Questo è l’anno di Jader Bignamini. È come il prezzemolo, si trova dappertutto: a Milano, a Roma, in tournèe in Giappone, in Cina, in Russia e dopo le vacanze è arrivata una chiamata anche da New York… In occasione del Galà Rossiniano, con la Verdi all’Auditorium di Milano, l’abbiamo intervistato per scoprire un po’ di retroscena e progetti futuri.
ZERO: In questi giorni dirigi il Galà Rossiniamo: come è nata l’idea di questa serata?
JADER BIGNAMINI: L’idea di avvicinarmi a Rossini è nata tanto tempo fa: è un autore che amo molto, però avevo bisogno di tempo e di una certa preparazione per affrontarlo con la dovuta attenzione. Credo sia arrivato il momento giusto, anche in vista della mia partecipazione al Rossini Opera Festival di quest’estate a Pesaro. Abbiamo infatti pensato al 2016 come l’anno giusto per affrontare Rossini. La Verdi mi sembrava poi una sala ideale per offrire un concerto a lui dedicato: si può valorizzare sia l’orchestra, che i cantanti, che tra l’altro sono tutti molto bravi. Una serata piacevole non solo per melomani: Rossini infatti ha un linguaggio molto immediato anche per non addetti ai lavori.
Tra i pezzi che eseguirete, qual è quello che ami di più dirigere?
La Semiramide e Guglielmo Tell mi piacciono moltissimo, sono le due sinfonie perfette di Rossini. Naturalmente anche Il Barbiere di Siviglia e la Cenerentola sono due sinfonie molto indovinate, ma è interessante notare che le prime due sono nate stranamente proprio per quelle opere. Solitamente Rossini faceva tagli, unioni, magheggi, metà sinfonia di una e metà dell’altra… Semiramide e Guglielmo Tell sono due pezzi che amo molto e che mi piace fare e rifare perché ogni volta scopro qualcosa di nuovo. Per quanto riguarda arie e duetti non saprei dire quale mi piace di più. L’aria del baritono del Guglielmo Tell, Sois immobile è veramente molto bella ed è anche una buona carta da giocare come inizio concerto: è il Rossini più maturo e geniale dal punto di vista dell’orchestrazione e anche del trattamento della voce. Tra l’altro ho già iniziato a provarla con Alberto Gazale: era anche lui a Roma nel periodo di Traviata, ci siamo trovati e, tra un caffè e una chiacchiera, abbiamo anche lavorato. Quest’aria è proprio sua, è un pezzo adatto alla sua voce, poi lui canta molto bene in francese quindi è perfetto. È bravo e ha un grande entuasiamo per quello che fa quindi dà soddisfazione.
La scelta del programma è stata fatta insieme ai cantanti?
Si, ognuno ha fatto delle proposte, io ne ho fatte altre e così è nato. Abbiamo voluto incentrarlo sul Barbiere, visto che è l’anno del bicentenario, ma non solo. Avendo fra i solisti il mezzosoprano Chiara Amarù che è una specialista di Barbiere ma anche di Cenerentola, mi sembrava stupido non sfruttare questa occasione per far sentire due delle rie più belle e difficili del suo repertorio come Cavatina di Rosina e Rondò di Cenerentola; Alberto Gazale poi non vedeva l’ora di ricantare questo repertorio che aveva fatto molto a inizio carriera e che gli mancava da tempo: con lui facciamo la Cavatina di Figaro e Guglielmo Tell; poi abbiamo anche il tenore Levy Sekgapane, di soli 25 anni che è una grande scoperta, è bravissimo. È meno conosciuto degli altri anche perché è al suo debutto italiano e spero che ottenga presto, anche grazie a queste serate, una certa visibilità perché se lo merita. A Pesaro farà il Il Turco in Italia in cui ha una parte importante. Lui è proprio rossiniano doc: ha una voce meravigliosa, le colorature le fa benissimo… Ha vinto il concorso Belvedere l’anno scorso grazie al quale è stato scelto per fare Il Turco quest’anno.
