Nel 2012 tre vecchi amici milanesi decidono di aprire una pasticceria dallo spirito internazionale. Quella pasticceria è il Pavé e diventa in breve tempo il miglior posto dove fare la colazione in città, anche se a dir la verità Diego, Giovanni e Luca non sono d’accordo su questa affermazione, come ci raccontano in questa intervista che abbiamo fatto loro in occasione dell’apertura del nuovo Pavé – Break in via della Commenda 25 (zona Crocetta/Porta Romana).
ZERO: Chi siete? Cosa facevate prima di aprire Pavé? Presentatevi.
Giovanni, Luca e Diego: Tre amici di lunga data che si son ritrovati in un periodo lavorativamente buio nello stesso istante. Diego e Giovanni, studi alberghieri assieme, con Giovanni che prosegue sul filone prima in cucina e poi in pasticceria tra Milano e San Francisco mentre Diego diventa commerciale in un’azienda; Luca, giornalista, si perde tra impaginazioni e corrispondenze radiofoniche.
Come vi siete conosciuti? Quando e perché vi è venuta l’idea di aprire Pavé?
Diego e Giovanni: Siamo compagni fin dalle elementari, cresciuti assieme e tuttora vicini di casa a Precotto. Luca suonava in una band reggae con un nostro amico e così ci siamo conosciuti. Tra concerti, birre e cene. E proprio a una cena da Luca che abbiamo deciso di lanciarci in Pavé.
Luca: Siamo a febbraio 2011 a casa mia. Davanti a un tagliere di salumi abbiamo deciso che avremmo aperto un posto nostro, una pasticceria dallo spirito internazionale capace di proporre prodotti di alta qualità, ma anche un luogo in grado di rispecchiare le nostre personalità (che sono molto diverse tra loro).
Di cosa vi occupate all’interno di Pavé? Chi fa cosa?
Diego: attualmente sono il responsabile commerciale della società, gestisco i rapporti con i fornitori e il bilancio.
Giovanni: sono lo chef che organizza assieme ai collaboratori la linea e sperimenta le nuove produzioni. Sono fissato con i lievitati e esco di testa per il panettone fatto bene.
Luca: gestisco la comunicazione del marchio in tutte le sue forme e le relazioni con i clienti. Siamo partiti con Giovanni in laboratorio aiutato da una cara amica e in sala con Diego e me, divisi tra cassa e macchina del caffè. Piano piano si sono inseriti dei bravissimi ragazzi e ora siamo più impegnati sulla gestione della struttura e sulla noiosissima burocrazia. Insomma, se non ci vedete siamo in ufficio sommersi da scartoffie.
Qual è il segreto del vostro successo? Vi aspettavate un successo simile?
Se il riscontro è positivo lo dobbiamo sicuramente all’alta qualità del prodotto. Ci piace poi molto l’idea di servire alta qualità in totale informalità. Spesso, in Italia, la pasticceria di alto livello è molto ingessata, formale, statica. Noi siamo degli amici che si divertono a rimescolare le carte, provare cose, non prendendosi mai sul serio. E poi c’è il “raccontare tutto”: la gente deve sapere come facciamo le cose, perché le facciamo in quel modo, perché decidiamo di proporre un prodotto piuttosto che un altro. Anche per quello c’è una vetrata sul laboratorio. Poi una persona può non condividere nulla di ciò che facciamo ma almeno conosce il ragionamento che ci ha portato a farla.
Non parliamo di successo ma di riscontro positivo, crescente, inaspettato. Avevamo aperto in un tratto buio di via Felice Casati che nemmeno conoscevamo. Ora ci ritroviamo gente che nei weekend arriva da Como e Varese per fare colazione da noi. È commovente, la cosa più bella che potesse capitare dopo tutta la paura di buttarsi.
Qual è il complimento più bello che vi hanno fatto?
Quando ci dicono che siamo la colazione migliore di Milano. Rispondiamo sempre che non è vero, perché nel cibo entra in gioco il gusto personale e siamo sicuri che molte persone abbiano altre preferenze, altre idee, altri tormentoni. Però è la cosa che ci fa più piacere perché siamo partiti dicendoci «lavoriamo per provare a fare la migliore colazione possibile».
E la peggior critica costruttiva?
Le critiche sono legate al casino del weekend. C’è tantissima gente da gestire. Noi siamo in tanti ma lo spazio è quello che è. Abbiamo messo uno dei nostri ragazzi alla porta per segnarsi le persone che vogliono un tavolo e dare costantemente una stima reale del tempo di attesa persedersi. Questa cosa della coda fuori fa imbestialire chi arriva per la prima volta. Però bisogna in tutti i modi spiegare che gestire la coda fuori permette a chi è seduto dentro di godersi la situazione senza gente che punta il tuo tavolo per sedersi, gente che ti sta addosso, ansia a liberare il tavolo. Preferiamo gestire il flusso fuori ma lasciarti in pace e tranquillo una volta dentro.
Qual è la linea di Pavé? Qual è il prodotto a cui siete più legati?
La linea è quella che punta alla quasi totale autoproduzione di tutta l’offerta. Il prodotto a cui siamo più legati è naturalmente la brioche ma, in generale, tutti i lievitati che sforniamo la mattina. Poi c’è il pane, sfornato al primo pomeriggio, con cui prepariamo i nostri panini e i nostri taglieri. Non manca il panettone, che abbiamo svincolato dalla festività natalizia per proporlo tutto l’anno.
