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Lazzaretti

Un negozio aperto dal 1916, conosciuto da ogni ciclista romano

quartiere MACRO

Written by Riccardo Papacci il 15 June 2022
Aggiornato il 17 June 2022

Foto di Guido Gazzilli

Place of residence

Roma

Pare che negli anni della prima guerra mondiale circolasse questa battuta: “Romolo e Remo, dopo aver fondato Roma, salirono in bicicletta e fondarono anche la ditta Lazzaretti.” I fratelli Lazzaretti – Romolo e Remo, per l’appunto – aprirono il negozio in via Bergamo ormai più di un secolo fa. Da allora, l’azienda è stata gestita da diverse persone nel corso delle generazioni e si è evoluta in vari modi, mettendo sempre al centro delle proprie attività la passione per le due ruote. Ne abbiamo parlato con Simone Carbutti, che ha raccolto l’eredità del papà Mario, a capo del negozio dagli anni Settanta.

“Siamo nati qui: tutti conoscono noi, come noi conosciamo tutti. Lazzaretti è un’istituzione.”

Quando è iniziata l’attività della famiglia Lazzaretti?

Il negozio è nato nel 1916, proprio in via Bergamo. All’inizio si cucivano a mano maglie per ciclisti, si facevano rammendi, si aggiustavano macchine da cucire e altre attività di questo tipo. Poi, con l’arrivo di Remo Lazzaretti, uno dei figli dei fondatori, hanno cominciato ad aggiustare anche le biciclette, fino a quando il negozio si è evoluto sempre più nella direzione ciclistica. Suo fratello, Romolo Lazzaretti, era infatti un ciclista professionista degli anni Venti, correva con Binda e Girardengo. Vinse una delle tappe più lunghe di tutta la storia del Giro d’Italia: la Bologna-Fiume del 1924, di oltre 400 km. Questo ovviamente influì sulla fama del negozio e crebbero sempre di più le collaborazioni sia con squadre ciclistiche locali che con professionisti. Remo Lazzaretti – che era mio nonno e che è morto nella seconda metà degli anni Settanta – ha lasciato il posto a mio padre, con una breve parentesi che ha coinvolto mio zio, prima che decidesse di andare a vivere in Brasile. Mio padre diede una sterzata determinante all’attività, che si trovava ai suoi tempi sull’orlo del fallimento – parliamo sempre della fine degli anni Settanta. Pian piano ha ricominciato a gestirla in maniera brillante e importante dal punto di vista imprenditoriale. Ha risollevato il negozio e ha dato anche vita a una serie di attività collaterali di un certo spessore. Ad esempio, organizzava a Talenti una famosissima gara: il Trofeo Lazzaretti. Ci partecipavano molti dilettanti, ovvero l’anticamera del professionismo. Una delle ultime edizioni la vinse Rebellin, che tutt’oggi sta nella giostra del ciclismo professionistico.

Poi sei arrivato tu.

Sì, poi sono arrivato io e l’attività ancora continua. Abbiamo aperto un altro negozio attaccato alla vecchia sede, otto anni fa. Questo per dividere in maniera netta i due mondi del ciclismo: quello amatoriale e tendente allo sportivo e quello urban delle biciclette da passeggio e da città, con tutti i loro accessori.

Il Trofeo Lazzaretti va ancora avanti?

No, quella è stata un’attività molto importante per tanti anni. Dopodiché è finita perché in quelle zone hanno costruito in maniera un po’ selvaggia, rendendo impossibile una manifestazione del genere. Non c’era più spazio.

Io non sono un esperto di ciclismo, però ho molti amici che sono appassionati. Da qualche tempo mi sembra sia nata una nuova moda, se così si può dire. Ti va di parlarmi del fenomeno gravel?

Intanto bisogna dire questo: fino a qualche tempo fa la mountain bike era il prodotto più venduto. Tutti iniziavano dalla mountain bike perché è la bicicletta più facile da utilizzare: ti permette di andare sia su strada che fuori strada. Da questo punto di vista è versatile. In realtà, però, la mountain bike è nata per un uso fuori strada impegnativo, quindi se vai su una pista ciclabile con una bici del genere fai molta fatica. Poi sono arrivate le gravel, che sono una via di mezzo. Si tratta di una bicicletta che può essere adatta sia all’utilizzo su strada e pista ciclabile che su sterrati semplici, battuti, o anche abbastanza accidentati, a secondo del tipo di allestimento che gli si dà. Quindi la mountain bike è fortemente calata. La gravel è anche adatta alle lunghe percorrenze e a viaggi perché, checché ne possano pensare i detrattori, il manubrio a corna, come quello da strada, è molto più comodo di un manubrio dritto, dove hai una posizione unica. Un manubrio a corna di bue consente di avere almeno tre posizioni, senza restare fisso per ore. Ti permette di muoverti e sgranchirti.

Che rapporto avete con questo quartiere?

Nel quadrilatero dove ci troviamo noi c’è molta vita di quartiere. Siamo nati qui: tutti conoscono noi, come noi conosciamo tutti. Lazzaretti è un’istituzione, su questa via c’è sempre stato, ormai sono oltre cento anni. Secondo me la zona di piazza Fiume si divide in due. C’è la parte prima prima del mercato, ovvero via Bergamo, piazza Fiume, etc. e la parte dopo via Alessandria. Lì sembra di essere in un’altra zona. Quando ero ragazzo frequentavo i miei coetanei che stavano nelle strade prima del mercato, mentre non conoscevo quelli che abitavano oltre.

Intendi dire che sono persone che sembrano avere caratteristiche e personalità diverse?

No, semplicemente è come se il mercato delimitasse due aree.

Ah, ok. Invece noi ci interrogavamo un po’ sull’identità del quartiere, che sembra essere sempre più legata ai vari ministeri e uffici.

Be’ sì, questo era e questo è: un quartiere piuttosto avanzato dal punto di vista dell’età. C’è stato un po’ di ricambio generazionale dovuto a un fatto banale: i nonni o i genitori hanno lasciato le case ai figli e ai nipoti. Le case qui costano molto. È un bellissimo quartiere, ma poco accessibile economicamente parlando. I giovani di oggi si trovano in una condizione certamente diversa da quella dei nostri genitori ai tempi in cui avevano la stessa età. Viviamo in un momento storico in cui i figli stanno peggio dei genitori, questo è innegabile. Quindi è ovvio che non possono permettersi di andare in affitto o addirittura di comprare appartamenti da queste parti. Ma, come dicevi, è anche vero che c’è stato un folto ripopolamento dovuto agli uffici. In ogni caso, per me si è creato un bel mix tra i residenti – quelli che qui ci vivono proprio – e chi invece ci lavora soltanto.