Non è la prima volta che mi parli di qualcuno che ti colpisce – l’altra volta si trattava di Yusif Eyivazov, il marito della Netrebko: scopri sempre nuovi talenti…
Credo che si debba avere un po’ di coraggio. Se nessuno avesse avuto coraggio con me non sarei dove sono e quindi mi sembra giusto ripagare la fiducia che mi hanno dato proponendo o parlando di persone in cui credo: è bello e penso sia una cosa giusta da fare. È chiaro che le opportunità si danno, poi ognuno deve essere in grado di giocarsele. Con Yusif Eyivazov c’è stata una vicenda particolare: stavo cercando un tenore per alcuni concerti in Auditorium e me lo hanno consigliato; non lo conoscevo, l’ho sentito e mi è piaciuto da subito. Con lui è nato un legame strettissimo di amicizia e stima reciproca, sia dal punto di vista lavorativo che da quello umano. Qualche anno dopo poi durante la Manon Lescaut a Roma, diretta dal M° Muti, è nato l’amore fra Yusif e Anna Netrebko, che cantava nel ruolo di Manon. Ho quindi avuto poi modo di conoscerla ed è nata anche con lei una bella intesa professionale e di amicizia tanto che da poco abbiamo terminato una turnèe in Asia tutti insieme.
Com’è lei?
La Netrebko è molto simpatica e molto alla mano. Nonostante sia in assoluto tra le cantanti più conosciute del mondo non si comporta da diva, ma ha sempre un atteggiamento molto semplice e disponibile. Con lei e Yusif è nato un rapporto bellissimo, infatti lavoreremo ancora insieme anche nella prossima stagione. C’è complicità sul palco, basta uno sguardo per capirsi…
Questo periodo hai viaggiato tantissimo: sei stato in Asia, in Giappone, poi Roma. Qual è il posto che ti ha colpito di più?
Tokyo mi è piaciuta molto, al di là del punto di vista estetico: mi è piaciuta la cultura, mi piace che mettano la cultura al centro della loro educazione, oltre al fatto che è una città molto pulita. Ovviamente ci sono anche delle cose che vanno un po’ fuori dalla nostra ottica, ad esempio non vedi nessuno fumare per strada e poi fumano tutti nei ristoranti, è strano! Hanno una loro identità molto forte ma sono rispettosissimi per tutto ciò che è altro, sono educatissimi e molto composti.Questa è una cosa che magari adesso si trova meno in Europa. Ci sono una civiltà e un’educazione anche culturale veramente importante. Sono stato davvero molto bene.
A Roma invece hai diretto una Traviata molto glamour…
Sì, infatti sembrava di essere nei camerini di una sfilata di moda!
E parlando di viaggi futuri, tra poco c’è Pesaro… È la prima volta!
Si, è la prima volta come direttore. Ci sono andato per tanti anni come musicista. È una sorta di ritorno alle origini in nuove vesti e farò il Ciro in Babilonia. Adoro Pesaro, c’è il mare che io amo e quindi torno sempre volentieri. Sono contento di dirigere nel Teatro Rossini per la prima volta e non in Arena – anche se è stata allestita e adattata molto bene: preferisco comunque essere in teatro, luogo più raccolto e pensato per la musica.
Hai già iniziato a lavorare sull’opera?
A provare no, ma a studiare eccome, è un’opera su cui sono da tanto tempo, non è semplice, è strana, è un’opera scritta quando Rossini aveva 19 anni. Alcune cose sono geniali, soprattutto se si pensa che le ha composte a 19 anni, altre alle volte bisogna cercare di renderle interessanti in modo intelligente altrimenti si rischia di cadere nel banale.
Parlando di te… Come è stato il tuo percorso da direttore?
