volta.

Qual è il primo tatuaggio che ti sei fatto?
Una stella alpina sull’avambraccio.

Te ne sei mai disegnato uno da solo?
Sì, una volta, un teschio sul quadricipite della gamba.

Quando e su chi hai realizzato il tuo primo tatuaggio?
Su di me: è stato il teschio sul quadricipite di cui ti ho appena parlato. E quel tatuaggio mi ha reso ancor più desideroso di tatuare!

Già dopo quel primo tatuaggio avevi capito che quest’arte sarebbe diventata la tua professione?
Sì. Dopo il primo tatuaggio ho desiderato continuare a tatuare sempre di più e fare di questa passione il mio mestiere.

Prima hai citato l’Accademia di Belle Arti a Firenze. Ecco, quanto di quella esperienza formativa hai portato nella tua attuale professione?
Tanto, perché l’Accademia mi ha donato un background di conoscenze che mi sono utili anche oggi. Ma devo dire che l’essere figlio di due pittori mi ha dato ancora di più.

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Hai iniziato a lavorare a Firenze o direttamente a Roma?
In realtà ho cominciato a Ovindoli, una località sciistica in cui ho mosso i primi passi mentre nel contempo facevo il maestro di snowboard.

Come mai lo spostamento a Roma?
Oltre che per questioni lavorative, il mio spostamento è dovuto alla mia attuale moglie, che è originaria di Roma.

A Roma ora sei in pianta stabile a Fronte del Porto. Puoi raccontarci brevemente la storia di questo studio?
Fronte Del Porto Tattoo Parlour nasce nel 2013 da un progetto mio e del mio amico fraterno David Serafini. Dentro Fronte Del Porto abbiamo deciso di racchiudere la nostra passione e la nostra filosofia: tatuatori talentuosi del panorama nazionale e anche guest internazionali per lo scambio e la crescita artistica.

Fronte Del Porto.
Fronte Del Porto.

Chi sono le altre firme all’interno di Fronte del Porto?
Ci sono Gianluca Artico, Giuseppe Messina, Mattia Giks e Gianmarco Materazzi – che come me si dedicano al tatuaggio tradizionale americano – Alessio Ventimiglia – specializzato nel giapponese tradizionale – Francesco Ferrara – il cui genere è il tatuaggio tradizionale americano classico – Valerio Burratti – che tatua tradizionale in bianco e nero – infine Vlad Dragomir, Patrizio Daniele e Davide Tacconelli – specializzati nel realistico e black & grey.

Cosa vuol dire per te Tattoo Parlour?
Fronte Del Porto lo intendo come un antico salotto, dove tatuatori e clienti si possono incontrare per cercare di sviluppare insieme e in modo sempre più accurato il tatuaggio, inteso sia come singolo pezzo sia come percorso artistico.

Di solito quanti disegni realizzi al mese?
Prediligo effettuare un pezzo al giorno e dedicarci tutto il tempo e la dedizione necessaria. Quindi effettuo circa trenta disegni al mese.

Quali sono gli stili che ti vengono più richiesti?
Realizzo solo tatuaggi solo nel mio stile, che è il tradizionale americano.

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E quelli che preferisci disegnare?
Oltre ai soggetti iconografici e classici del tradizionale americano, mi affascinano i volti.

Che ne pensi di Roma come piazza per il tatuaggio? Dividiamo la domanda in due parti e iniziamo dai tatuatori: mi sembra che qui in città ci siano tanti ottimi nomi.
Assolutamente sì, Roma ha avuto un’ottima scuola sia per gli studi, sia per i tatuatori singoli. Entrambe hanno dato una grande spinta al tatuaggio nazionale ed internazionale.

Chi sono i tatuatori di Roma di cui ti piace particolarmente il lavoro?
Oltre i tatuatori del mio studio, di cui apprezzo e stimo sia il lavoro artistico che il lato umano, ci sono davvero molti ottimi studi e artisti validi. Apprezzo i tatuatori della vecchia guardia per l’importanza avuta negli anni e per le scuole che hanno creato: persone come Mamone, Spillo o Heinz, che hanno fatto scuola e dato lustro alla nostra città nel panorama nazionale e internazionale.