Chi sono i vostri clienti?
Persone diversissime. Abbiamo un pubblico che va dagli universitari ai nonni con nipotini, passando dai dipendenti degli uffici del quartiere ai liberi professionisti. Questo pubblico eterogeneo è in parte frutto della zona in cui siamo, un mix di culture, professioni, età differenti che coesistono in un quartiere affascinante.
Potete parlarci della nuova apertura in Porta Romana? Che differenze ci sono rispetto a Pavé Porta Venezia?
Lunedì 18 luglio ha aperto in via della Commenda Pavé - Break. È un Pavé con ampia offerta orientata all’asporto. Oltre ai prodotti classici di colazione, pasticceria fresca monoporzione e snack impacchettati a mano, si abbiamo aggiunto una linea salata to go fatta di tramezzini, brioches farcite e quiches. Priorità alla colazione in piedi così come da tradizione italiana. Chi vuole sostare può comunque ordinare alla cassa e sedersi con il proprio vassoio ai tavoli rigorosamente condivisi. Stiamo parlando di un Pavé che diventa complementare al primo con un lungo banco per la caffetteria e un’opzione di pranzo snella o da passeggio. Agile.
E di Pavé Gelati&Granite in Cesare Battisti?
Pavé Gelati&Granite è stata una scommessa nata da un avvenimento casuale, ovvero l’incontro con una vecchia amica d’infanzia che in questi anni ha fatto la gelatiera a Pisa. Ora è lei che gestisce il laboratorio. Siamo contenti perché il prodotto ci soddisfa molto e l’offerta è coerente con quella che è la nostra filosofia. Aperti ad aprile, proponiamo un gelato che punta alla leggerezza, con gusti equamente divisi tra classici stagionali e rivisitazioni della nostra pasticceria in chiave sottozero. Invitiamo i milanesi a provarlo. Ah, la panna su coni e coppette è gratis.
Avete intenzione di aprire altri negozi, magari in altre città o all’estero?
Ci vuole calma. Siamo sempre tre amici che vogliono fare le cose bene. Crediamo sia stato questo ad averci portato a rifiutare proposte negli Stati Uniti o a Londra. Abbiamo tre personalità differenti e ogni decisione viene presa solo dopo aver trovato un piano d’azione condiviso. Questo ci ha portato alla gelateria, ora al secondo Pavé. Se vi dicessimo che l’apertura all’estero non ci interessa mentiremmo. La pasticceria/gelateria italiana ha margini di sviluppo altissimi fuori dai nostri confini. Però senza fretta. Vogliamo lavorare bene per evitare quella frase noiosissima del «non siete più quelli di prima».
Com’è la vostra colazione ideale?
Cappuccino e brioche come si deve. Con una incursione salata che può essere benissimo bacon o uovo in camicia. Dipende anche da dove ti trovi. All’estero è sempre utile provare le colazioni che non faresti mai per avere una potenziale ispirazione.
Dove avete fatto la migliore colazione della vostra vita?
Diego: me ne ricordo una a Parigi con pain au chocolat, torta alla nocciola e caffè americano vicino a piazza della Bastiglia.
Giovanni: A San Francisco ne ho fatte diverse degne di essere ricordate. Dico Tartine Bakery come luogo del cuore.
Luca: a Melbourne. Muffin ai lamponi, cappuccino, uova strapazzate, con musica di sottofondo che ricordo ancora adesso. Quella è anche la colazione che mi ha fatto dire «sai cosa? Aprire un posto che fa colazioni deve essere una figata».
Ci parlate del vostro aperitivo? Fin dall’inizio abbiamo apprezzato la vostra scelta di puntare sui prodotti italiani e sul vero aperitivo, quello con olive, patatine e arachidi.
Abbiamo conosciuto l’aperitivo da piccoli, accompagnando i nostri genitori al bar. E l’aperitivo era quella cosa lì: un momento prima della cena con un piccolo spilucco, prima di fare altro. Essendo per la tradizione e per le cose semplici, lo abbiamo riproposto.
É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: aprono sempre più locali, alcuni anche di qualità. Qual è il vostro punto di vista? Li frequentate? Vi piacciono?
Sì, ci piace bere bene. Questo fermento, accelerato con Expo lo scorso anno, è solo positivo. Noi siamo appassionati del Monkey Cocktail Bar in via Napo Torriani. Un’isola felice in cui bere benissimo. Poi pensiamo al Guru pub per la birra, a Vermù per drink di una volta. Insomma, c’è tanto.
Che altri bar e ristoranti frequentate a Milano, a parte i vostri?
Siamo innamorati dei ravioli di Lon Fon, quando possiamo andiamo a mangiare da Nun (siamo nati praticamente assieme, ci piacciono molto). Ci troverete a bere al Wasabi, al Turnè o all’Ostello Bello Grande.
Ci consigliate una città per un weekend gourmet? Perché l’avete scelta?
Consigliamo Parigi. Perché quando hai fame è tutt’altro che fredda: ogni boulangerie ha una chicca da farti assaggiare, ogni pasticceria ha la sua opera d’arte. A destra vedi croissant, a sinistra vedi croque monsieur. Pochi fronzoli e tanto cibo. Buono, soprattutto.