La direzione è una passione che ho sempre avuto, quando ero ragazzo dirigevo lo stereo di casa mia e suonavo in una banda. Quando il direttore della banda è andato in pensione ho preso il suo posto. Nel 2005 ho diretto il mio primo concerto, a Crema, e mi è piaciuto talmente tanto che ho valutato l’ipotesi di provare a farlo in modo più serio: ho chiesto al dottor Corbani, direttore generale della Verdi, se poteva darmi un’occasione per dirigere. Mi è stato affidato un concerto per bambini e dopo un paio di mesi me ne hanno proposto un altro. Da quel momento ho iniziato a tenere lezioni-concerto, concerti per i bambini, l’orchestra amatoriale… per me è stata una palestra molto importante. Poi, come nelle favole, la svolta: dovevamo eseguire alla Verdi la Quinta di Mahler e il direttore, Zhang Xian, si è fatta male al polso e ho dovuto sostituirla all’ultimo, passando così dalle fila dell’orchestra nella prima parte al podio nella seconda. Per combinazione la settimana dopo dovevo dirigere un concerto per la visita di Napolitano a Milano, andata in diretta RAI, per cui in otto giorni ho avuto molta visibilità.
C’è qualcuno che hai preso a modello?
Non c’è un direttore solo, anche se non mi piace imitare e credo di non farlo. Mi sono costruito un mio modo di dirigere e di comunicare dopo tanti anni di studio e esperienza. Ovviamente ci sono direttori molto importanti che non si possono non tenere presente; pensiamo semplicemente ai grandi direttori italiani che è importante avere come riferimento e da cui è sacro prendere spunto e ossevarli: amo molto ascoltare, dopo aver studiato una nuova partitura, perché possono ovviamente esserci idee, intuizioni e suggerimenti cui magari uno non aveva pensato in fase di studio.
E qualcuno che ti ha lasciato qualcosa?
Ho fatto l’assistente per tantissimi anni alla Verdi e ho lavorato tanto con Riccardo Chailly, che mi ha dato consigli molto intelligenti; ne ho fatto tesoro e continuo a seguirli.
Libri preferiti?
Non ce n’è uno in particolare, leggo davvero molto, tendenzialmente tutte cose specialistiche; recentemente a Roma sono entrato in Feltrinelli con i miei figli e siamo usciti con due borse colme di libri, abbiamo svaligiato la libreria! Io ho preso i libri di Chailly e Muti e tutte le lezioni-concerto di Bernstein tradotte in italiano. Bellissimo, perché erano lezioni per bambini fatte con un’intelligenza spaziale! Mentre non vedo l’ora di leggere Il segreto è nelle pause, Chailly, e Prima la musica e poi le parole, Muti. Sono curioso di fare il confronto tra i due Riccardi! È bello vedere come il carattere dei direttori trapeli dai libri, scoprire come affrontano le situazioni, le loro paure e debolezze… è interessante scoprire anche il lato umano dei colossi della musica!
In questo tour de force riesci a ritagliarti dello spazio per te?
Cerco di ritagliare spazi per la mia famiglia, ho due figli; in questi mesi in cui ho viaggiato molto siamo stati insieme a Tokyo e a Roma. Cerchiamo sempre di non stare lontani per troppo tempo. Amiamo ritagliarci momenti nostri, ad esempio ieri sera sono andato a suonare con la banda dei bambini, ho suonato il clarinetto insieme anche a mia moglie mentre l’altra sera ho suonato il tamburo! Gli anni che ho fatto nella banda da ragazzino sono tornati utili!
Di che banda si tratta?
Si chiama Junion Band ed è una banda che ha ideato mia moglie: abbiamo costituito una scuola di musica specializzata in strumenti a fiato e percussioni, finalizzata alla creazione di una banda e adesso ci sono una trentina di ragazzini. Fanno già concerti qua e là e quando sono a casa mi piace andare a dare una mano. È bello, non solo perché mi diverto, ma anche perché alla fine, con la scusa di fare musica insieme si contribuisce alla crescita e alla formazione di un’identità e di una formazione culturale fin dall’infanzia: il bimbo più piccolo ha soli 4 anni.