Come gusto del pubblico invece? Roma è una piazza ancora un po’ da svecchiare e “sgrezzare” oppure no?
No, assolutamente. Roma è una città molto all’avanguardia e ricettiva, che segue e cresce assieme alla scena, con molta passione anche.

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In quali studi, sia italiani che esteri, ti faresti tatuare a occhi chiusi?
In italia ci sono alcuni studi in varie città che si contraddistinguono per la qualità, come Korpus Domini o Diamond Tattoo, ma ce ne sono davvero tanti altri che stimo oltre questi. All’estero, Seven Sword di Myke Chambers a Philadelphia, Honorable Society di Marco Cerretelli a Los Angeles, Spider Murphy di Theo Mindell a San Francisco, e a Londra il Family business di Mo Coppoletta, il Seven Doors di Deno, Xam e Claudia de Sabe e il Black Garden. Ma questi sono solo alcuni dei nomi: ci sono molti studi che puntano sulla qualità come noi ed è difficile citarli tutti.

Che ne pensi della diffusione così forte che c’è ora del tatuaggio. Come quantità di lavoro immagino tu la veda in maniera positiva, ma avverti anche il rischio che tutta la cultura che c’è dietro venga fraintesa se non messa da parte?
Osservo sempre con curiosità a questo fenomeno, non sentendomi né un tatuatore della vecchia né della nuova generazione. In generale non guardo con paura al futuro perché, pur aumentando la concorrenza, il lavoro per chi ricerca la qualità ci sarà sempre.

Tornado a questione un po’ meno serie, immagino che avrai avuto sotto le tue macchinette diversi personaggi noti: mai avuto timore di far qualche danno irreparabile?
Assolutamente no, perché non do più importanza al lavoro eseguito sul corpo di un cliente noto rispetto a quello che del cliente di ogni giorno. Ognuno degli appassionati che chiede di farsi tatuare da me merita il massimo del mio impegno.

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C’è un tuo tatuaggio preferito o a cui sei più legato, tra tutti quelli che hai fatto?
Di solito il mio preferito è sempre tra gli ultimi, perché sono abbastanza critico e alla ricerca continua della crescita del mio lavoro. Quindi mi affeziono sempre agli ultimi. che a loro volta saranno poi rimpiazzati da quelli che farò.

Stessa domanda, ma riguardante quelli che hai sul tuo corpo.
Ci sono tatuaggi che amo e altri che odio. Tra quelli che amo, quello a cui sono più legato è forse il tatuaggio dedicato a mio figlio Edoardo, fatto dal mio caro amico Marco Varchetta di Napoli.

Il cliente più assurdo che hai mai avuto?
Quel cliente che una volta è svenuto più o meno dieci secondi dopo averlo iniziato a tatuare, solo per paura…

Il tatuaggio più assurdo che ti è capito di fare?
Una disegno bondage: una donna legata, realizzata sulla coscia di un cliente.

Qualcuno ti ha mai chiesto di tatuargli una bottiglia di whisky?
Purtroppo no, perché rientra nel mio stile. E dico purtroppo perché è il mio superalcolico preferito!

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Dopo il lavoro in che bar e ristoranti di Roma ti piace andare per rilassarti?
Non sono un grande frequentatore di bar, ma di buona cucina sì, e tra i miei ristoranti preferiti ce n’è uno nel mio quartiere di alcuni cari amici, appassionati come me di tatuaggi, il Trecca Bistrot: oltre al mangiare un’ottima cucina romana rivisitata, lì mi sento veramente a casa.

Hai un cocktail o un distillato preferito?
Assolutamente sì: il mio è il whisky

Chiudiamo con cinque domande secche a cui rispondere si o no: i tatuaggi come pegno si fanno?
Assolutamente sì, e fanno anche tanto ridere quando si perde stupidamente!

Quelli in stato d’ebrezza?
Ovvio, è capitato ad ogni buon marinaio!

Quelli in after dalla sera prima?
Ahahahha, sempre! Ed è bello scoprirli al risveglio!

Quelli per amore?
Assolutamente sì, soprattutto se l’amore è quello di una sola sera!

Quelli per vendetta?
Certamente! Morte all’infame! Ahahahahah!

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