È bello dare l’opportunità ai ragazzi di suonare insieme.
Si, credo sia davvero molto importante, infatti anche domenica sera, dopo aver diretto un concerto in Verdi nel pomeriggio, purtroppo non sono potuto andare al concerto della Filarmonica in Piazza Duomo perché dovevo per forza suonare ad un altro concerto con loro e con i miei figli! È stato molto divertente. Quando invece non riesco a vedere la famiglia il tempo libero si usa per cucinare e mangiare…
Cosa ti piace?
Beh principalmente grigliate, a casa con amici! Non ho ristoranti preferiti, anche perché mi piace molto cucinare, mi rilassa. C’è un ristorante tra Crema e Cremona buono che mi piace molto ma dove in realtà riesco ad andare di rado. Preferisco stare alla griglia, preparo anche la salsa bbq! Mi ha insegnato a farla una cantante americana nostra amica, Natalie Bergeron, soprano, che fece i suoi primi concerti con Eyvazov e Krysty Swann; suo marito è messicano e ci ha insegnato la vera bbq sauce. Adesso ogni volta la preparo! Poi sai, faccio le ribs americane che si sposano in modo sublime con la salsa. E mentre griglio amo bere birra!
E dove abiti per poter grigliare in giardino?
Abito in un paesino di 600 persone in provincia di Cremona, sto molto bene e credo non mi trasferirò mai. Si chiama Scandolara Ripa D’Oglio, non fai in tempo a pronunciarlo che l’hai già attraversato tutto. Ho una casa circondata da un giardino, tra Cremona e Brescia, ultimo paese in provincia di Cremona, nella bassa, quando c’è nebbia ce n’è davvero tanta come pure le zanzare…
Ultimamente hai stazionato tanto tra Milano e Roma; quale città preferisci?
Chiaramente Roma è una città bellissima anche se in questo periodo era un po’ sporca, c’era lo sciopero dei netturbini. Sono due città diversissime ma entrambe affascinanti. Per la musica sono vive, e questa è una cosa positiva. Forse culturalmente rispetto alle grandi capitali europee sono ancora un passo indietro, non certo dal punto di vista della qualità,, ma a livello di offerta c’è forse meno. Rimane il fatto che in Italia sarebbe necessario educare seriamente il pubblico iniziando fin dai primi anni scolastici. Bisogna avvicinare tutti alla musica, fare lezioni concerto, spettacoli per ragazzi, un po’ come fa la Verdi… Sarebbe auspicabile però che ci fosse un progetto culturale e didattico condiviso da tutta la società tanto quanto all’estero.
Progetti futuri con la Verdi?
Si parla ahimè da troppo tempo di sopravvivenza. Diventa sempre più difficile quindi pensare e progettare le stagioni future, ma è un’istituzione cui sono molto legato professionalmente e umanamente, mi ha dato fiducia e tutti hanno sempre creduto in me quindi, se c’è un futuro per la Verdi, io ci sono e la sosterrò sempre.
E progetti in generale?
Un grande sogno che si realizza e sì, ormai si può dire… In futuro sarò al Metropolitan di New York! Ancora non posso dire con quale titolo, però ho firmato il contratto!!! Poi ci saranno altre collaborazioni con Anna Netrebko e Yusif Eyvazov. Abbiamo concerti in Germania (con un programma dedicato al verismo), Budapest, Mosca e Astanà,e poi quest’estate sarò anche all’Arena di Verona, altro sogno che si realizza. È la prima volta e dovrò prendere dimestichezza con i grandi spazi: essendo all’aperto bisognerà puntare più sui colori che sulle dinamiche ad esempio. Sono affezionato all’Arena perché da bambino andavo con mia madre a vedere le opere: per me è un traguardo molto importante, infatti ci sarà tutta la mia famiglia al gran completo.